FILARETE E LEONARDO: PROGETTI URBANI CHE MILANO TUTTORA TESTIMONIA

Dal generale al particolare: questa la via seguita dal Filarete nel disegnare la sua “città ideale”, Sforzinda, nel trattato che dedica a Piero de Medici ma che rivolge a Francesco Sforza, in una vicinanza di intenti e in un colloquio ideale che unisce Milano e Firenze, quasi che nella seconda maturassero idee che nella prima venivano, almeno in parte, messe in atto. E non a caso sia il Filarete prima, sia Leonardo da Vinci poi, furono invitati dai Medici a recarsi alla corte degli Sforza, importando qui elaborazioni che avevano preso le mosse nell’ambiente principe dell’Umanesimo e del Rinascimento toscano.
Tra queste idee, c’è quella della città ideale che il Filarete per primo tratteggia ma che, se raffrontata alla Milano storica reale, si scopre essere non solamente astratta.
Nel trattato del Filarete, la descrizione della città parte dall’esterno: dalle mura e dalle porte in esse ricavate. La pianta generale discende dalla rotazione di 45° di due quadrati uguali, a formare una stella a otto punte inscritta in un cerchio e dotata di sporgenze e rientranze.
Il rapporto quadrato-cerchio rimanda subito all’homus vitruvianus di Leonardo, e si iscrive nella logica dell’antropizzazione dei luoghi e delle architetture: una logica che traspare sin dagli esordi del “trattato” del Filarete, che si fonda (come del resto tutta la pubblicistica dell’epoca) sul concetto di coerenza dell’universo.
La città e gli edifici che essa ospita sono assimilati a organismi dotati di scansioni che seguono una logica gerarchica. Così la piazza sta al centro come le mura stanno alla periferia.

“Le porte saranno negli angoli retti; poi le strade si partiranno dalle porte, et andranno tutte al centro. E quivi farò la Piazza, la qual sarà per la lunghezza uno stadio, e pel largo sarà mezzo stadio. E in testa sarà la chiesa cathedrale….” scrive Filarete.
E dice “in testa” alla piazza che è il centro della città, proprio perché è sempre presente quell’intimità tra essere umano e ambiente costruito, che oggi forse sia l’architettura che l’urbanismo hanno perso, a forza di razionalizzare e tecnologizzare e funzionalizzare.

