Chiesa del Collegio Villa Maria a Santiago del CileIl vento dello Spirito

Tratto da:
Chiesa Oggi 46
Architettura e Comunicazione

CHIESA DEL COLLEGIO VILLA MARIA A SANTIAGO DEL CILE

In alto: sezione e pianta della chiesa. Questa si trova al primo piano del nuovo edificio che si innesta al corpo del collegio. Al piano terra sono ubicati gli uffici amministrativi del collegio. La sezione mette in risalto la struttura della copertura: piana all’esterno, all’interno controsoffittata a onda. Lo spazio sopra l’altare ha una copertura più alta a periscopio, così da garantire una maggiore illuminazione diurna sulla parete di fondo. La pianta è elaborata come un quarto di cerchio. La rampa di accesso parte da un sagrato coperto ed è prospiciente all’accesso al corpo del collegio. La rampa arriva in prossimità dell’asse mediano dell’aula, l’assemblea è disposta in due settori convergenti verso l’altare…

 


IL VENTO DELLO SPIRITO

La cappella di un collegio studentesco diventa un’occasione progettuale in cui la libertà espressiva si realizza in forme coinvolgenti, di grande impatto emotivo. Enrique Browne e Mario Pérez de Arce catturano il movimento delle nuvole e in esse aprono squarci di luce plasmata con impeto travolgente. Un’architettura in movimento.

Il campus di un collegio universitario, nella capitale cilena. L’edificio della residenza studentesca esiste da diversi anni: il nuovo intervento mira a valorizzare lo spazio rimasto libero. Si tratta di un lotto rettangolare nel quale l’edifico preesistente si estende con andamento a “L” lungo due lati, lasciando libero lo spiazzo centrale e gli altri due lati. L’intervento è consistito nell’attrezzare lo spazio libero: lungo una diagonale è stata posta una pista da corsa lunga 100 metri. Alle estremità dell’altra diagonale, e all’uno e all’altro capo dell’edificio a “L” del collegio, sono stati costruiti due nuovi edifici, uno dei quali ospita la palestra e l’altro gli uffici amministrativi, e sopra questi la cappella. Lo spazio di questa si presenta ricco di immaginazione, di colore, di luce. In pianta appare come un quarto di cerchio: il lato diritto verso la strada, il lato curvo verso lo spiazzo, l’altro lato innestato sull’edificio del collegio. Vi si accede con una rampa ad andamento ricurvo dallo spiazzo: in questo modo il luogo di culto si apre con gradualità agli occhi di chi vi si inoltra. La rampa si restringe nel salire, come fosse una strada che si inoltra su un colle misterioso: così l’ingresso nell’aula diventa una conquista. L’architettura è concepita in modo tale da presentarsi come spazio di liberazione: uno spazio autenticamente “altro”, inimmaginabile per contesti differenti, uno spazio ricco di individualità, di caratterizzazione, di significato. Alle linee di geometrica rigidità che compongono gli edifici all’esterno, l’interno dell’aula contrappone morbide e sinuose linee ondulate, all’apparenza prive di logica, che sembrano invitare al volo, alla danza, al movimento. Le onde che agitano le superfici delle pareti sembrano spinte da un vento poderoso ma non impetuoso, possente ma anche ricco di intenzionalità. Architettura e opera d’arte qui si fondono, lo spazio di per sé diventa pregno di allusioni ed è capace di trascinare con impeto emotivo che coinvolge prima ancora che si possa capire qual è il senso di quel movimento. L’effetto è ottenuto grazie a una controsoffittatura divisa in due settori che con ondulazione simile ma non uguale discende alquanto verso il luogo dell’altare. La luce penetra indirettamente dalle fenditure tra le due ali d’onda e tra queste e le pareti perimetrali. I muri sono pieni, solidi, densi. La luce spiovente dall’alto raccoglie l’energia della materia e fa risaltare la nuda corposità delle superfici. Chi sale la rampa ed entra vede anzitutto una croce alla parete: un giallo luminoso contro il grigio di pietra del muro. Una croce che in sé condensa il senso del percorso: un segno che spiega con forza la natura del luogo, che organizza attorno a un fulcro i movimenti impetuosi che si svolgono nell’aula.

