Convegno “Il Sagrato e la Piazza”a Milano

La riqualificazione della scena urbana

Il Sagrato e la Piazza sono da sempre i luoghi centrali nell’abitato. Spazi aperti ma altamente qualificati e definiti sotto il profilo sociale ma anche architettonico. Ne hanno parlato in un incontro interdisciplinare, teologi, liturgisti, esponenti di associazioni professionali e di categoria. L’incontro ha permesso di puntualizzare le più diverse tematiche afferenti al sagrato.

Il grande salone napoleonico del Circolo della Stampa, in palazzo Serbelloni a Milano, era gremita, mercoledì 16 febbraio 2005. Un pubblico composto in prevalenza da professionisti – ingegneri e architetti – ha seguito le presentazioni che hanno composto un complesso mosaico di informazioni, opinioni, analisi, lezioni magistrali… Il convegno, dal titolo "Il Sagrato e la Piazza – la riqualificazione della scena urbana e il recupero della memoria" è stato
promosso dall’Ente Sviluppo Porfido del Trentino con il patrocinio del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti di Milano e della Confedertecnica, in collaborazione con CHIESA OGGI architettura e comunicazione. Al centro dell’attenzione, il problema del sagrato, in tutte le sue molteplici sfaccettature. Sembrava dimenticato, oppresso dalla confusione
imperante nella città contemporanea. Ma l’iniziativa del Primo Premio Nazionale di Idee di Architettura "I Sagrati d’Italia" lo ha riportato alla ribalta, coinvolgendo forze sempre più vaste. Il convegno di Milano è stata una chiara dimostrazione di quanto questo impulso possa procedere e dare frutti.

Piazza del Popolo a Corbetta (Milano).
Foto tratta dal volume “Piazze in Lombardia”, autori Piero Orlandi e Guido Gerosa, Edizioni CELIP, Milano.

 

«Siete tutti invitati alla premiazione di questo primo, grande Premio Nazionale di Idee di Architettura, svoltosi interamente tramite sistemi elettronici – ha esordito l’Arch. Gjlla Giani, Direttore Restauro e Patrimonio Culturale della rivista CHIESA OGGI architettura e comunicazione, che del convegno è stata il moderatore – La cerimonia avrà luogo
in uno dei più importanti palazzi vaticani il 28 marzo. Si svolgerà infatti nella Sala del Vasari nel palazzo della Cancelleria a Roma. E sarà un evento memorabile, emblematico di un momento cruciale come quello attuale, quando l’architettura è chiamata a dare un nuovo impulso alla crescita qualitativa della città, a promuovere un nuovo incontro tra società civile e Chiesa». «E’ il più architettonico degli interventi di ingegneria » ha sottolineato l’Ing. Adolfo Colombo, Presidente del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti di Milano. E ha spiegato: nel disegno urbano, come
diceva Gio Ponti, vive un’antitesi profonda, quella tra il progetto e il caos. Nel sagrato «Si trova molto del nuovo modo di concepire la città: che è anche antico, e ci viene dalla storia. Perché il sagrato è il terminale della funzione religiosa, ma anche della vita civica». La piazza è luogo allo stesso tempo disegnato e completo, ma anche aperto alla trasformazione. Pur se è completamente definita dalla presenza degli edifici vicini, la piazza si modifica nei diversi momenti del giorno, a seconda della vita che vi si svolge. In particolare sul sagrato si incontrano l’architettura e la complessità della società, il presente e il passato, la cultura contemporanea e la memoria della tradizione classica.
Il concetto esposto dall’Ing. Colombo ha messo in luce del sagrato la centralità nella vita civile, la sua importanza sostanziale. A questa impostazione del tema si è unito l’Arch. Carlo Daniele, Presidente della Confedertecnica, che ha notato come nel segno del sagrato si realizza la capacità di intesa. La folta delegazione trentina presente all’incontro,
ha apportato una nota di concretezza, all’ampio dialogo che è seguito.

