Francisco José Gentil Berger


L’architetto romano Antonio Canevari lavorò in Italia per D. João re del Portogallo che nel 1725 lo contattò per progettare la sede dell’Accademia degli Arcadi, ‘Il Bosco Parrasio’, per la cui realizzazione il monarca comprò un terreno alle pendici del Gianicolo a Trastevere. Due anni dopo Canevari fu chiamato in Portogallo per partecipare alle feste di matrimonio dei figli di D. João V con i figli del re di Spagna. È certo che partì da Roma nel luglio del 1727, perché fu in quel mese che Nicola Salvi, suo discepolo, prese in consegna il suo atelier e le sue opere in corso, come quelle dell’altare della chiesa di Sant’Eustachio a Roma.
Il matrimonio della principessa D. Maria Bárbara con l’Infante D. Fernando principe delle Asturie fu celebrato per procura a Lisbona, l’11 gennaio 1728. Le celebrazioni culminarono con una gran macchina pirotecnica concepita dallo stesso architetto Canevari.1
Per evidenziare la grande considerazione che il nostro re aveva per questo architetto italiano basta ricordare che lo scambio dei principi promessi sposi fu fatto al Caia, ossia al confine tra l’Alentejo e l’Andalusia un anno dopo, il 19 gennaio 1729 e che Canevari fece parte degli invitati che assistettero, e che si spostarono da Lisbona al Caia con
la corte, viaggiando in un cocchio della casa reale con Nicola Moribello, suo servo o collaboratore.

È certo che il suo arrivo in Portogallo fu nel 1727, per collaborare alle grandi opere che il monarca voleva portare a termine. Tra queste, sono da ricordare l’ampliamento del Palazzo Reale da Ribeira (nel Terreiro do Paço oggi Praça do Comércio), l’acquedotto delle Águas Livres, la consacrazione del monumento di Mafra e l’ampliamento del rispettivo
convento da 200 a 300 monaci, questo per nominare le più grandiose e nelle quali Canevari ha avuto una partecipazione nei sei anni che rimase in Portogallo.

Chiesa di Sant’Eustachio a Roma
La macchina pirotecnica concepita
da Canevari

Sebbene la sua partecipazione a Mafra non sia fino ad oggi bene documentata, alcuni elementi interiori, come per esempio il gruppo scultoreo sopra l’altare-maggiore, hanno delle somiglianze con quello che Canevari concepì nella chiesa di Sant’Eustachio.

L’amore di D. João V per tutto ciò che riguardava Roma e lo Stato pontificio è noto, e fu per ragioni di Stato e contro la sua volontà che non fece un viaggio in Italia nei primi anni del suo regno, viaggio che era stato precedentemente programmato. Per colmare questa avversità e per il fascino che l’arte di quel paese gli procurava, stabilì un forte e permanente scambio artistico con l’Italia. Fece realizzare dei modelli in legno di tutti i monumenti italiani più importanti ed ebbe vicino a sé, durante tutto il suo regno, uno o più architetti italiani, come altri artisti contattati in questo Paese.
Il primo, nel 1707, fu Carlo Fontana, seguito da Carlo Gimach che si stabilì in Portogallo, Filippo Juvara, Carlo Battista Garvo, Antonio Canevari, Nicola Salvi, Giovanni Carlo Bibiena, Giovanni Servandoni, terminando con Luigi Vanvitelli, che fu a Lisbona nel 1748 per costruire la cappella di San Giovanni Battista.

Canevari durante la sua permanenza in Portogallo visse sempre a Lisbona, come dimostrano gli archivi della Chiesa degli Italiani o Nossa Senhora do Loreto, dove Canevari figura come inquilino nella Rua larga de São Roque, oggi Rua do Alecrim, presente in questa chiesa durante la Pasqua negli anni dal 1728 al 1732.
Di seguito ricorderemo le partecipazioni di Canevari ad opere e progetti, durante gli anni della sua permanenza in Portagallo e presso la corte di D. João V. Poche, purtroppo, hanno resistito agli anni e al cataclisma tellurico che Lisbona ha sofferto nel 1755.

La Paço Real
Appena arrivato e durante l’anno 1728, Canevari lavorò all’ampliamento e alla rimodulazione del Paço da Ribeira, Palazzo residenza della famiglia reale. Realizzò le camere dei principi che decorò riccamente, costruì la nuova camera della regina, la scala monumentale e la torre dell’orologio.
La torre di Canevari sopravvisse al terremoto del 1755 e fu demolita in occasione della costruzione della Praça do Commercio, esattamente sopra il palazzo in rovina.

