Diocesi di SusaIl dibattito sul rinnovamento della cattedraleDon Gianluca PopollaDiocesi di Reggio Emilia e GuastallaIl “Lavoro di dissodamento”

 

 

Diocesi di Susa
Il dibattito sul rinnovamento della cattedrale

Sabato 21 ottobre si è svolto presso la basilica di San Giusto, Cattedrale di Susa, un convegno dal titolo “La Basilica di San Giusto – La memoria ritrovata”. Scopo dell’incontro è stato presentare quanto emerso nel corso dei restauri che da anni interessano la basilica. Don Renzo Savarino ha illustrato il modo di pensare nel sec. XI. Luisella Pejrani ha commentato i risultati della campagna di scavi svolta in alcune cappelle laterali. Giuseppe Carità e Carlo Tosco hanno tratteggiato la storia architettonica dell’edificio. Susanna Slines e Claudio Bertolotto hanno compiuto una lettura critica dei numerosi cicli pittorici scoperti. Giovanni Romano ha esaminato alcuni esempi di scultura lapidea, il più importante dei quali è l’altare di Pietro di Lione (sec. XII). Guido Gentile ha proposto una ricomposizione dell’antico arredo del presbiterio, costituito dal coro monastico e dal tramezzo antistante. Michele Ruffino ha parlato dei risultati delle indagini scientifiche e dei criteri tecnici che hanno guidato le diverse fasi del restauro. Mons. Giancarlo Santi, Direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Conferenza Episcopale Italiana, ha proposto una riflessione sulla cattedrale come vivo luogo di incontro e di crescita spirituale e culturale. Don Gianluca Popolla, Direttore del Centro Culturale Diocesano di Susa, ha spiegato a CHIESA OGGI architettura e comunicazione in che modo l’Ufficio da lui diretto segue l’evolversi dell’intervento sulla cattedrale. Quali sono state le principale attività espletate dal Suo ufficio negli ultimi anni? Nel 1990 abbiamo cominciato i lavori di restauro sulla Cattedrale: un’opera di non piccole dimensioni che ci ha portati a conoscere più a fondo la nostra basilica e in particolare ci ha permesso di ritrovare i colori originali dell’edificio. Nella facciata abbiamo ritrovato il bianco di cui era intonacata la parete, il gioco di archetti in cotto e sotto questi gli inconsueti affreschi esterni, con figure zoomorfe e decorazioni a fogliame. Verrà affrontato il rinnovamento dello spazio liturgico? Stiamo affrontando ora questo tema. Non c’è un progetto: questo emergerà dalle discussioni in corso. Nel presbiterio vi è un coro ligneo del ‘300 che nel ‘700 venne collocato dietro l’altare maggiore, dove tuttora si trova, non visibile dall’aula. L’intervento dovrebbe mirare a rendere nuovamente visibile e fruibile il coro ligneo, a rendere accessibile la cripta con le sepolture dei vescovi e a risolvere al meglio il problema della collocazione dell’altare. Quello settecentesco oggi in uso dovrebbe essere collocato altrove, mentre dovremmo recuperare come centro focale dello spazio celebrativo l’altare in marmo bianco che risale al XII secolo, attribuito allo stesso autore del portale dello zodiaco della Sacra di San Michele, attualmente giacente nella sacrestia.

Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla
Il “lavoro di dissodamento

