DOMENICO MANCUSO – RESTAURO – PROGETTO VINCITORE

L’idea di recuperare l’area ex Montecatini a Milazzo nasce come risposta ad un’esigenza sentita da una popolazione costretta a convivere da tempo con un grande vuoto urbano caratterizzato da forte degrado.
Le origini di questa condizione vanno ricercate nella particolarità del territorio di Milazzo, che si presenta come una città “tripartita”, ovvero divisa in promontorio, città bassa e la cosiddetta “piana di Milazzo”.
Nato con una vocazione agricola e modificatosi nella seconda metà dell’ottocento quando, con lo sviluppo del settore industriale, nacquero il primo sistema ferroviario locale e il polo industriale della Montecatini, oggi il territorio di Milazzo è notevolmente cambiato.
La linea ferroviaria è stata trasferita con il conseguente abbandono degli edifici del vecchio parco ferroviario dismesso.
Stessa sorte è toccata all’area industriale della Montecatini, il cui consistente patrimonio immobiliare è ormai da decenni in disuso.
La Montecatini, nata nel 1901, produceva acido solforico e fertilizzanti chimici, ma con l’avvento di nuovi concimi e nuove tecnologie di produzione che rendevano gli impianti obsoleti, nel 1960 venne dismessa.
Nel 1998 l’intero comparto è stato vincolato come bene di valore etnoantropologico.
uesta tesi vuole conferire sia agli edifici del vecchio parco ferroviario che a quelli della fabbrica dismessa un ruolo nuovo, strategico rispetto alle prospettive di sviluppo del territorio.
L’idea è quella di restituire alla fabbrica il suo compito di produzione, stavolta non riferito a prodotti chimici, bensì ad un prodotto culturale.
Da fabbrica di concimi essa diviene fabbrica di cultura.
Il tutto viene inserito in un contesto più ampio che, recuperando il fil rouge del tracciato dismesso e rifacendosi alle esperienze delle greenways sorte lungo le vecchie linee ferrate, attraversa tutta la piana, divenendo occasione per un riequilibrio più generale del territorio.
Il percorso della tesi è piuttosto complesso ed è per questo motivo che è stata necessaria un’attenta analisi dell’area in esame, attraverso la diagnosi dello stato di fatto e l’elaborazione di un quadro esigenziale di riferimento.
Nonostante il crollo delle parti lignee delle coperture di gran parte degli edifici dismessi della Montecatini, molti corpi di fabbrica appaiono ancora di notevole pregio storico-architettonico.L’approccio metodologico utilizzato per elaborare la tesi si può riassumere in 3 fasi. Il rilievo del patrimonio edilizio ha permesso di riconoscere i caratteri tipologici degli edifici e di studiare i sistemi costruttivi.
La prediagnosi e la diagnosi hanno permesso di individuare alcuni degli interventi necessari per garantire l’affidabilità degli edifici esistenti.
La costruzione del quadro esigenziale ha costituito infine l’intelaiatura su cui definire in maniera puntuale le prestazioni da garantire.
Una delle peculiarità legate alla rifunzionalizzazione dell’area è quella di presentare delle direttrici che rievocano l’immagine dei segni presenti sul territorio, come i tracciati stradali che solcano la piana aprendosi a ventaglio ed il tessuto agricolo che si distribuisce a pettine lungo questi.
Allo stesso modo, anche le linee del mastreplan si aprono a ventaglio convergendo nel punto in cui si trova una vecchia torre dell’acqua ed i vari edifici dell’ex Montecatini si distribuiscono a pettine lungo gli assi stradali.
Tutti questi elementi sono adagiati su un gioco di piani che collegano le varie parti di tessuto urbano tra di loro e con il mare.
Avvicinandosi progressivamente alla fabbrica, l’utente si ritrova in un grande parco urbano.
Tutti gli edifici ad un piano, un tempo coperti con capriate in legno sono stati recuperati ripristinando le coperture e prevedendo al loro interno funzioni diverse che non solo rispondono alle esigenze del luogo quali circolo socio-culturale, sala conferenze, biblioteca, sala espositiva, bar, ristorante, ma anche a quelle annesse al teatro quali camerini, sala trucco, costumi, ballo, hall e soprattutto il grande “museo della fabbrica”.
È proprio nell’edificio, che a piano terra ospita il museo, e che un tempo era il cuore della fabbrica di concimi, che si sviluppa, nei piani superiori, l’imponente teatro da 800 posti.Lo sforzo progettuale si è focalizzato non solo sulla volontà di realizzare una struttura indipendente dal punto di vista statico, in cui la cortina muraria esistente, ormai priva di copertura, facesse da involucro al nuovo, senza perdere mai di vista l’obiettivo di conservare e poter fruire l’antico, ma anche e soprattutto sul concetto di un riuso degli input funzionali provenienti dallo studio del processo produttivo che avveniva all’interno delle camere di piombo.
Proprio questo è stato il filo conduttore nella distribuzione delle funzioni all’interno dell’edificio, facendo in modo che il visitatore ripercorresse idealmente gli spazi del processo produttivo.
Ed è in questa logica che il volume che ospitava le torri per il recupero degli ossidi di azoto provenienti dall’ultima camera di piombo oggi vuole accogliere le scale e gli ascensori panoramici, elementi di distribuzione verticale.
Analogamente, la gabbia strutturale del teatro, elemento principale del parco, poggia su una piastra retta da pilastri in acciaio così come le camere di piombo, nucleo del processo produttivo, poggiavano sui setti murari ancora oggi esistenti.
’involucro del teatro che svetta oltre l’altezza dei muri esistenti, con la precisa volontà di apparire prepotentemente anche ad un osservatore lontano, ben si rapporta con l’esistente grazie all’uso di materiali quali il vetro sabbiato e l’acciaio.
Tali aspetti tecnici sono stati presi in considerazione in fase di disegno esecutivo, in quanto la soluzione progettuale vuole dare carattere di unitarietà agli interventi nell’intero complesso e salvaguardare quanto più fedelmente possibile l’architettura originaria.

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