Editoriale

Bella Vivandiera!

Ti sei svegliata da una pagina ingiallita di una stampa del settecento, per una, tante carezze di un “principe” che dopo 300 anni è andato per boschi, pinete, per monti a cercare l’albero più bello, dove da allora ti eri nascosta.
Ti eri vestita da guerriera, vestale del fuoco domestico, al posto delle armi, orgogliosa tenevi forte al braccio i tuoi ferri del mestiere, per fare il buon pane, per cucinare il leprotto, per cogliere i frutti e le verzure, per vestire la tavola e farli dono a chi intorno a te apprezzavano le tue grazie! Ti eri ripromessa di invitare alla tua mensa solo chi ha voglia di incontrarsi, per scambiare il piacere della parola, per assaporare il piacere del dialogo con la gioia di incontrarsi con pensieri forse anche diversi , ma premiati da un sorriso che rende ricco lo scambio di opinioni: allora i tuoi conviviali sono premiati con una buona tavola, perchè con il buon cibo ben cucinato, cose buone e prelibate, c’è la buona salute e c’è la storia del buon cucinare, che è la prima battaglia del buon vivere ogni giorno! Forte della sua gioventù “il principe” è andato nel bosco, si è fatto guidare dall’aria fresca del mattino, con gli occhi rivolti al Sasso Lungo, nitido sull’azzurro del cielo appena coperto da nuvole che correvano, guardava la montagna perchè cercava nelle sue ombre un volto, un presagio che lo guidasse a quell’albero, a quel pino, al cirmolo, dove sentiva, era certo, si era nascosta quella strana principessa che arrivata come “notizia” su un foglio di “fax”, era diventata per lui l’ispirazione, il sogno, la voglia di poesia, gli occhi sorridenti, il volto affettuoso, il sorriso che si sta per aprire: gli era famigliare, ormai la conosceva. Ecco allora, che alto su un prato di mirtilli, con i suoi rami che scivolano su un cespuglio di ginepro, aperto ad un pascolo verdissimo, uno stupendo cirmolo con le sue radici abbarbicate alle radici di altri cirmoli, diventa legionario fra legionari, sentinella, soldato… la sua chioma diventa ombra per una pausa al passo di montagna, un momento di riposo dopo una mattinata di passi pacati fra sassi e rovi, una pausa anche per i suoi pensieri. Sotto l’alto cirmolo un grande tronco era lì che aspettava, affondato nel ginepro, profumato di resina… la principessa addormentata era lì, “la vivandiera”, la fata del ‘700, il vento dei monti si era fatto respiro, l’erba umida si era raccolta in un mantello regale… È lì! Ha chiamato gli amici :«È qui!» Tutto il paese lo sapeva, ne aveva parlato con tanti, con tutti,di quel giorno che un fax era arrivato da Milano, tutti i suoi amici della Valle Fiorita lo sapevano, che da qualche parte del bosco, della pineta, “la vivandiera” si era nascosta, che riposava. Qualcuno, lui, doveva trovarla … era nascosta… lo si sapeva, ma dove ?… dove? Venite! Venite! Presero il tronco, adagio, adagio, sapevano che c’era una fata che dormiva e la portarono in casa , dove con l’arte che il papà gli aveva insegnato, che il nonno prima e ancora prima aveva imparato, incominciò a cercare di leggere il volto, il corpo, le forme della “vivandiera”. Mille carezze, petalo per petalo, poco per volta, prima la sua fierezza, poi le sue armi di pace, poi sorrise. Una lacrima di resina gli scivolò sulla guancia, era felice di rinascere! Bella Vivandiera!
Giuseppe Maria Jonghi Lavarini
FOTOGRAFIE DI FABRIZIO GINI

 

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