Così rinasce Pomposa

IL MUSEO DELL’ABBAZIA
L’abbazia di Pomposa, frutto della spiritualità e dell’attività benedettina, conobbe il suo periodo di massimo splendore e di maggior potenza nella prima metà del secolo XI, con l’Abate Guido. Nel corso del secolo XX l’Ufficio Regionale per la conservazione dei Monumenti – poi Soprintendenza – l’ha riscattata dalla decadenza in cui era caduta.


Gli spazi verdi di pertinenza sono stati rivisti con l’occasione del restauro portato a termine per il Giubileo del 2000. In questa pagina, in alto: vista prospettica del complesso nel 1802 (Gaetano Frizzi, Archivio di Stato di Ferrara). L’edificio raffigurato in primo piano è il Palazzo della Ragione, oggi ristrutturato e adibito all’accoglienza dei visitatori. A lato: il Museo Pomposiano, nell’ex refettorio dei monaci. A destra, alcuni degli oggetti esposti: (da sinistra) capitello binato, proveniente dal chiostro del XII secolo; capitello bizantino rilavorato come acquasantiera (VI sec.); frammento di fregio con grifo.

Un insediamento benedettino era presente nella “Insula Pomposia” già nel secolo VI-VII. Se alla fine del secolo X essa è sotto l’egida del monastero di San Salvatore di Pavia, grazie al suo sviluppo economico nei primi decenni del secolo XI acquisisce la piena autonomia. Pomposa è situata, vicina a Ferrara, su quella che era la Via Romea, collegamento tra Roma e l’Europa nord orientale. Il suo territorio un tempo era una vera e propria “isola” tra due rami del Po. Nel 1152 lo sconvolgimento idrogeologico causato dalla rottura degli argini portarono allo spostamento verso nord del ramo principale del fiume e al conseguente saldarsi alla terraferma di quella che era stata un’isola. Dopo il periodo di grande splendore del secolo XI, cominciò la decadenza per Pomposa, che nella prima metà del ‘400 venne trasformata in Commenda e a metà del ‘500 affidata al convento di San Benedetto di Ferrara, fino alla soppressione avvenuta nel 1663. Quando venne “privatizzata” mediante asta pubblica nel 1802, Pomposa era ormai abbandonata e in piena decadenza. Dopo la costituzione dell’Italia unita, le bonifiche realizzate nelle zone paludose della regione, riportarono l’attenzione di storici e cultori dell’arte su questo monumento. «È agli anni 1920-21 che risale l’inizio di una sistematica campagna di lavori volti alla conservazione e al recupero delle parti crollate del convento e ai restauri della chiesa» scrive Anna Maria Iannucci, Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici delle province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini, nell’introduzione alla “Guida all’Abbazia e al Museo di Pomposa”, pubblicata, a cura di Carla Di Francesco – oggi Soprintendente a Milano – dal Museo Pomposiano. La lunga opera di restauro cominciò quando Pomposa venne dichiarata monumento nazionale e quindi espropriata. «Dopo il breve momento di “conservazione a rudere” del crollato palazzo della Ragione ad opera di Ambrogio Annoni – scrive Anna Maria Iannucci – tocca a Luigi Corsini progettare e realizzare restauri e ripristini che, conclusisi nel 1931, ci restituiscono il Monumento Pomposa nella configurazione attuale: nella chiesa l’atrio viene sottoposto a ricomposizione, la cripta ricostruita, restaurati il pavimento e gli affreschi; mentre il refettorio riacquista la perduta copertura e le dimensioni trecentesche, il palazzo della Ragione viene quasi per intero ricostruito.»


Dall’alto: affresco della parete est del Refettorio: al centro la Deesis, a sinistra l’Ultima Cena, a destra il Miracolo di S. Guido. L’Ultima Cena, raffigurata attorno a un tavolo rotondo. Di spalle, contrapposto a Cristo e con l’aureola nera, è collocato Giuda. La Deesis (Cristo in trono benedicente tra Santi) che nella ieraticità delle figure è rappresentata secondo modi bizantineggianti.
Nella foto a destra: pilastrino angolare del chiostro.

Nei decenni successivi, soprattutto negli anni sessanta e settanta, si porta avanti la manutenzione dei corpi di fabbrica e degli affreschi. Gino Pavan nel 1977 realizza il Museo Pomposiano nell’antico dormitorio dei monaci, rinnovando studi e attenzione per il complesso abbaziale. In epoca più recente la conservazione del monumento è stata finalizzata anche a favorirne la fruizione pubblica. Nel corso degli ultimi dieci anni la sala delle Stilate è stata posta in condizione di ospitare mostre, conferenze, concerti. È stato completato il restauro degli affreschi del Capitolo e il recupero del Refettorio. I più recenti restauri, portati a termine nell’occasione del Giubileo del 2000, hanno dato maggior attenzione al rapporto col visitatore. All’ospitalità è stato riservato il Palazzo della Ragione, nel quale trova posto anche un bookshope un posto di ristoro. Il percorso di visita è stato riorganizzato e nuova attenzione è stata riservata agli spazi verdi esterni, che sono diventati un vero e proprio parco di ingresso all’abbazia. Il Museo Pomposiano trova posto nell’ex refettorio dei monaci, al piano superiore nell’edificio che definisce il chiostro. «Il Museo venne istituito nel 1977 – scrive Carla Di Francesco – allo scopo di raccogliere con ragionato allestimento i numerosi oggetti d’arte fino ad allora depositati senza ordine in diversi luoghi di Pomposa. La raccolta si compone di materiali eterogenei compresi in un arco cronologico che dal VI secolo si spinge fino al XIX, provenienti da scavi archeologici, restauri o ritrovamenti riconducibili alla storia del complesso abbaziale». Proprio di fronte all’ingresso del museo sono collocati due plutei pertinenti alla chiesa dell’XI secolo, che raffigurano animali mitologici. Il museo raccoglie anche tutti gli affreschi staccati dalle pareti del complesso nel periodo 1960-63 e restaurati, tra i quali la Battaglia dei Maccabei e numerosi frammenti architettonici.

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