Chiesa del Collegio Villa Santa Maria

Indirizzo: Presidente Erràzuriz 3753, Santiago del Cile
Progettisti: Arch. Enrique Browne e Arch. Mario Pérez de Arce Architetto
associato: Arch. Ricardo Judson, Università del Cile
Collaboratori: Arch. Jaime Irarràzabal e Arch. Patricio Sancha, Università del Cile
Coordinatore del progetto: Enrique Donoso
Calcoli strutturali: Ing. Félix Gutiérrez
Superficie del terreno: 13.430 mq
Superficie costruita: 1.238 mq
Anno di costruzione: 1992-93
Fotografie: Guy Wenborne e Enrique Browne

Vista dell’aula dal coro. La copertura si abbassa leggermente verso il presbiterio, ma il movimento ondulato del soffitto trasforma la pendenza in energia pura. La luce proviene dalle aperture tra le due ali del controsoffitto e tra queste e le pareti perimetrali. La scalinata che conduce al coro parte là dove arriva la rampa che introduce dall’esterno nella chiesa: movimenti avvolgenti coerenti con i movimenti impressi al soffitto. La prospettiva laterale dell’aula mette in risalto la sinuosità del disegno.

La parete di fondo attira poi l’attenzione dietro l’altare: è quella la direzione verso la quale convergono le energie che muri e soffitto promanano, è lì che la luce si addensa come attirata da una calamita. Un giallo sovrano, di assolutezza metafisica e, giallo su giallo come la proposta di un’infinitudine inesprimibile, anche qui si trova una croce, come affondata nel colore e lontana nello spazio e nel tempo, indice di un’altra dimensione che si può intravvedere ma non toccare. Sembra strana, in un paese latino questa quasi algida purezza di colori e forme: ma poi a ben guardare si nota la presenza della statua del santo alla parete. E la cappella della Vergine si intravvede oltre la rampa di accesso, lungo la parete ricurva, con la sua statua che ricorda la semplice devozione popolare e richiama le litanie, le giaculatorie, le preghiere bisbigliate nel raccoglimento. C’è anche un coro: sospeso lungo la parete ricurva, come un matroneo cui si accede tramite un’agile scalinata che riprende il movimento ascendente della rampa di accesso. Anche questa scala e il coro sono elaborati secondo linee ricurve, a onda. Potrebbe forse essere il moto delle nuvole, quello che si ritrova impresso nelle pareti. La luce che compare da squarci superiori genera questo tipo di suggestione. E’ una chiesa forgiata dal vento, metafora dello Spirito che soffia dove vuole ma decisamente e infallibilmente va verso la luce. Se all’esterno il sistema di “shed” superiori e l’insieme di linee convergenti lascia quasi immaginare un’ispirazione aaltiana del disegno, l’interno dell’aula aggiunge a tale richiamo un accento diverso, di più acuta espressività, di linguaggio più trascinante. I contorni dello spazio, modulati con tanta coinvolgente energia, sembrano perdere i connotati dimensionali per rivolgersi tutti a una dimensione inafferrabile seppur intuibile. E al movimento si somma la forza del colore. La cappella della Madonna, da un lato dell’aula, è investita di un azzurro intenso. Un azzurro che si intravvede appena oltre la barriera della rampa di accesso e sembra acquisire il senso dell’origine da cui scaturisce tutta quella trascinante forza che muove come un’onda oceanica verso il giallo puro della parete di fondo. Contro quel colore assoluto l’altare appare come una presenza solida, radicata, irremovibile. Di contro all’impeto del movimento, i poli liturgici allineati sul presbiterio assumono la veste di presenze cospicue, di solidi ancoraggi, di elementi mediatori di quell’assoluto che sovrasta.

Elena Tantardini

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)