E la Milano storica reale non si discosta molto da quella immagine ideale: del resto fu lo stesso Filarete che provvide a progettare uno dei punti focali della sua città: l’ospedale (oggi Università Statale), con i suoi meravigliosi, ariosi, cortili rinascimentali.
Prevedeva strade radiocentriche lungo le quali si allineassero le piazze dedicate a diversi tipi di commercio, ciascuna specializzata (nelle piazze disposte sulla direzione est-ovest stanno i mercati di legname e paglia, in quelle lungo l’asse nord-sud stanno, nell’ordine, l’olio e poi gli alimenti, grano e vino). Lungo le altre strade radiali avrebbero dovuto trovare posto le chiese parrocchiali.Questo sistema radiale è affiancato da canali che servono per la distribuzione delle merci: l’acqua è attinta dal fiume accanto al quale è stata collocata la città, perché il luogo di fondazione va scelto anche in funzione della presenza del corso d’acqua, imprescindibile, anzitutto come via di trasporto e poi per motivi igienici.
Con le vie radiali si intersecano i percorsi stradali e i canali circolari che uniscono il tutto.
Quanto poco si discosti questo progetto ideale dalla situazione oggettiva della Milano storica, è visibile a chiunque.
Si può ben dire che il Filarete, partendo da quel disegno generale abbia concretamente contribuito a definire la Milano dei suoi tempi, di cui non solo la disposizione di strade e canali (oggi coperti) ma anche il Castello con la sua alta torre e l’austero palazzo dell’ospedale restano ancora come concretizzazioni evidenti e permanenti: singoli luoghi, ma concepiti come momenti cardinali di un progetto più vasto.
A Milano Leonardo da Vinci giunse nel 1482, tredici anni dopo la morte del Filarete, diciassette anni dopo che questi aveva stilato il suo trattato (la cui datazione è ritenuta il 1465) e contribuì a conformare la città proprio secondo il progetto che quest’ultimo aveva immaginato.
Una nota contenuta nel Codice Atlantico (fol. 225rb) indica che Leonardo abbia provveduto a compiere rilevamenti della città di Milano, al fine di predisporre un progetto urbanistico per un nuovo quartiere. Una notazione successiva (fol. 65v-b) indica come Leonardo abbia disegnato un piano generale di espansione urbana: tale progetto si basa proprio sul concetto radiocentrico che il Filarete aveva tratteggiato alcuni decenni prima, con strade e canali, e piazze dedite a mercato.
È noto come la grande notorietà acquisita da Leonardo tenda a far sì che gli si attribuisca ogni sorta di invenzione, anche laddove egli si è limitato a registrare cose esistenti, a riprodurre idee già in circolazione, a ricogitare concetti già elaborati da altri.
Se Leonardo abbia conosciuto l’opera del Filarete non è noto: lo si potrebbe desumere dalle somiglianze che si possono riscontrare tra il progetto di “città ideale” dell’uno e dell’altro autore. Ci si potrebbe anche semplicemente limitare a supporre che, trattandosi di idee ampiamente discusse all’epoca, queste siano passate di bocca in bocca.
Il fatto è che Ludovico Sforza negli anni ’80 del ‘400 incaricò Leonardo di studiare il rinnovamento urbanistico di Milano anche per ottenere una città più salubre: stava imperversando la peste (148485) e interesse del Duca era migliorare le condizione igieniche del sito, oltre a dare nuovo splendore alla sua città, in competizione con le capitali dell’epoca (Firenze, Napoli, Roma…) in cui avvenivano varie risistemazioni mirate a dare maggiore lustro, attraverso l’assetto urbano, alle famiglie dominanti.
È altresì noto come i signori dell’epoca desiderassero acquisire fama attraverso la realizzazione non soltanto di singole opere, ma proprio col conformare nuclei urbani secondo modelli ideali, basati su considerazioni di ordine geometrico, poiché la geometria era intesa come il linguaggio della natura.Vespasiano da Bisticci scrisse che attraverso le costruzioni, che durano nel tempo, si acquisisce una fama perenne: il che era notoriamente uno dei motivi alla base dell’impulso dato alle arti e alle città nel Rinascimetno. Non che, del resto, neppure questa fosse una novità: non fece infatti proprio questo Alessandro Magno quando, nella sua pur breve vita, disseminò di città la cui denominazione lo ricorda il vasto territorio che conquistò dall’Egitto all’Asia?
A Milano Filarete disegnò la sua città ideale e ne costruì alcune parti (castello e ospedale); Leonardo continuò sulla stessa linea di pensiero e in diversi disegni ne portò oltre il concetto: restano ancora oggi chiuse e bacini di compensazione usati per mediare differenze di livello nel corso d’acqua, che sono attribuiti a suoi progetti.
Queste piccole concrete realizzazioni forse esprimono in nuce un più generale concetto che caratterizza il piano della città ideale di Leonardo. Al concetto di centro urbano radiale in cui le strade sono affiancate dai canali e punteggiate da piazze, aggiunse la novità della disposizione su più livelli delle vie di trasporto, così da separare i diversi tipi di traffico: qualcosa che troverà riscontro solo nei sistemi di metropolitana interrata o nelle strade a doppia altezza di alcune metropoli contemporanee, come New York o Chicago. La capacità di sintesi e di proiezione verso il futuro di Leonardo resta insuperata: immaginava che ai livelli alti passassero le persone, ai livelli bassi, su canali a loro volta distribuiti su diversi livelli, passassero e si intrecciassero i percorsi per veicoli e merci.
Quello della specializzazione dei percorsi è un tema urbanistico che forse solo a Brasilia è stato veramente esperito in modo compiuto, partendo da un progetto globale che giunge alla sua realizzazione completa. Com’è noto, questa concretizzazione oltre oceano della
“città ideale” si è anch’essa intrecciata con la “città reale”, dando luogo a nuovi sobborghi periferici disordinati e turbolenti. In fondo è proprio vero quel che si pensava nel Rinascimento: architettura e città sono organismi viventi. In quanto tali sempre superano la logica della pianificazione, per quanto accurata e solerte essa sia: il che non vuol dire, naturalmente, che la contraddicano. Realtà e idea si compenetrano interagendo. La città non sarà mai un capolavoro firmato, ma una realtà in continuo movimento.
La Milano di Filarete e Leonardo conserva ancora oggi tantissime tracce di opere compiuta dai due progettisti; esse organizzano un ambiente urbano coerente, che andrebbe forse riscoperto e valorizzato. Nella loro singolarità, testimoniano un approccio globale al progetto: dal generale al particolare.

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