Francesco Bonfante


Nel 1995 i forni delle Acciaierie e ferriere lombarde Falck di Sesto San Giovanni hanno cessato di funzionare ponendo fine ad una storia avviata nel 1904 con l’acquisto di terreni confinanti con lo scalo ferroviario, proseguita nel 1906 con la costruzione del primo stabilimento (negli anni Venti chiamato Unione), nel 1908 con l’entrata in funzione del primo forno Martin-Siemens, nel 1917 con la costruzione del secondo stabilimento, il Concordia, e nel 1924 del terzo stabilimento,
il Vulcano, il primo a chiudere nel 1976.
La trasformazione di Sesto San Giovanni da borgo agricolo a città industriale avvenuto nei primi tre decenni del Novecento fu l’esito di una sequenza di interventi di trasformazione del settore nord-est di Milano, che dal centro della città si prolungarono nel territorio. Il progetto del Quartiere Industriale Nord Milano dell’ingegnere Evaristo Stefini avviò l’urbanizzazione di una larga fascia di territorio estesa dal viale di circonvallazione esterna del Piano Beruto fino alla strada che collegava Bresso con Monza. Negli stessi anni, a Sesto San Giovanni, l’ingegnere Attilio Franco promosse, con la sua Società anonima Milano, il Nuovo Quartiere Industriale Raccordato, definito nel 1910 con un progetto di lottizzazione che comprendeva quasi tutti i terreni a est della ferrovia fin oltre all’attuale viale Edison. La continuità
dei due interventi, collocati all’esterno dei confini del Comune di Milano oltre i rilevati della nuova cintura ferroviaria, era garantita proprio dalla ferrovia.

Planimetria di Sesto San Giovanni, 1855
Evaristo Stefini, Quartiere Industriale Nord Milano, 1910, planimetria generale

È possibile affermare che la storia di Sesto San Giovanni è strettamente connessa alla storia delle sue fabbriche (oltre alle quattro maggiori – la Falck, la Breda, la Ercole Marelli, la Magneti Marelli – altre attive nei settori leggeri dall’editoria all’industria alimentare, alla meccanica leggera come la Campari, le Pompe Gabbioneta …): un intreccio fra grande e media-piccola impresa, fra industria pubblica e privata, fra tradizione politica del movimento operaio e amministrazione
pubblica, che ha dato vita a un esperimento del tutto originale nel panorama italiano. Un territorio investito da intense e rapide trasformazioni, dove, in alcune particolari congiunture della sua storia recente, si è saputo imprimere al mutamento un valore positivo e propulsivo, capace di costruire opportunità collettive, dove si sono sedimentate culture associative e professionali.
È quanto è avvenuto, per esempio, negli anni della Ricostruzione.

Evaristo Stefini, Quartiere Industriale Nord Milano, 1910, prospettiva
Veduta aerea della Falck a Sesto San Giovanni, anni Cinquanta

Allora l’amministrazione democratica guidata dal sindaco Abramo Oldrini, nonostante le riconversioni e i ridimensionamenti a cui era sottoposto l’apparato industriale legato alla produzione bellica, fu in grado, da una parte, di puntare al mantenimento del posto di lavoro e di compiere uno sforzo eccezionale per predisporre servizi primari,
strade, acquedotti, fognature, illuminazione, in modo da incentivare l‘attività edilizia, pur nella consapevolezza delle contraddittorie conseguenze che avrebbe indotto; dall’altra di avviare nel 1952, con l’acquisizione delle aree necessarie, la costruzione del nuovo Centro civico, conclusasi circa venti anni più tardi. Si tratta di un intervento di vaste proporzioni progettato da Piero Bottoni: un anello verde interamente pedonale collega, in un sistema integrato e recuperato a uso pubblico, piazze, parchi, giardini privati, edifici storici; all’inizio del percorso, in posizione emergente, si trova la nuova sede municipale composta dal corpo degli uffici, alto 12 piani, e dal palazzetto di rappresentanza.
Tale intervento pone al centro del paesaggio sestese non più solo la frontalità fra produzione e residenza operaia, che aveva contraddistinto la costruzione dell’insediamento soprattutto negli anni Venti e Trenta, bensì il rinnovato Broletto, le ville storiche e gli spazi pubblici all’aperto a confrontarsi direttamente con la scala monumentale della fabbrica, reinterpretando quel regime di collettività che dai luoghi di lavoro si estendeva all’esterno nelle sezioni di partito, nelle sezioni sindacali, nelle società sportive …

Società Anonima Milano, Nuovo Quartiere Industriale Raccordato, Sesto San Giovanni, 1910
Veduta della sede del Museo dell’Industria e del Lavoro di Sesto San Giovanni nell’area dell’ex Breda
Siderurgica

Oggi, forse più di allora, il mutamento assume proporzioni straordinarie; le sole aree ex-Falck interessate dal progetto di Renzo Piano elaborato per la società ‘Risanamento&#82
17; di Luigi Zumino, ultimo di una serie di proposte elaborate negli ultimi venti anni, occupano oltre 1,3 milioni di mq. di superficie territoriale. E non sono le sole ad essere oggetto di intervento.
Oggi, come agli inizi del Novecento, la ridestinazione delle aree dismesse di Sesto San Giovanni costituisce un problema che investe nella sua interezza non solo il disegno e il destino della città, ma il ruolo stesso del settore nord-est, o almeno la porzione compresa fra Milano e Monza, di recente già investita dalla totale trasformazione del comparto Bicocca.

Del resto Sesto San Giovanni sia per la sua collocazione territoriale, sia per le straordinarie dotazioni infrastrutturali (tre aeroporti alla distanza potenziale di venti/trenta minuti – Linate, Malpensa, Orio al Serio; una linea metropolitana; la connessione con la rete autostradale Torino-Milano-Venezia, tangenziale ovest, Peduncolo, Monza-Rho; la linea ferroviaria), potrebbe di nuovo assumere un ruolo importante non solo nel contesto italiano ma anche a livello europeo.
Proprio a partire dalla riscoperta delle radici e dalla consapevolezza del suo passato – in parte avviata recentemente con la costituzione del Museo dell’industria e del lavoro – la comunità sestese e l’amministrazione pubblica, messe di fronte a un compito così difficile, potrebbero raccogliere la sfida e imprimere al cambiamento ancora una volta un valore propulsivo e collettivo.

Piero Bottoni, Municipio di Sesto San Giovanni, 1961-71
Renzo Piano, Progetto per le ex aree Falck a Sesto San Giovanni, 2006

Qualsiasi programma urbanistico che voglia porsi fattivamente nei confronti del territorio, perseguendo obiettivi di sviluppo, riqualificazione, ridefinizione dell’identità urbana di Sesto San Giovanni, dovrebbe avere il coraggio e la forza di dichiarare il carattere eccezionale e per questo ‘sperimentale’ degli interventi futuri, con un compito di alta innovazione, non solo nei settori residenziale e terziario, ma anche in quello produttivo: un volano sul quale verificare l’attendibilità per tappe di un nuovo sviluppo che interesserà la città almeno per i prossimi venti anni. Sicuramente determinante risulterà la relazione tra la città esistente e i nuovi interventi, in particolare con quei sistemi funzionali attestati nella città e nel territorio (tempo libero, istruzione, assistenza …), per riuscire a ricomporre una praticabilità allargata delle attività di vita associata, proprio a partire da quel regime di collettività peculiare della tradizione di Sesto San Giovanni, espressione di una capacità di autogoverno da non disperdere.

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