LA DIALETTICA DI MATERIALI E FORME

La chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Follonica è relativamente recente (1960), infatti il quartiere è nuovo e in forte espansione. Il complesso parrocchiale è stato concluso in questi anni, con chiesa e campanile che, pur nuovi, sono già inclusi fra i monumenti da visitare, accanto alla chiesa di San Leopoldo, con il suo originale frontone di ghisa.
Non solo la parrocchia, ma la stessa Follonica è relativamente giovane in quanto la sua data di nascita coincide con la costruzione delle Reali e Imperiali Fonderie volute da Leopoldo II di Toscana nel 1834. Prende il nome da Fullona, villaggio antico e punto di approdo probabilmente anche per gli etruschi, che furono maestri della siderurgia.
La copertura della chiesa è interamente realizzata da Habitat Legno (sede a Edolo, Brescia) con legno lamellare e la sua superficie, di circa 800 mq, si imposta su una pianta rettangolare con un lieve accenno alla croce tradizionale, con un’ampia abside e un’ansa laterale dove troverà sede il battistero.
L’impressione immediata è di essere all’interno di una grande nave. Sia la pianta della chiesa, sia il suo aspetto esterno sembrano condurre a una semplice geometria. Invece lo spazio interno è molto più complesso, sia per la curvatura degli intradossi delle travi a doppia pendenza, sia per il cambio di pendenza del colmo della navata che si alza in prossimità del transetto, dove le travi confluiscono generando un interessante punto focale, sopra l’altare. Anzi la curvatura dell’intradosso delle travi riporta alla memoria la cupola sopra la crociera.La possibilità di curvatura del legno è qui intelligentemente impiegata, poiché risolve i problemi sia strutturali, sia architettonici.
Le travi sono trattate e impregnate per la durabilità, ma non negano il colore chiaro dell’abete. Sullo stesso tono, paglierino, sono trattate anche le superfici murarie, e chiare sono anche le esili colonne che terminano con un interessante capitello su cui poggiano le travi portanti.
Le vetrate sono tenuemente dipinte, con colori pastello e la luce le attraversa, riflettendo sfumature nell’ambiente e immagini sulle pareti a seconda del tipo di luce, non solo solare, ma anche quella notturna e della piazza esterna.
Nella chiesa è dunque protagonista la luce. L’artista delle vetrate è suor Michelangela Ballan, architetto e scultrice delle Pie Discepole del Divin Maestro.
L’effetto d’insieme è di un chiarore diffuso.
Si potrebbe, usando un ossimoro, parlare di una penombra chiarissima! La luce ha in questa chiesa un ruolo dominante: d’altra parte la divinità si è manifestata a Paolo con un potente bagliore di luce. E anche l’esterno si impone per uno strano gioco di colori chiari, il bianco, il giallino e il verde del rame preinverdito, dunque a pastello, per una immagine di semplicità complessa! Insomma è difficile non essere coinvolti in continui rimandi. La monofora tamponata – o mai aperta – del campanile è quasi un preludio al gioco ossimorico e questa figura retorica trova nella modernità dei materiali e delle interpretazioni il suo contrario nell’altare di pietra dorata locale, maremmana e grezza, quasi una vera da pozzo che pesca negli inferi, si invera nel piano terreno mentre aspira al cielo. A ben pensarci, il legno ha in sé un ossimoro. Incarna la tradizione della modernità! O, che è lo stesso, la novità della tradizione!L’uomo fra il cielo e la terra

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