Il Dott. Gianluca Salvatori, Assessore alla Programmazione, Ricerca e Innovazione della Provincia Autonoma di Trento, Renzo Odorizzi, Presidente dell’Ente Sviluppo Porfido del Trentino, il Dott. Stefano Tomasi, Direttore dell’Ente Sviluppo Porfido del Trentino e il Dott. Mario Angheben, Responsabile Marchio Volontario di Qualità dell’e.s.PO. hanno rappresentato con impeccacbile precisione la vocazione a valorizzare con la tecnologia dell’oggi un materiale di sempre: la più antica tra le pietre. La più duratura, la più naturalmente adatta a costituire pavimentazioni policrome che parlano dell’eternità. S’è visto nei loro interventi come l’impegno tecnologico vada a braccetto con il successo commerciale, grazie all’impegno delle associazioni e di un’amministrazione capace veramente di "fare sistema". Così che il porfido, che ben si addice alla realizzazione dei sagrati, diventa qualcosa più di un semplice materiale: l’espressione di una capacità imprenditoriale che contraddistingue una regione attivissima sui mercati, capace di valorizzare al meglio le proprie risorse. La messe di informazioni e dati su questi argomenti è consultabile anche nel sito <www.porfido.it>. Oltre alle caratteristiche tecniche del materiale e alle notizie attinenti alla certificazione di qualità del medesimo, vi si trovano gli annunci relativi alle numerose iniziative che sorgono dall’attivismo trentino, quali un premio di achitettura organizzato con la Facoltà di Architettura di Ferrara, i dati tecnici sul materiale stesso, informazioni sulle scuole professionali per coloro che saranno preposti alla delicata operazione della posa delle pavimentazioni. Che sono "tappeti di pietra", secondo la bella definizione data dal Dott. Angheben, che oltre a raccontare la storia del porfido, vecchia di milioni di
anni, e a specificarne le qualità, ha spiegato come dal Trentino questa pietra sia esportata in tutti i continenti, a dimostrazione del grande apprezzamento che riscuote, grazie alla sua naturale divisibilità e alla naturale ruvidità delle sue superfici, che la rendono adatta alla realizzazione di pavimentazioni naturalmente antiscivolo, senza necessità di ulteriori trattamenti. Alla concretezza della delegazione trentina, ha fatto riscontro l’approccio teorico e teologico al sagrato esposto negli interventi di Mons. Giuseppe Arosio, Direttore Emerito Ufficio Nuove Chiese dell’Arcidiocesi di Milano, del Rev. Prof. Carlo Chenis, Segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, di Mons. Ambrogio Malacarne, Direttore Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Trento, del Prof. Marcello Balzani, Docente di Rilievo Urbano e Ambientale all’Università degli Studi di Ferrara, Dipartimento di Architettura, e di Fra’ Giacomo Grasso, O.P. teologo della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino di Roma. La materia, che col porfido si era vista prendere la forma di molti sagrati storici e moderni del Trentino, ha messo così le ali e s’è compreso come le potenzialità dell’architettura siano portate a compimento grazie all’azione di chi riempie di significato un luogo fondamentale come il sagrato. Mons. Giuseppe Arosio ha affrontato del tema della "profanità" della piazza: in epoca precristiana vista come totalmente separata dal luogo chiuso del "tempio" (pro fanum, vuol dire appunto "di fronte al tempio", fuori di esso, quindi decisamente e irrimediabilmente separato dal luogo sacro, come se la società civile e il luogo di culto fossero due realtà totalmente divise). «Il cristianesimo invece – ha insistito Arosio – ha aperto le porte del tempio e dichiarato sacro il luogo antistante.

Presiede il Convegno l’Architetto Gjlla Giani, dall’alto gli oratori, da sinistra: Fra’ Giacomo Grasso, Mons.Ambrogio Malacarne, Mons. Giuseppe Arosio, Don Carlo Chenis; il pubblico presente al Convegno; veduta generale del tavolo degli oratori.

