Estetica tradizionale


Novità dal Salone del Mobile 2007

Nell’opera di Kenk Hoshi, Tsurezuregusa (Ore d’Ozio 1330-1333), troviamo alcuni dei principali ideali estetici della cultura giapponese. I gusti di Kenk riflettono quelli dei nobili della corte Heian dei secoli prima e contribuiranno a formare le preferenze estetiche nei secoli successivi.

“Si devono forse ammirare i fiori solo quando sono in pieno rigoglio e la luna è tersa? (…) I fiori che cadono e il tramontar della luna sogliono riempire l’animo di melanconia. Eppure solo qualcuno dal cuore totalmente insensibile potrebbe dire: “Questo o quel ramo ha i fiori appassiti: non c’è più nulla che valga la pena di esser visto”.
I giapponesi amano contemplare la fioritura degli alberi, ma amano contemplare anche i frutti e poi la caduta dei petali, delle foglie. Questo perché il momento di massima bellezza non lascia nulla all’immaginazione. I petali che cadono invece suscitano forti emozioni di nostalgia, di malinconia, la percezione della mutabilità delle cose, del tempo. Ecco il concetto di yugen, che significa impenetrabile, oscuro, misterioso. Ogni esperienza cela dietro di sé altri misteri. La pittura a inchiostro ai tempi di Kenk, porta la suggestione ai massimi livelli, in quanto suggerisce un’immagine con
un solo segno del pennello, rappresenta un’intuizione di un aspetto della realtà, che non può mai essere afferrata nella sua completezza.

Hideko Fukushima
Washi designer

IRREGOLARITÀ
“In tutte le cose l’uniformità è brutta; il lasciarle incompiute le rende molto più interessanti, e sembra quasi che esse posseggano un maggior respiro.” I giapponesi amano non solo l’incompletezza, ma anche l’asimmetria. In qualunque
ambito: la poesia, la calligrafia, la decorazione, la sistemazione dei fiori o dei giardini. Pensiamo ad esempio alla disposizione di sabbia e pietre nel Ryoanji a Kyoto.

SEMPLICITÀ
“Una casa che non sia moderna né lussuosa, ma con un giardino dove le erbe crescano incolte e gli alberi abbiano aspetto vetusto, possiede attrattive, cui aggiungono grazia una veranda e un rado steccato, mentre anche gli oggetti più insignificanti ricordano il passato: è proprio questa disadorna semplicità ad apparire deliziosa.” La cerimonia
del the è forse l’esempio più lampante dell’amore dei giapponesi per la semplicità. Anche il cibo rispecchia l’amore per l’essenzialità, infatti la cucina giapponese non fa molto uso di spezie.

MUSUBI
Questi divisori ci permettono di cambiare l’impostazione dello spazio a seconda dell’atmosfera e dell’ora. L’esterno dei divisori in carta “washi” presenta una bellezza diffusa e naturale quando viene illuminato dal sole durante il giorno. Inoltre, di sera la luce circostante penetra il “washi” rivelando il complesso lavoro di falegnameria della sua struttura.

Misure 38x56x7,3 cm. Carta giapponese Woo

MUTEVOLEZZA
“Se l’uomo non svanisse mai come il fumo su Toribeyama, ma durasse per sempre in questo mondo, quante cose perderebbero il loro potere di commuoverci. La cosa più preziosa nella vita è la sua incertezza.” Per Kenk la mutevolezza è un elemento necessario nella bellezza. Si può dire che mentre gli occidentali costruiscono le cose in
modo tale che durino a lungo, i giapponesi le costruiscono tali da richiedere di essere cambiate spesso. Questo perché profondamente consapevoli del mutare della realtà ed estremamente sensibili al trasformarsi della natura di cui sentono di condividere lo spirito.

…Dalla natura …la carta Washi… per scrivere bene

La carta (wa: Giappone + shi: carta) fu introdotta in Giappone intorno al 600, durante un periodo di forte influenza da parte della Cina. La carta veniva prodotta utilizzando asa (canapa) e kozo (della famiglia del gelso).
Con l’aumento della richiesta di carta, i produttori cercarono un materiale naturale diverso dal gelso e scoprirono il gampi, una pianta appartenente alla famiglia delle daphne originaria del Giappone, dando così inizio al passaggio dall’imitazione della carta cinese alla produzione della carta tipicamente giapponese.
Le fibre del gampi sono delicate e possiedono una naturale viscosità. Così, sebbene trasformarle in carta richieda tecniche sofisticate, il prodotto finito è allo stesso tempo bellissimo e durevole.
La carta realizzata con il gampi è forte e lucida come una perla, morbida al tocco e odorosa di fieno, resiste all’umidità e agli insetti dannosi.

Questa pianta impiega 5/7 anni per raggiungere la sua altezza ed essere pronta per la raccolta.
Cresce nelle foreste sui pendii delle montagne delle prefetture di Yamaguchi, Shimane, Kochi e Wakayama ed è citata con i seguenti nomi: Wikstroemia canescens, Wikstroemia trichotoma, Diplomorpha gampi, Wikstroemia sikokiana, Passerina gampi.

Nel 18° secolo si diffuse un metodo per fare la carta usando canapa, gelso e la radice di una pianta di ibisco (tororo-aoi) detto nagashizuki.
La carta giapponese è stata usata fin dall’antichità all’interno dell’abitazione giapponese per la sua capacità di far filtrare la luce attenuandone l’intensità e donando così allo spazio un’illuminazione soffusa.

Tipi di washi:

Kozo-shi o cho-shi: gli arbusti di questa pianta che possono superare i 2 metri di lunghezza, sono facili da coltivare e possono essere raccolti ogni anno. Poiché la fibra è spessa, lunga e forte, è adatta per realizzare carta durevole e
resistente per gli shiji e per la pittura. Preparare il gampi per fare la carta: si mette a bagno la corteccia per mezza giornata finché non diventa soffice. Se la corteccia è ancora verde è più facile strapparla dal tronco e può
stare a mollo per meno tempo. Se troppo bagnata è molto più difficile separare le fibre dalla corteccia.
Prima si toglie la parte esterna della corteccia, quindi si pulisce ciò che rimane da imperfezioni, nodi e macchie, cercando di lasciare solo il gampi morbido e pulito.

Gampi-shi: Usata principalmente per scrivere i kana (alfabeti fonetici), sutra e lettere, quindi caratteri piccoli e sottili. Durante il periodo Heian la gampi-shi fu classificata in atsu-yo (disegno spesso), cho-yo (disegno medio) e usu-yo (disegno sottile).

Mitsumata-shi: tipo di carta ricavata da una pianta simile al gampi, solo che può essere coltivata, mentre il gampi è una pianta selvatica.
Questa carta compare tardi, nel periodo Momoyama, e veniva utilizzata per scrivere caratteri piccoli.

Ma-shi: carta ricavata dalla canapa, prodotta attraverso una tecnica introdotta in Giappone dalla Cina attraverso la Corea e caduta in disuso durante il periodo Heian per la sua elevata difficoltà.

Chiku-shi: carta ricavata dal bambù, ideale per l’arte della calligrafia.

 

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