Francisco Berger


L’attuale tendenza di avvicinare le città ai fiumi che le delimitano, come risposta alla dismissione delle attività portuali, spiega le ragioni della riqualificazione e riabilitazione delle aree lungo la foce del Tago.
Questa tendenza si è fatta sentire in quasi tutte le città portuali d’Europa: da Londra ad Amsterdam, Barcellona e Napoli fino a Lisbona.
Le eccezionali dimensioni dell’estuario, che si espande molto oltre i limiti della città storica, favoriscono lo sviluppo metropolitano e l’attuale desiderio fondiario verso la zona orientale della città. Questa zona ad est è stata da sempre preferita per i motivi che analizzeremo più avanti.
Il primo tentativo d’intervento alla scala della città, con l’obiettivo di riqualificare la fascia del lungo Tago, è stato il concorso d’idee organizzato dal Porto di Lisbona nel 1988, denominato ‘Concorso di Idee per la zona lungo il fiume di Lisbona’. A questa prima iniziativa, dai risultati frammentari e localizzati, seguì l’organizzazione dell’Expo 98 e il conseguente sviluppo urbano periferico (fig. 1).
Lisbona è nata e si è sviluppata sulla riva del Tago ed è cresciuta ad occidente e ad oriente del centro storico originale, sempre sulla riva del fiume. Questa fascia occupa sin dal XIX secolo una estensione di circa trenta chilometri: da Algés ad ovest, fino alla cittadina di Moscavide ad est.

fig. 1| Piano generale di Lisbona e
localizzazione dell’Expo

fig. 2 | Convento di S. Francisco, Xabregas

Si possono distinguere quattro fasi distinte dello sviluppo della città verso oriente, fino a Cabo Ruivo, zona dove si è impiantata l’Esposizione internazionale nel 1998.
La prima fase è nata dalla comparsa, nel XVI secolo, del Paço Real de Xabregas, di fattorie, case signorili e monasteri, lì impiantati per via delle qualità agricole dei suoli del lungo fiume, costituiti da terre alluvionali.
Inoltre, il trasporto fluviale era allora più economico e permetteva uno smercio più facile dei prodotti agricoli (fig. 2).
La seconda è iniziata nel XIX secolo con la scomparsa degli ordini religiosi nel 1833 e con la prima ferrovia nel 1856 che collegava Lisbona a Carregado lungo il fiume (fig. 3), frazionando le proprietà e facendo un taglio tra l’ interlande il fiume. Allora molti degli edifici esistenti, ville nobiliari e monasteri, furono progressivamente riutilizzati per attività legate alla prima industrializzazione impiantata nella zona. Da quel periodo fino alla metà del XX secolo vi si sono sviluppate numerose industrie e servizi, nonché fabbriche dei più svariati tipi di prodotti, dalle armi ai panifici, al magazzinaggio di vini (fig. 4). Qui è anche localizzata l’aerostazione degli idrovolanti giganti da dove partivano i Clippers per i voli transatlantici, fino alla loro dismissione (fig. 5). La terza fase risale alla seconda metà del secolo scorso e coincide
con il declino del parco industriale, la quasi scomparsa del trasporto fluviale sul Tago, nonché il declino dei trasporti marittimi di merci e del turismo di crociera, che tolsero protagonismo al porto di Lisbona ed a tutta questa zona periferica sul fiume, sia ad ovest che ad est della città. Ha anche contribuito fortemente alla perdita d’importanza della
zona, come area di insediamento industriale, il fatto che il trasporto ferroviario di merci fu sostituito dal trasporto stradale, con il conseguente spostamento di molte ditte ed industrie da questi luoghi, la cui rete stradale era insufficiente (fig. 6).
La quarta ed ultima fase è iniziata negli anni ottanta del secolo scorso, a Lisbona come in tutto il mondo, con la sensibilizzazione del ruolo dell’acqua e del suo utilizzo sotto tutti gli aspetti ed il conseguente desiderio di riabilitazione del tessuto urbano delle città portuali e il tentativo di restituire alle città le zone fluviali per lungo tempo abbandonate.

