E il cortile diventa salone Con capolavori di Lorenzo Ghiberti, Donatello, Luca della Robbia, Antonio del Pollaiuolo e Michelangelo, nonché modelli e attrezzi relativi alla costruzione della cupola del Brunelleschi, il Museo è in grado di offrire ai pellegrini, turisti e cittadini
A differenza di altre tipologie di museo dove magari la pala d’altare si trova accanto al ritratto o al paesaggio, qui le opere rientrano in un unico sistema culturale, con le sue tematiche dominanti, con il filo conduttore contestuale che è la liturgia della chiesa. Evocare questo contesto… significa dare senso alle opere e nel contempo valorizzare il loro contenuto di fede». L’intervento è così descritto da Francesco Gurrieri (nel volume "MOPA", Firenze, 2001) : «Certo l’idea chiave della nuova risoluzione museale è stata l’intelligente copertura del vecchio, informe cortile… recuperato a Sala "Porta del Paradiso", ove sarà definitivamente alloggiata la Porta ghibertiana del battistero; così come l’invenzione di una Sala "Fondi Oro" che ingloba un "Reliquiario" a base ottagonale (geometria magica per Santa Maria del Fiore). Su questi due nuovi importanti episodi, nonché sul recupero delle salette che affacciano su Piazza Duomo, ove trovano posto le macchine del "Cantiere", la "Lanterna" della Cupola e i suggestivi modelli del concorso della facciata, è giocata l’intelligente e raffinata addizione museale… E, naturalmente, tutto ciò dà occasione per proporre nuovi percorsi, scale di collegamento e ascensori, sapientemente giocati intorno al cortile, dialoganti col lucernario ». Come spiega Anna Mitrano, Presidente dell’Opera di Santa Maria del Fiore, questa nuova sistemazione è solo una significativa tappa: in futuro gli spazi espositivi saranno raddoppiati: «Poiché, grazie all’acquisizione dell’adiacente settecentesco Teatro degli Intrepidi, l’Opera potrà offrire un grande museo che valorizzerà in modo adeguato i capolavori di valore assoluto provenienti dal complesso monumentale di piazza del Duomo». Il primo documento in cui è menzionato risale al 23 marzo del 1390. Si tratta di un deposito di opere che ha accompagnato tutta la storia di Santa Maria del Fiore, sin dalle sue origini. L’attuale intervento mantiene il sapore storico pur consentendo un percorso museale dotato di tutte le caratteristiche di climatizzazione ambientale, acustica, illuminotecnica di assoluta modernità.
Il nuovo progetto, scrive David Palterer «fa propri alcuni degli ambienti già consolidati nella preesistente configurazione museale, ed assimila in modo propositivo sofisticati impianti tecnologici e di sicurezza. All’architettura è stato affidato di restituire alle opere una complessità di contesto, con lo stesso spirito al quale originariamente appartenevano».
Tale elemento è sagomato a"L", spiega Palterer, «in modo da contenere due sistemi: uno con apparecchi tipo wall washer con sorgente luminosa fluorescente, l’altro un binario con piccoli proiettori a luce calda. L’ala verticale del carter funge da paraluce, e con la sua finitura di colore grigio antracite goffrato si confonde col soffitto minimizzando
Particolare importanza ha la trasformazione del cortile, divenuto sala espositiva destinata a ospitare la porta del Paradiso, scolpita da Lorenzo Ghiberti per il Battistero. Scrive Palterer: «Determinante per la decisione di trasformare la corte in un interno è stata una nostra intuizione, ovvero poter riscattare il nuovo assetto museale assegnando a questo spazio una nuova centralità sia spaziale sia distributiva».
La copertura in vetri strutturali a controllo del carico termico, ha consentito di mantenere aperto alla luce il vano. Così l’ambiente conserva le caratteristiche luministiche dello spazio esterno, pur in presenza di un totale controllo climatico. Vi sono rari casi in cui la presenza di elementi dal sapore così marcatamente tecnologico si armonizza con tanta efficacia con le strutture storiche e gli oggetti esposti. Tale armonia è raggiunta grazie al mantenimento di ogni singola parte nella sua "verità": i nuovi impianti sono ben visibili ma non disturbano perché si presentano in funzione di servizio nei confronti del carico di storia e di arte che gli oggetti e l’edificio trasmettono al visitatore. (L.S.) |