DUE ABSIDI ELEVATE NELLO SLANCIO

Dalla piazza centrale dell’abitato, il nuovo edificio biabsidato si intravede oltre il limite del nucleo storico. Il particolare impianto architettonico studiato dall’Arch. Mario Botta è evidenziato dal lucernario longitudinale che separa le due navate definendo un unico spazio interno segnato dal varco cromatico mediano.

La scala di Giacobbe è rimasta come un “luogo” significativo nella storia dell’arte e dell’iconografia cristiana. Nel sogno, Giacobbe vide una scala sulla quale gli angeli salivano e scendavano ricongiungendo terra e cielo: l’immagine è divenuta simbolo dell’elevazione spirituale e dell’ascesi mistica.
Ritrovare oggi qualche elemento che la ripresenti come significativa per la sensibilità contemporanea è difficile: ma forse Mario Botta non si sentiva estraneo a  quell’iconografia quando ha immaginato questa chiesa.
Del resto il contesto ispira, grazie alla sua ambientazione agreste, inconsueta in Italia dove la densità urbana ormai è onnipresente.Ma in questo centro toscano, Terranuova Bracciolini, aleggia un’atmosfera diversa: è vero che l’abitato si dilata invadendo i campi, ma non li soverchia, anzi, pare adagiarvisi in modo quasi timido, circospetto, rispettoso.
Sulle tonalità cromatiche del panorama domina il verde dei prati e delle chiome arboree, e le vicine colline si elevano verso il cielo con una grazia che gli edifici non osano sfidare.
In questa situazione di pace, la nuova chiesa riesce a porsi con rispetto: né nella forma,  né nelle dimensioni, né nei materiali si contrappone a quanto la natura e l’uomo hanno generato nel passato.Seppure non manchi di manifestarsi con decisa autorevolezza, la chiesa resta contenuta entro lo sdoppiarsi del volume che sembra, nel profilo esterno, raggiungere una sorta di smagrimento nella massa costruita, rendendola più agile. Così, malgrado le pareti piene dove i mattoni si allineano in corsi orizzontali di ordinata tessitura e il forte radicamento nella terra dovuto al dilatarsi dell’edificio nella parte basamentale, l’architettura parla il linguaggio dello slancio e del dinamismo. La forma la stacca decisamente da quanto l’attornia, ma non vi si contrappone. La facciata laterale, a triangolo, trova una sintesi tra lo sviluppo longitudinale tipico della basilica e quello verticale proprio del campanile, mentre la scala che caratterizza il piano inclinato lascia intravedere la fenditura che l’attraversa, rendendo il volume amico della luce.Progetto: Arch. Mario Botta, Lugano
Committente: Parrocchia Arcipretura Santa Maria Bambina
Direzione dei lavori: Arch. Mario Maschi
Collaboratori: Arch. Giorgio Tenti (Resp. sicurezza), Ing. Massimo Dragoni (strutture)
Acustica e sonorizzazione: Dr. Donato Masci, Ing. Fabrizio Giovannozzi
Artista: Sandro Chia
Arredi in legno: Caloi Industria, Susegana (Treviso)
Foto: Enrico CanoIn realtà il campanile o, meglio, il castello delle campane, è raccolto sul basso cilindro del battistero: una presenza lieve, eterea quanto il suono dolce dei vespri, così consono al paesaggio toscano. La parte inferiore dell’edificio è ricoperta da un tetto piano che si dilata con movenza protettiva verso i lati: un gesto di accoglienza che riporta l’energico slancio alla dimensione domestica e facilita l’ingresso nell’aula.
Qui, subito la duplice abside impressiona, stupisce. È una soluzione che Botta ha già sperimentato nella chiesa di Seriate, ma qui si dilata nelle dimensioni sino a includere tutto lo spazio dell’aula, a divenirne l’elemento caratteristico.
Tale è l’imponenza di queste due absidi, che esse rischiano di dividere lo spazio in due, dando luogo a due navate autonome, laddove la chiesa per natura propria è intrinsecamente unitaria. Ma il rischio è subito contrastato da una serie di aggiunte che riconducono a unitarietà il tutto.