fig. 3 | Stazione ferroviaria di S. Apolonia

fig. 4 | Manifatture Barreiro

L’Expo 98 e il Parco delle Nazioni
L’ultima esposizione mondiale del XX secolo si è realizzata a Lisbona nel 1998, ha avuto per tema il mare e si è integrata nella commemorazione dei cinquecento anni delle scoperte portoghesi.
Nel posto dove si è impiantata, in un’estensione lungo il fiume di più di 5 chilometri, si trovavano, dal 1940, gli impianti della Raffineria di Petroli della Sacor. L’area è delimitata a sud dagli impianti di gas di Matinha e dalla fabbrica di materiale di guerra di Braço de Prata, ad ovest dalla ferrovia e dal quartiere degli Olivais e a nord dal vecchio deposito di materiale di Guerra di Beirolas (fig. 7).
I promotori dell’avvenimento, portando l’esposizione a Cabo Ruivo, luogo – come abbiamo visto – molto degradato ed inquinato dalle industrie che vi si erano insediate, e che allo stesso tempo soffriva già di una certa pressione da parte degli agenti immobiliari nella zona dell’ interland confinante, miravano ad investimenti redditizi, esorbitanti per l’economia portoghese in crisi. Il
progetto prevedeva la creazione di una zona urbana strutturata e costruita con tutti i requisiti di una città moderna di grande qualità; situazione solamente comparabile a quella tentata nel 1940 in occasione dell’Esposizione Del Mondo Portoghese, anch’essa realizzata sul lungo fiume, nella zona occidentale, a Belém.

Così, era necessario, oltre a proporre abitazioni e servizi confortevoli, restituire il fiume alla nuova città, in una prospettiva attuale di piacere e attrazione ludica e sportiva, in un ambiente gradevole e festoso.
La ditta Parco Expo, promotrice dell’Expo, dimostrò di aver appreso dalle esperienze e dagli errori di Barcellona e di Siviglia.
Per quanto riguarda la città olimpica di Barcellona, questa ci ha insegnato che per intervenire nelle zone periferiche portuali è necessario progettare qualcosa legato ad un grande avvenimento, che sia interessante per tutta la città e che si colleghi con questa in modo consistente, in continuità e con una buona accessibilità.
Per quanto riguarda l’Esposizione di Siviglia ’92, si è evitato di ripetere quanto era successo nell’Isola Cristina, dove, dopo la chiusura dell’esposizione, i padiglioni dei diversi paesi furono in gran numero abbandonati e in cui lo spazio non è riuscito ad avere una vitalità urbana consistente.
Quindi, la soluzione trovata per l’Expo fu quella di costruire tre grandi padiglioni nella zona nord del recinto che avrebbero ospitato la quasi totalità delle esposizioni dei paesi stranieri. In questo modo, ogni paese, si è limitato ad effettuare un lavoro di interior design al posto di costruire un padiglione proprio, molto più costoso e dal destino
incerto, come da tradizione. Quei tre padiglioni, dopo la chiusura dell’esposizione, si sono trasformati nel luogo di realizzazione di tutte le fiere nazionali ed internazionali, con il nome di ‘Fiera Internazionale di Lisbona’ (fig. 8).
I padiglioni costruiti nella parte sud sono stati demoliti e sostituiti da edifici d’abitazione e da servizi integrati nel Parco delle Nazioni, denominazione di quella parte di città costruita al posto dell’Expo.