L ‘Ufficio Diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici di Reggio Emilia e Guastalla nasce all’indomani della Ruini Veltroni, inizialmente come organo di dialogo tra le Soprintendenze e la Diocesi. I suoi compiti sono andati meglio definendosi fin dai primi mesi di attività e attualmente è ben chiara la fisionomia pastorale di questo ufficio, chiamato anche ad animare e coordinare la ricerca della bellezza teologica quale manifestazione ecclesiale. La storia del nostro ufficio si confonde un po’ con quella degli analoghi uffici nati parallelamente in altre Diocesi italiane: diffidenza iniziale da parte di alcuni funzionari di Soprintendenza, perplessità (o sconcerto in alcuni casi) da parte del clero, un procedere per tentativi in mancanza di una vera strategia di azione. Eppure ritengo che la nascita degli Uffici Diocesani per i Beni Culturali in Italia sia un segno (e di ‘segni’ la Chiesa dovrebbe essere sommamente esperta!) di una particolare e rinnovata attenzione a un settore (quello della trasmissione di verità e di valori attraverso immagini “iconiche” e/o “aniconiche”), affatto marginale, dell’annuncio della ‘buona Notizia’ del ‘Bel Pastore’. E’ felice occasione coinvolgere, insieme all’architetto, un artista nella costruzione di una nuova chiesa, non perché la decori, quasi ‘appiccicando’ dall’esterno in maniera ‘superficiale’, estrinseca, una serie di oggetti, ma perché dal dialogo, anche dialettico, tra progettista, artista e committenza teologicamente formata, nascano “segni e simboli delle realtà superne” (SC 122). Come ufficio stiamo at-tualmente cercando, non senza fatica, di portare l’attenzione di quanti operano per la co-struzione o l’adeguamento di spazi ecclesiali particolarmente su alcuni poli celebrativi. Se, almeno in teoria, sembrerebbe più facile proporre alcune riflessioni sull’altare, o sul fonte battesimale, solo per citare alcuni fuochi liturgici, ci siamo resi conto della difficoltà (soprattutto da parte del clero) di rivedere il consolidato, e sclerotizzato, concetto di ambone. Generalmente sembra che noi si sia piuttosto schiavi di una liturgia poco dinamica “fisicamente” (ché è comodo “far tutto” all’altare ). Non siamo meno imbrigliati “concettualmente”: l’edificio ecclesiale è poco letto quale “icona” della Comunità; l’altare, più che essere inteso come segno di “Cristo pietra fondante”, è spesso considerato banalmente un “tavolo”, magari riutilizzando un antico tavolo da pranzo; le preziose immagini non sono “sacramentali”, ma opere di grandi artisti; peggio ancora: chi riflette sulla iconicità e sui “progetti iconografici”, abituati come siamo ad avere chiese che sanno di poco pur essendo ingolfate di tutto? In questo contesto non è facilmente proponibile un cambio di prospettiva. Non perché non si sia recettivi, quanto piuttosto perché sembrano radicati certi preconcetti ancora ancorati ad una prassi liturgica che non si è del tutto imbevuta delle istanze ecclesiologiche del Vaticano II. Non senza timidezza, non senza timori, non senza sottili resistenze da parte degli interlocutori, abbiamo tentato nelle ultime due chiese nuove costruite in Reggio Emilia e a Sassuolo di proporre, di sollecitare, di indirizzare l’attenzione del progettista, possibilmente coinvolgendo un artista, sul concetto di ambone come “icona del santo sepolcro”. L’angelo ne rotolò la pietra e stava lì, poi, ad annunciare la resurrezione del Signore alle donne “mirrofore” (Germano di Costantinopoli). E in questa operazione, ripeto a volte dialettica, si invitava tanto chi nelle parrocchie dovrà valorizzare quel “simbolo delle realtà superne”, quanto chi era stato deputato a realizzarlo, a riflettere sul pontile del duomo modenese, il cui schema architettonico caratterizzava anche la cattedrale reggiana fino al XVI secolo. I vari soggetti interessati sono stati invitati a considerare l’ambone non come parte di un ‘arredo’, ma come un vero fuoco liturgico, come “monumento”, come “immagine spaziale del giorno glorioso della resurrezione”, analogamente alla domenica che del giorno del Signore è immagine temporale. Dell’ambone (luogo dell’annuncio) è stato sottolineato il legame con lo spazio dell’assemblea (luogo “della Parola”) più che con lo spazio presbiterale; il suo rapporto con il sepolcro di Cristo in un giardino allusivo al giardino paradisiaco; l’unicità al pari dell’altare e della sede; e, in particolare, l’altezza che lo caratterizza come “la montagna su cui sale colui che reca liete notizie in Sion” (cfr. Is 40), come luogo alto da cui aspettarsi l’aiuto (Sal 121) come “i tetti” dai quali predicare l’evento di Cristo (cfr. Mt 10). Così, volendo conoscere e dialogare con quanti operano sul territorio nei campi dell’ar te e dell’architettura, in obbedienza agli insegnamenti del Concilio (SC 127), la Diocesi ha promosso un ciclo di incontri che mirano ad “introdurre nella cella segreta” (Paolo VI), quanti desiderano ricostruire, a diversi livelli, il dialogo bimillenario tra il messaggio cristiano e le sue “epifanie sensibili”. Parte degli incontri avrà come tema proprio l’ambone, in sintonia anche con la lettera pastorale del Vescovo che pone quest’anno a centro della riflessione diocesana proprio la Parola.

Don Tiziano Ghirelli,
Direttore, Ufficio Diocesano per i Beni Culturali, Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla

 

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