Gli arredi liturgici in mostra a Vicenza

Gli arredi liturgici in mostra

Svolta nel contesto della fiera vicentina di oggetti di carattere liturgico, Koinè 2005, la mostra di opere di Paul dë Doss Moroder è stata occasione per riflettere sull’importanza dell’arte nella chiesa. Il maestro sudtirolese ha una naturale vena per l’arte sacra. Anzi, più precisamente, per l’arte cristiana destinata al culto. Tabernacoli, croci, statue di santi,
seggi presidenziali: tutto acquista il valore di scultura espressiva di un gusto capace di unire sensibilità contemporanea e tradizione. Disposte entro uno spazio ecclesiastico romanico, la chiesa di S. Silvestro a Vicenza, le opere hanno ricreato un ambiente di carattere liturgico. Sull’opera di Paul dë Doss Moroder si sono espressi diversi esperti di arte sacra. Riportiamo qui quanto hanno scritto due di loro, Don Gino Prandina e il Prof. Romano Perusini.
Don Gino Prandina “Moroder dapprima ha plasmato e scolpito con la freschezza e la veemenza del giovane: gli slanci e la tensione, la passione e la bellezza, la tenerezza e la forza, il mistero e la narrazione. Ma tutto ciò con quella compostezza di chi sa di appartenere a una tradizione antica, a una valle e agenti esigenti fino alla rigidità. E’ la valle da cui si stagliano le rocce ardite. E’ la valle della neve e dei tramonti di porpora. Ma è anche la valle dei colori saturi, dei chiaroscuri assoluti, dei lunghi silenzi. Il vantaggio viene da tempi prolungati di ascolto, dallo stile ospitale tipico di
quelle genti. Direi pure da una capacità di osservazione insegnata dalle stagioni dalle ombre lunghe.

La facciata della chiesa di S. Silvestro che ha ospitato la Mostra di arredi liturgici.

Chi si sottopone a questa scuola, saprà infine ascoltare: l’architetto, il liturgista, il creativo, il parroco, il più umile dei fedeli, rappresentando quell’analogatum fidei da tutti finalmente riconosciuto come tale, vuoi raggiunto per le vie della ratio, vuoi per le vie del cuore. La scultura di Moroder parla oggi di eventi cristiani, di corpi plasmati dalla luce, di tagli,
protensioni, orizzonti infiniti. Ma tutto è immerso nella luce ora diafana ora vivida della fede”.

Prof. Romano Perusini
“Il percorso artistico di Paul Moroder testimonia di uno sguardo incrociato: originariamente rivolto all’eredità della tradizione e, in itinere, più proteso alle inquiete dinamiche estetiche della modernità, a partire dalla esemplare testimonianza di Arturo Marini. Il suo progressivo confronto con la complessità della forme, pur sempre ancorato alla declinazione realistica, apre a inserti di più libera liricità soggetti alle intrinseche potenzialità dei diversi materiali scultorei, al loro imprevedibile assoggettarsi alle tecniche di modellazione o di fusione, al reagire ai giochi delle ombre e della luce sulle superfici.

Nelle foto: alcuni tra gli arredi liturgici esposti, arredi in pietra, bronzo e cristallo,
tra i quali qui sopra a destra la stupenda croce gemmata.
Alcuni momenti della cerimonia di inaugurazione della Mostra; tra i presenti, l’artista Paul dë Doss Moroder, Don Gaetano, Arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini, Mons.Ambrogio Malacarne, Carlo Malaspina, Prof. Romano Perusini, Don Gino Prandina, Mons.Virginio Sanson, Renate Moroder e il papà dell’artista.

Ben ancorato al concetto di centralità dell’opera nelle sue potenzialità evocative e comunicative e, insieme, al rispetto della linearità storica del tradizionale linguaggio della scultura a tema religioso, Paul dë Doss Moroder presenta, in questa impegnata personale negli spazi di San Silvestro a Vicenza, le sue sintesi plastiche più recenti, particolarmente sottese a ridefinire all’interno dei nuovi spazi di culto il necessario equilibrato dialogo tra le valenze simboliche delle soluzioni architettoniche e l’apporto supplementare delle integrazioni artistiche. Il suo interesse per il confronto postconciliare, ancora aperto con liturgisti e architetti, sui temi della nuova progettazione, degli adeguamenti e delle innovazioni liturgiche, ha accompagnato il suo impegno operativo non come sensazione limitativa ma come necessaria ricerca di un nuovo comune orizzonte entro cui dispiegare le proprie potenzialità creative, non limitate alla testimonianza estetica…”.

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