COLLEZIONI… E TANTI COLORI


Scenografia neutra per collezioni e oggetti di design.

Servizio di Maria Luisa Bonivento
Foto Marco Craig

Con che criteri avete arredato questa casa?
Secondo noi doveva essere una casa non disegnata, senza colori, quasi senza mobili per non subire la sorte di essere datata, per non obbligarci, schiavi della nostra professione, a cambiare frequentemente tutto per ovviare all’inesorabile invecchiamento del tempo. In realtà è diventata la casa più viva e spontanea che potevamo
immaginare: una casa piena di colori, dati dagli oggetti, non dai mobili; pareti bianche, pavimenti uniformi, perfino
gli stipiti delle porte finestre sono stati dipinti di verde per uniformarsi alla barriera di vegetazione sul balcone che
gira intorno a tutta la casa. In effetti, si ha l’impressione di essere in un appartamento che sia stato trasportato nel
bel mezzo di una foresta: da ogni finestra sembra penetrare una cortina di foglie che riflessi di luce frangono in vari toni di verde… L’ideale per noi sarebbe stata una casa trasparente, addirittura senza pareti. L’attrattiva di questo appartamento sta in tutte queste portefinestre che andavano messe in risalto e che comunque richiedevano una protezione dalla luce e dal sole: ecco quindi la barriera di vegetazione che costituisce la continuità tra interno e esterno, concetto irrinunciabile nella progettazione di una casa in città come in campagna o in montagna. Questa parete trasparente verde fa da cortina al di là degli infissi ed è sempre lì al suo posto.
Entrando in questa casa in dicembre si ha l’impressione di entrare in un altro mondo: il vigore della luce e la ricchezza del fogliame non cambiano.

Come vi siete regolati per il taglio degli ambienti?
È semplice: sui calpestio della casa abbiamo tolto gli spazi morti. Abbiamo agglomerato il tutto e
per rendere il più possibile fruibili tutti i luoghi, abbiamo abolito i lunghissimi odiosi corridoi, le zone
per la servitù, che erano separate e la zona notte. Non è un tipo di soluzione proponibile a tutti, perché
comporta zone passanti come quelle di un tempo che possono essere suggerite solo a fruitori
con determinate scelte di vita. Il progetto comunque di togliere gli spazi residui, di annullarli nel modo
più totale, comporta la conseguenza che la casa viene vissuta in un modo molto diretto, senza compartimenti
stagni. Qui anche la stanza degli ospiti è spazio aperto e viene chiusa solo quando è utilizzata
come tale.
La vostra casa è pensata come luogo di collezioni?
Lo è diventata naturalmente, nell’arco di venti o trent’anni. Alla base c’era un interesse molto vivo per
il ‘900, legato al nostro lavoro: abbiamo sempre girato per i mercati di tutto il mondo attratti dalle
cose più disparate, poi a poco a poco ci siamo affinati e abbiamo optato per le ceramiche, ma
abbiamo una curiosa collezione di quasi duecento campanelli da albergo e di cimeli di pubblicità
della Coca Cola.
Come è nata la vostra collezione di ammiccanti Signorine di ceramica Lenci?
Il punto di partenza è stata una collezione di ceramiche inglesi: una serie di brocche da acqua. Quindi
è nata la passione per le ceramiche della Secessione Viennese e poi per quelle francesi, per approdare
finalmente in Italia, incuriositi dalle collezioni Lenci in generale e dalla parte meno intellettuale: le
Signorine. La prima che abbiamo trovato di queste è stata "La signorina Grandi Firme".

In apertura di servizio: sul camino vasi di Sottsass per Memphis e per Artemide (bianco a righe nere), un Don Chisciotte e due bambini delle Manifatture Lenci; sul retro del camino, rivestito di piastrelle, Gabbianelli, risaltano la
scultura "Uomo sulla ruota" di Rod Dudley, noto rappresentante della Pop Art australiana, e un’oca di cartapesta.
Parte del soggiorno dedicata al pranzo; sul grande tavolo quadrato in faggio evaporato prodotto da De Padova, spiccano i due galli della Manifattura Lenci. La lampada è "Triennale" di Arredoluce e le sedie sono Thonet. Sulla
parete di fondo, la "Donna su cavallo" di Rod Dudley e un dipinto di Rosai.

In Edicola

Nel bagno, su carta acquistata all’Antique Market di Londra, fatta plastificare dai progettisti e usata come tappezzeria, si stagliano le lampade collezionate negli anni.
A lato, la scultura "Donnina capovolta" di Rod Dudley.
L’ampia cucina è unita – separata al resto della casa da una parete in vetrocemento di Faenza, F.lli Carro. Al tavolo,
Biagetti, sono abbinate le sedie "Box" di Enzo Mari, Zanotta. Elettrodomestici Miele e Bosch,incassati in strutture murarie rivestite con piastrelle, Cedit.

Biografia

VANNA BREGA, architetto
In coppia con il marito Gigi Bolzoni ha sviluppato un modo molto personale di progettare la casa. “Dal punto di vista tecnico – spiega l’architetto – la nostra caratteristica è forse trattare gli spazi interni come se fossero esterni: non esiste l’architettura fuori e il design dentro, che va peraltro destinato agli oggetti di uso comune.” Tra le tipologie abitative che trovano più interessanti c’è il loft, uno spazio con grandi potenzialità. “Qui – spiega ancora l’architetto – la superficie diventa volume. Non si è più su un piano geometrico con due assi cartesiani, ma c’è una terza dimensione da considerare: l’altezza.”

QUALITÀ DELL’INTERVENTO
Centralità del progetto: la realizzazione di una casa trasparente, una scatola neutra dove anche gli stipiti sono stati dipinti di verde per mimetizzarsi con le piante ubicate su un lunghissimo balcone che gira intorno alla casa.
Innovazione: l’eliminazione degli spazi morti per rendere fruibili tutti gli ambienti.
Uso dei materiali: pavimenti in Pitch pine (legno duro d’America) a listoni, posato su magatelli. In bagno “carta cielo”, acquistata a Londra e plastificata.
Le nuove tecnologie: vetrocemento per separare la cucina dal resto della casa.

Come mai una casa nel cuore di Brera?
Negli anni ’70 ritenevamo che questo quartiere rispettasse il contatto umano più di ogni altro: si usciva e sembrava di conoscere tutti. Non si può parlare di Bohème, ma era la zona più a dimensione umana della città, ed era inoltre abbastanza centrale da essere ideale per il nostro lavoro.

 

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