fig. 5 | Veduta della darsena prima dell’Expo

fig. 6 | Veduta della darsena allo stato attuale

Nel caso di Lisbona, gli impianti che hanno costituito le principali attrazioni, come il Padiglione della Conoscenza dei Mari, l’Oceanario, il Padiglione del Futuro, il Padiglione dell’Utopia, il Teatro Luís de Camões e il Padiglione del Portogallo, sono stati costruiti con il proposito di essere integrati nella parte di città che si è sviluppata a partire dall’Esposizione, e di questi soltanto l’ultimo non si presenta, ad oggi, con un uso definito, sebbene ampiamente visitato.
Il Padiglione per la Conoscenza dei Mariè oggi un museo vivo, interattivo, che mira a rendere la scienza e la tecnologia accessibili ad adulti e bambini (fig. 9). L’Oceanario costituisce uno spazio del quale Lisbona è orgogliosa, un mustdella città e un esempio di questa tipologia per l’Europa (fig. 10). Il Padiglione del Futurosi è trasformato nel Casinò di Lisbona, dopo l’enorme controversia sulla necessità dell’esistenza di un casinò nell’area metropolitana e sul luogo più adeguato per la sua localizzazione (fig. 11). Il Padiglione Atlanticoè oggi il Padiglione Multiuso, spazio affittato per concerti, congressi, comizi e attività sportive (fig. 12).
Il Teatro Luís de Camõesè stato trasformato nella sede della Compagnia Nazionale di Ballo, dove si rappresentano spettacoli della stessa Compagnia e di gruppi e orchestre straniere (fig. 13).
In un paese in crisi economica, questa strategia per potenziare lo sforzo finanziario – che una tale operazione esige – ha dato i suoi frutti, ad eccezione del caso del Padiglione del Portogallo che rappresenta una deplorevole eccezione.
Il Padiglione del Portogallo, opera dell’architetto Siza Vieira, di fama internazionale, soprattutto per le dimensioni della sua esile copertura, non è stato fino ad oggi rioccupato e neanche integrato nella struttura urbana locale (fig. 14).
Dopo nove anni dalla fine dell’Expo, si trova in forte stato di deterioramento e, nonostante le promesse d’acquisto da parte di un organismo governativo o da un servizio municipale di Lisbona, fino ad oggi nessuna di queste promesse è stata mantenuta.

fig. 7 | Veduta dell’area Expo

fig. 8 | Fiera Internazionale di Lisbona

Il Parco delle Nazioni
Quando l’ente che promosse l’esposizione iniziò a concepire l’Expo, divise lo spazio di 340 ha in varie zone e le consegnò a diversi studi di architettura che presentarono la loro soluzione urbanistica e i progetti di architettura per quell’area. Furono invitati anche molti artisti plastici per concepire sculture, pannelli di maioliche (azulejos), per disegnare arredi, pavimenti decorativi, fonti e giochi d’acqua. Furono invitati anche paesaggisti nazionali e stranieri
per disegnare giardini e zone verdi. Si voleva creare una nuova città, sin dalla radice, con moderne infrastrutture, con tutti i requisiti di confort, offrendo spazi ampi, piazze e luoghi pubblici carichi di arte urbana.
Si contemplarono tutti i tipi di attrezzature necessarie per il buon funzionamento dell’insediamento, con lo slogan ‘Tutto ciò di cui si ha bisogno, alla porta di casa’. La zona sud di Troufa Real (fig. 15)
presenta un’architettura residenziale collettiva presso il fiume. Nella via principale e perpendicolarmente ad essa, presenta una grande unità d’abitazione (fig. 16). La zona centrale, il cui progetto urbano è di Tomás Taveira (fig. 17), presenta grandi edifici per uffici e commerciali (fig. 18).
La zona nord è opera di Duarte Cabral de Melo (fig. 19) e presenta soprattutto edifici posti perpendicolarmente al fiume (fig. 20). Senza mettere in discussione il risultato di tutti questi interventi, molti dei quali di grande qualità e merito, altri di dubbio o cattivo gusto, sono interessato soprattutto a trarre qualche conclusione su quanto si è ottenuto e su ciò che sembra essere rimasto da fare. Il successo dell’esposizione dal punto di vista politico è stato grande, i governi (quello che l’ha iniziata e quello che l’ha conclusa) richiamarono a sé il merito dell’iniziativa e trassero profitto politico dal fatto.
L’impatto internazionale, nonostante il numero di visitori non corrispose alle aspettative, ha comunque tratto benefici a livello turistico.