L’Acquedotto delle Águas Livres
Nel 1728 Canevari fu chiamato per dare un parere sulla possibilità di portare a Lisbona l’acqua che abbondava nella zona di Caneças, in particolare nella sorgente detta della Água Livre.
Allorché nel 1730 si iniziò la costruzione dell’acquedotto delle Águas Livres sotto la sua direzione, Canevari aveva già dimostrato esperienza nei lavori idraulici in Portogallo, perché aveva eseguito l’acquedotto del Tojal per il Patriarca di Lisbona D. Tomás de Almeida. Lo stesso migliorò la conduzione dell’acqua al Palazzo Reale.
Di fatto, nell’ampliamento del Paço da Ribeira aveva provveduto alla conduzione dell’acqua da un pozzo esistente nelle Cruzes da Sé, vicino alla Sé di Lisbona, fino all’interno del Palazzo reale mediante un incanalamento sotterraneo, con otto uscite diverse.
Nel 1730 D. João V nominò Canevari architetto dell’acquedotto, e nel contratto d’aggiudicazione del lavoro si stabilisce che i maestri muratori si impegnano a costruire l’acquedotto secondo le direttive dell’architetto Canevari dalla sorgente fino a Lisbona.
Il luogo da dove parte l’acquedotto rimane vicino a Caneças accanto al ruscello di Carenque, e dall’epoca dei Cesari, i romani avevano iniziato un acquedotto e creato un lago artificiale che rifornì l’Olissipo Romana. Tracce della diga che tratteneva l’acqua sono ancora visibili nel luogo.

Lisbona. Palazzo reale

Leonardo Turriano, architetto milanese al servizio di Filippo III nel 1620, affermava che esistevano quattro strade per fare arrivare l’acqua della Fontana di Água Livre a Lisbona.
Il primo tracciato (che fu scelto un secolo dopo) – affermava il Turriano – attraversa tredici valli e cinque mine in una lunghezza di cinque miglia e mezza; costerà un milione, e ritirando gli archi di Noudel
e d’Alcântara, passando l’acqua a pressione, costerà 700 mila.
Il quarto – corrispondente al ripristino dell’acquedotto antico dei Romani – può essere più alto dieci palmi di quello della strada, può portare l’acqua ad entrambe le parti della città, a São Roque e sopra la porta di Santo André, come una volta, perché fornisce abbastanza acqua per loro.
Nel Settecento erano ancora visibili le rovine di quell’acquedotto che riforniva la parte bassa della città accanto al fiume. Quel tracciato, che probabilmente Canevari aveva intenzione di seguire, non aveva bisogno degli archi monumentali che si resero – invece – necessari nel tracciato prescelto, e che doveva attraversare la profonda valle dell’Alcântara.
A causa della soluzione seguita, che Canevari non condivideva, l’altezza degli archi dell’acquedotto – per sorpassare la valle d’Alcântara – raggiunse i sessantatré metri sopra il suolo. Gli archi più alti, quelli che arrivano alla valle dell’Alcântara, sono 14, hanno una lunghezza di 941 metri, misurando il più grande 63 metri d’altezza e 32,5 metri
di luce.
La detta Fontana della Água Livre, fu la principale fonte del sistema e la prima ad essere utilizzata e portata all’acquedotto nel 1730 da Canevari, entrando in questo alla quota di 172 m sopra il mare. Questa sorgente dista 14.255 metri della Mãe de água del Rato, finale dell’acquedotto a Lisbona a quota 94 m.
Le altre fonti che più tardi sono state incanalate fino all’acquedotto a monte, hanno aumentato la sua lunghezza di circa cinque chilometri.
Questa parte del lavoro fu costruita molto più tardi.