In primo luogo, la vetrata centrale che sale verticale dietro l’altare e poi prosegue accompagnando il movimento a scendere della copertura verso la zona dell’ingresso: rimarca l’assialità dell’aula e con il vigore delle sue cromie e figure, firmate da Sandro Chia, la innerva presentandosi come colonna vertebrale che non solo tiene unito, ma dà ragione d’essere a tutto il complesso: quel che da fuori si presentava come primario – il duplice volume stondato – all’interno diventa quasi accessorio: il nastro percorso da brani cromatici si pone come momento vincolante attorno al quale si raccoglie l’insieme.Come nella cappella del Monte Tamaro avveniva con l’elemento a ponte esterno, all’interno completato dalla figurazione di Enzo Cucchi. Non solo: a Terranuova, le due file di panche sono poste a spina di pesce lungo l’asse mediano, conferendo così a questo la forza di momento portante che incardina tutto lo spazio. Mentre l’altare, che si staglia con evidenza ma non con imponenza contro il nastro vetrato centrale, risalta come luogo di unione, punto che giustifica il tutto, cerniera che dà senso compiuto all’insieme.
Così, si può dire che le due absidi offrono un’occasione per dinamizzare l’ambiente presentando lo scenario su cui si innesta la forza del colore e delle figurazioni del nastro di luce col suo movimento ascendente e discendente che riconduce all’altare. L’area centrale non è più un corridoio di passaggio, ma il riferimento verso cui si orientano le due parti di quest’aula: un po’ come il tessuto connettivo centrale che dà unità ai due emisferi di cui si compone la massa cerebrale, il vuoto assiale mediano si pone come il luogo dove si svolge l’azione.
Così, paradossalmente, la grande dimensione delle due absidi rende tanto più evidente la centralità dell’altare. L’accuratezza del disegno completa l’ambiente nella sua articolazione liturgica: la croce di disarmante semplicità che si eleva oblunga come le figure di El Greco, simbolo di una dimensione “altra” che il mondo fisico non sa toccare; le panche, solide e piene, ordinate e curate nel dettaglio danno ordine e pienezza all’aula; le fenditure verticali nella parte bassa delle pareti rendono un ritmo lieve sulla superficie continua delle pareti.www.aeiperego.it
Fornitore ufficiale custodia di terra santaUn progetto prestigioso affidato all’architetto ticinese Mario Botta, uno dei progettisti più sensibili alla modulazione dello spazio sacro di questi anni, cui si devono alcune tra le più importanti chiese realizzate di recente.
L’ispirazione e il progetto si pongono in relazione con l’ambiente. Se la chiesa del Santo Volto di Torino ha mantenuto le connotazioni postindustriali delle ex acciaierie Fiat in cui è sorta, per la nuova chiesa di Santa Maria Nuova a Terranuova Bracciolini (Arezzo) sembra che l’Arch. Mario Botta abbia tratto ispirazione dal fascino della vicina Pieve Romanica di Gropina.
La chiesa di Santa Maria Nuova è caratterizzata da due enormi tetti gradonati che lasciano spazio a differenti letture: una trasposizione delle tavole della Legge o una sintesi di Antico e Nuovo Testamento.
Inoltre, la luce naturale, che traspare da vetrate inserite nelle alzate di ogni scalino, invadendo l’aula può dare la sensazione di una ‘scalinata’ che conduce all’Altissimo. Tra gli elementi di pregio di questa nuova opera ci sono sicuramente i banchi che riproducono fedelmente questo progetto storico dell’Arch. Mario Botta. Il banco è costruito da un insieme di listelli d’acero americano, intersecati e incrociati tra elementi orizzontali e verticali. I fori quadrati, unitamente alla tonalità evanescente dell’essenza, smaterializzano la struttura con continui giochi di luce e trasparenze.
Per questa opera di altissima falegnameria la committenza ha scelto di affidarsi alla CALOI INDUSTRIA di San Vendemiano (Treviso). Le garanzie
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