Ma al tempo stesso lo ha reso aperto e disponibile. E sono cadute le barriere». Avendo seguito la realizzazione di oltre cinquanta chiese nuove nella diocesi di Milano, una delle maggiori del mondo, Mons. Arosio avrebbe potuto parlare a lungo dei sagrati contemporanei e di come siano realizzati. Il Prof. Carlo Chenis ha formulato l’elogio dell’architettura: tra le principali maestre di vita, poiché conforma lo spazio che accoglie il neonato e gli comunica uno dei primi e maggiori concetti: quello della differenza tra luogo aperto e luogo chiuso: «L’architettura ci abitua al limite, ma anche alle sue potenzialità – ha spiegato Chenis – così che vi possiamo recuperare la cognizione delle diverse cose da fare e da vedere». D’altro canto, se la città fosse tutta uguale, formata da una architettura ripetitiva, nell’uniformità dello spazio si perderebbe la nozione di tempo. Di qui l’importanza della differenziazione spaziale dell’ordito urbano, del distinguersi di luoghi pubblici e privati. In questo ordine variato che ritma lo spazio della città, il sagrato occupa un posto speciale. La domanda religiosa non è privata, bensì è pubblica ed ecco che il sagrato risponde alla laicità così come alla religiosità. Il luogo aperto permette l’identificazione della chiesa, cioè del costruito, e allo stesso tempo si apre al concorso del pubblico, di ogni provenienza. E’ così luogo specifico, ambito della differenza, segno importante, ma anche spazio dell’incontro possibile. Mons. Ambrogio Malacarne ha posto in evidenza come nel contesto «caotico delle nostre città, l’edificio chiesa dovrebbe, anche da un punto di vista della simbologia, dichiarare all’esterno le sue caratteristiche, senza rischiare di confondersi… Esso deve essere riconoscibile come luogo santo, perché non solo al suo interno si celebra il mistero della salvezza, ma anche perché le persone che lo frequentano dovrebbero essere in tensione verso la meta della santità…». Il Prof. Marcello Balzani ha posto in luce l’esperienza differente dello spazio orizzontalmente definito, da quella del "muro" con la sua netta capacità di separare. Nella continuità differenziata dall’orizzontalità si individuano tracciati, percorsi, limiti e aree articolate, pur solo con un segno sulla pavimentazione, in certi casi con variazioni altimetriche.

(Le foto del servizio sono state pubblicate per gentile concessione dell’Archivio E.S.PO. Ente Sviluppo Porfido
– diritti Studio Boldrin, Bolzano).

Pur senza rendersene totalmente conto, chi cammina è influenzato e in certo modo determinato dal disegno, naturale o, il più delle volte, realizzato artificialmente, della pavimentazione. Non a caso nell’antichità la differenza, il "limite", era tracciata solo con un solco in terra. E all’interno dello spazio "separato", cioè "sacro", altri segni individuavano percorsi che accompagnavano i riti. Oggi la memoria di questi segni resta nella ricerca dell’ornamentazione pavimentale. Che, per quanto spesso non notata, è ancora significativa delle potenzialità evocatrici che hanno i segni, in particolare quelli che individuano percorsi e tracciano distinzioni. Nel suo intervento a conclusione dell’incontro, il teologo Frà Giacomo Grasso ha riassunto il significato del sagrato per i nostri giorni: «E’ caduto il muro di divisione. In Cristo e nella Chiesa che è "il Cristo diffuso e comunicato" (J.B. Bossuet, vescovo francese tra XVII e XVIII secolo), tutti, tutti, formano un solo uomo nella pace che è pienezza di vita.
«Quindi anche l’edificio chiesa che è tenue, ma verace segno della Chiesa, tempio fatto di pietre vive (cfr. 1 Pt 2, 5), vede distrutto il muro di divisione,
ed è luogo di quella accoglienza che è già eucaristia, rendimento di grazie, e provoca pace; è luogo di ascolto della Parola degli Apostoli e dei Profeti, ed è anche essa eucaristia; è luogo del memoriale della Croce, eucaristia per eccellenza; è luogo di comunione, si nutre dell’eucaristia; è luogo di missione. Si inviati per annunciare e rendere densa l’evangelizzazione che si fa eucaristia». Dalla materia allo spirito: il convegno ha esaminato sotto i diversi aspetti questo luogo dove si ricapitola la città, quando questa sa parlare di solidarietà, di
incontro, di autentica umanità. Quando sa alzare gli occhi al cielo e sfuggire alle lusinghe dell’effimero. Quando sa costruire non solo per il presente, ma anche per il futuro, qualcosa di solido e duraturo: come il Porfido del Trentino.

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