Canevari sapeva dell’esistenza dell’acquedotto del tempo dei Romani, che sorgeva nello stesso luogo e che era rifornito da un lago artificiale di grandi dimensioni. Questo lago esisteva ancora al tempo di Francesco di Olanda che disegnò nella sua opera ‘Della Fabrica che si Rovina alla città di Lisbona’ (1571), l’acquedotto che entrava a Lisbona a oriente dell’Alcântara, a Palhavã, finendo vicino al fiume Tejo accanto all’antica ‘Mouraria’. Di quell’acquedotto esistevano ancora
pezzi visibili nel Settecento che ne comprovavano l’esistenza e il funzionamento per secoli.
Ci sembra che Canevari abbia voluto seguire il tracciato dei suoi antenati, come aveva fatto a Tojal seguendo il percorso di un acquedotto costruito precedentemente.
Seguendo il tracciato antico, non sarebbero evidentemente stati necessari gli archi monumentali per attraversare la valle dell’Alcântara, che il tracciato di Manuel da Maia costringeva.
Manuel da Maia ingegnere militare di grande esperienza, certamente invidioso del protagonismo di Canevari, volle mettere in discussione la direzione dei lavori nella sorgente delle Águas Livres. Per farlo aveva provveduto al rilevamento topografico del tracciato previsto, per tutta l’estensione dei quattordici chilometri che l’acquedotto sviluppa.
Canevari non aveva preso questa precauzione.

L’Acquedotto delle Águas Livres

In una riunione convocata per discutere il tracciato dell’acquedotto, l’architetto ammise che non aveva ancora rilevato topograficamente tutto il suo percorso, perché non lo riteneva imprescindibile in quel momento. La differenza di quota altimetrica (78 m) tra le fontane e Mãe d’Água del Rato, dove finiva l’acquedotto, era sufficiente per permettere varianti del tracciato, ma i maestri muratori erano intenzionati ad attaccare il progetto. Per questa ragione fu affidata la direzione dei lavori a Manuel da Maia, che poco dopo l’avrebbe lasciata.
Così si spiega, secondo me, l’abbandono dei lavori da parte di Canevari, per cui è rimasta, per i suoi detrattori, la frase ingiusta di Francesco Milizia quando afferma: ‘Ebbe l’incombenza di fare un acquedotto, che riuscì così disgraziatamente, che l’acqua non volle mai scorrervi. Il povero Canevari perciò se ne andò via dal Portogallo con la coda tra le gambe …’. Sentenza molto ingiusta e malevola.
Però, in Portogallo, la sua memoria non è stata macchiata da quel fatto, viceversa è stata esaltata dai versi del pittore e accademico Vieira Lusitano che lo chiama ‘Insigne Architetto’.

Il Palazzo del Patriarca
Il piccolo complesso urbano del Palazzo del Patriarca di Lisbona D. Tomás de Almeida, a Santo Antão do Tojal, che oggi è un’istituzione per ragazzi poveri chiamata ‘Casa do Gaiato’, è l’opera di Canevari meglio conservata arrivata ai nostri giorni. La piccola località, a pochi chilometri da Lisbona, si sviluppa a partire da questo nucleo monumentale, costituito da un palazzo, una chiesa e una fontana al centro della facciata di un padiglione, che circonda una piazza su tre lati e alla quale si accede da un viale murato. In questo padiglione è stato ospitato D. João V il giorno della consacrazione
delle campane per la chiesa di Mafra, solennemente benedette dal Cardinale Patriarca alla presenza del monarca, prima di essere trasportate alla loro destinazione finale.
L’acqua che rifornisce la fontana è portata da un acquedotto di dimensioni considerevoli, concepito da Canevari, che percorre un’estensione di circa due chilometri dalla località de Pintéus. Questo piccolo nucleo urbano è un complesso di proporzioni equilibrate e di grande armonia, in cui gli elementi si congiungono per formare un gioiello barocco.
L’antica casa seicentesca è stata allargata e sviluppata a U con un portone sormontato da stemma da dove si arriva al patio interno. La fontana monumentale è addossata al padiglione nuovo, senza quella sontuosità che il suo discepolo Giovani Salvi adottò nella fontana di Trevi a Roma, pochi anni dopo.
Nella chiesa, dedicata alla Madonna, rimane soltanto un nartece rivestito di ‘azulejos’, maioliche azzurre e bianche, caratteristiche della prima metà del Settecento.