fig. 9 | Padiglione dei mari

fig. 10 | Oceanario

I lavori di edilizia residenziale e di servizi hanno dato buoni risultati a molti promotori immobiliari e costruttori edili, seppure la fretta nel costruire è andata contro la proclamata e pretesa qualità.
Il costo globale per l’erario pubblico non è ancora oggi conosciuto esattamente: le spese e il tempo necessario per il loro ammortamento hanno sicuramente superato le previsioni.
La riqualificazione ambientale dello spazio, che prima era degradato e inquinato dalle industrie pesanti ubicate in quella zona, è riuscita e oggi esiste un piacevole spazio di zone verdi e aperte.
Per quanto riguarda il progetto di creare una nuova centralità, integrata alla città e alle aree limitrofe, di restituire il fiume alla città e alla vita urbana, di agevolare le popolazioni vicine, il Parco delle Nazioni ha costituito un vero flop. In realtà, non è successo niente di quanto previsto. Il proclamato rapporto con il fiume, nei cinque chilometri d’intervento,
è oggi inesistente. La marina costruita e attrezzata per ormeggiare centinaia di imbarcazioni, ad oggi non ospita una sola barca, né una chiatta di pescatore amatore.
L’antico dock degli Olivais, antica rimessa di idrovolanti, è anch’esso deserto e inutilizzato e non esistono gru per fare scendere in acqua neanche piccole imbarcazioni. Non esiste una scuola di vela, o di canottaggio e neppure un club nautico.

fig. 11 | Scorcio del Casinò di Lisbona
dalla promenade

fig. 12 | Sala multiuso

I ristoranti galleggianti, che erano una delle attrazioni di successo durante l’Expo e che avrebbero potuto continuare ad attrarre la gente vicino all’acqua, sono abbandonati e in stato di degrado.
La ferrovia parallela alla costa continua ad essere esattamente la stessa barriera per le zone limitrofe, adesso con una stazione sontuosa e in grande stile (la Stazione orientale disegnata da Santiago Calatrava).
I percorsi pedonali, al di fuori della passeggiata sul bordo del mare, non facilitano la comunicazione tra le due parti, non vi sono nuovi accessi per gli abitanti degli agglomerati ad ovest e, pertanto, il Parco delle Nazioni è, praticamente, in un ‘condominio chiuso’ e non in un anello catalizzatore della vita urbana (fig. 21).

fig. 13 | Teatro Luís de Camões

fig. 14 | Padiglione del Portogallo

L’unico accesso innovatore e d’importanza regionale è il nuovo ponte sul Tago, Vasco da Gama, lungo sedici chilometri che fa scorrere attualmente la maggior parte del traffico tra il nord e il sud del paese, ma che praticamente non serve le zone che circondano il Parco delle Nazioni (fig. 22).
In conclusione si può dire che l’operazione urbanistica per trasformare questa zona periferica di Lisbona in un’area urbana multifunzionale e d’integrazione sociale non sia completamente riuscita, nonostante accolga molte attrezzature di cui la città di Lisbona ha usufruito e rappresenti, comunque, un’impresa unica nel nostro universo urbanistico.

fig. 15 | Piano per la zona sud, di Troufa Real

fig. 16 | Unità d’abitazione

fig. 17 | Piano per la zona centrale, di Tomás Taveira

fig. 18 | Edifici per uffici commerciali

fig. 19 | Piano per la zona nord, di Duarte Cabral
de Melo

fig. 20 | Edifici residenziali
fig. 21 | Gare do Oriente

fig. 22 | Il nuovo ponte sul Tago, Vasco da Gama

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Archeoclub d’Italia
movimento di opinione pubblica
al servizio dei beni culturali e ambientali

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