Chiesa di S.Lucia a Castelnuovo di Porto (Roma)

Come se fosse lì da sempre

Questo progetto di Eugenio Abruzzini è caratterizzato da una particolare attenzione all’intorno da borgo campestre nei pressi di Roma, alla significanza della forma, ispirata a un disegno che rispetta la tradizione e le necessità liturgiche. La presentiamo con due commenti, di Maria Antonietta Crippa e di Maria Giovanna Muzj.

Alla periferia di Roma, in un contesto e al servizio di una comunità i cui membri sono di origini eterogenee, l’architetto Eugenio Abruzzini ha costruito il complesso parrocchiale di Santa Lucia in Ponte Storto, che si aggiunge ai molti già da
lui conclusi felicemente nella sua lunga e laboriosa esperienza. Si tratta di un edificio semplice nelle forme e armonicamente connesso al luogo; vi si immerge come se fosse stato eretto secoli fa, anzi come se vi fosse da sempre. Si tratta inoltre di un complesso dal carattere domestico, che gli immigrati, da altre parti di Italia e dall’estero, e gli sfollati per varie ragioni da Roma possono immediatamente percepire come ospitale, luogo di facile incontro oltre che di convocazione per una unità e solidarietà che porti il sigillo del messaggio e del destino cristiano.

Il fronte si apre a semicerchio, ad abbracciare lo
spazio del sagrato che si prolunga nella pineta.
Le aperture a triangolo isoscele
caratterizzano con chiarezza la chiesa.

Il sito nel quale il nuovo complesso sorge, nel Comune di Castelnuovo di Porto, è suggestivo: in cima ad una collina naturale, disseminata di pini di alto fusto e di querce. Il centro parrocchiale si inserisce in un paesaggio campestre, costellato da basse case, come un casale dall’andamento planimetrico curvilineo, allungato sul pianoro tra due curve di livello del terreno. Il volume della chiesa, ben emergente ma senza scarti violenti, custodisce un invaso spaziale che
rielabora spazi ecclesiali tradizionali con sobrietà, accuratezza di esecuzione, attenzione ad ogni aspetto della vita liturgica e devozionale, secondo modi tipici dell’architetto che l’ha concepito, fedele e insieme rigoroso innovatore di una tradizione, costruttiva e liturgica al tempo stesso.

Nelle immagini: diversi prospetti mettono in evidenza l’inserimento accurato nel contesto.

Eugenio Abruzzini infatti è architetto dalla lunga esperienza in questo campo: ha progettato e realizzato molti complessi parrocchiali e molte chiese in varie parti d’Italia; ne ha sempre curato in prima persona ogni aspetto, fino al coordinamento tra complessivo assetto, spaziale e liturgico, e apparato iconografico. Ogni occasione progettuale ha chiamato in causa il suo profondo interesse per il tema, sempre affrontato con entusiasmo, persino giocosità e sicura capacità personale di rinnovare morfologie architettoniche tradizionali. L’intenzione in lui ormai matura e sperimentata di realizzare nobili e vivibili Domus Ecclesiae si è ogni volta concretizzata in percorsi attuativi nei quali non si segnalano mai stanchezze, cedimenti, incertezze nella definizione architettonica e liturgica.

Nella pianta si evidenziano i due ambiti,
quello dell’aula e quello dei servizi parrocchiali.

Anche nel complesso parrocchiale di Castelnuovo di Porto la schietta e franca semplicità dell’ideazione non si smentisce. L’intero progetto vive dell’intensa e antica storia della cristianizzazione del territorio, di Roma e dintorni. E della luminosità che dal cielo viene filtrata, come luce di Gerusalemme celeste, all’interno della chiesa. La Buona Novella è lanciata dunque con efficacia dalla collina, in un messaggio – concretizzato felicemente nella figura del tradizionale casale romano – ben consonante con il contesto. L’architettura e il suo messaggio si offrono di conseguenza come nuovo centro, perno dell’area campestre, che appare più espressione di corale intimità degli uomini con il loro Dio, che non di imponenza costruttiva. La chiesa infatti si offre con chiarezza come segno di presenza cristiana, ma senza arroganza, come affermazione di domestica, quotidiana e nobile vita di fede, tesa fra terra e cielo.

Prof. Maria Antonietta Crippa

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