Il Palazzo del Patriarca
La chiesa
La fontana monumentale

La Torre dell’orologio dell’Università di Coimbra
Un’opera che deve essere attribuita a Canevari è la torre dell’orologio dell’Università di Coimbra, nota agli studenti come la torre della Capra (nome dato alla campana che li richiamava per i compiti accademici). Questa torre e il punto più alto di Coimbra e il simbolo della città.
Fu nel corso del mese di ottobre del 1728 che fu inviato a Corte un documento in cui si presentava il progetto per l’edificazione di questa torre, in sostituzione di un’altra esistente in un luogo diverso, ma che era molto rovinata. Non approvando questo progetto fu chiesto ad un architetto di corte, Canevari o Ludovice, di elaborarne uno migliore,
che poi fu consegnato all’Università per l’esecuzione.
È ovvio che tanto l’uno quanto l’altro potrebbero essere gli autori di quel progetto. Tuttavia vi sono diverse ragioni, dal mio punto di vista, che ci portano a credere che sia un’opera di Canevari.
In quell’anno Canevari era sempre in contatto con la famiglia reale, poiché erano in corso lavori nel palazzo reale; mentre Ludovice era il responsabile dei lavori di Mafra che procedevano con grande intensità per permettere la consacrazione della Chiesa nell’anno 1730, lontano quindi da Lisbona.
In quello stesso anno, Canevari era stato incaricato di progettare e edificare proprio un’altra torre, quella dell’orologio del palazzo reale. L’analisi dell’architettura della torre e dei suoi elementi decorativi presentano un dettaglio ‘borrominiano’ che si addice di più ad un italiano che ad un tedesco. Il coronamento della torre è simile a quello
dell’Oratorio di San Filippo Neri a Roma, opera di Borromini. Le ghirlande che arredano la sommità dei pilastri e le volute ioniche, sotto il cornicione, sono elementi decorativi molto graditi da Canevari, che li ha utilizzati in molte opere, tanto in Italia quanto in Portogallo. Questi elementi sono per me una vera firma.
Le immagini illustrano le mie affermazioni, da come appaiono in sequenza i pilastri ionici con la particolarità che vi è sempre una ghirlanda tra i centri delle volute.
Dettaglio che ritroviamo a Sant’Eustachio, nella chiesa delle Stimmate di San Francesco a Roma, nel disegno della macchina pirotecnica del Terreiro do Paço, nel portone del palazzo del Tojal e, anche, nella torre dell’orologio del Paço da Ribeira.
L’altro possibile autore, Ludovice, non ha usato questo elemento decorativo in nessuna delle sue opere conosciute.

L’acquedotto
La Torre dell’orologio dell’Università di Coimbra
Azulejos

Attribuzione del Palazzo di Correio-mór a Loures
Ayres de Carvalho, autore portoghese, nella sua opera ‘D. João V e l’Arte del suo tempo’ ha attribuito a Canevari il Palazzo del Correiomór a Loures, a circa dieci chilometri da Lisbona, casa signorile di grandi proporzioni, totalmente restaurata negli anni ’70.
Avendo io stesso diretto il restauro del palazzo durante sette anni, ’68-’73, e studiato in profondità la sua storia, non ho trovato nessun indizio documentale o, dall’analisi architettonica, nessun elemento decorativo, sia all’esterno che all’interno, caratteristico del lessico formale di Canevari, o che somigli a uno qualsiasi dei suoi lavori, sia in Portogallo
che in Italia. Per questo motivo non sottoscrivo questa attribuzione.
L’architettura di questo palazzo è spoglia e sobria, non ha niente a che vedere con il ‘
Barrochetto’ italiano e, piuttosto, si ascrive alla designazione di Kubler di ‘Architettura Piana’ e d’apparenza rurale.
Nella mia opinione, il progetto di questo palazzo è di Manuel da Costa Negreiros, dove documentalmente ha lavorato uno dei suoi fratelli. Negreiros ha lavorato a Mafra, non molto lontano da qui, e fu uno dei maestri muratori che lavorò con Canevari nell’acquedotto delle Àguas Livres e che forse molte cose apprese da lui.

1. Frei José da Natividade, Fasto de Himeneu, História panegírica dos desposórios dos

Palazzo di Correio-mór a Loures

Príncipes do Brazil ,1752, Livro I ,pag.78. ‘…voltaram logo particularmente ao Palácio, para se lograrem dos muitos e bem executados fogos de artifícioque houve aquela noite no Terreiro do Paço, para onde entraram pela escada do Forte, e se lograram daquele entretenimento de uma janela, da segunda casa próxima desse mesmo Forte, e
ali se lhes mandou refresco de água, doce, e chocolate. Foi de muito divertimento, e singularmente aplaudido um deles do ar, assim pelo muito tempo que durou, como pela suavidade, e rara invenção. Era ela do excelente Arquitecto, António Canavaro, e figurava com bela ideia uma rocha, povoada pela superfície superior por um espesso bosque.’

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