Campane Il concerto per la chiesa di San Carlo


Il Concerto delle Campane di San Carlo è composto di cinque elementi, di peso e note diverse, tali da poter riprodurre varie melodie. È stato realizzato nell’antica Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone nel 2005.
La prima campana pesa 600 kg ed ha un diametro di base di un metro, suona la nota musicale SOL. Riporta l’immagine della Madonna di Lourdes nel momento in cui compare a Bernadette in preghiera, con sotto scritto De Maria nunquam satis (della Madonna non parleremo mai abbastanza). Reca inoltre lo stemma di Giovanni Paolo II.
La seconda campana ha un peso di kg 400 per un diametro di base di cm 90 e suona la nota LA. Reca l’immagine di San Carlo Borromeo con sotto scritto Attonitis auribus audiamus divina cotidie clamans quid nos admonet vox (con orecchi assorti ascoltiamo tutto ciò che la voce di Dio ogni giorno ci ricorda e ci stimola).
La terza campana pesa 300 kg, ha un diametro di base di cm 75 e suona la nota musicale SI. Sul mantello è scolpita l’immagine di San Francesco d’Assisi, con sotto scritto: Gregem tuum pastor alme serva et hinc abige aerias potestates (Buon Pastore. Custodisci il tuo gregge ed allontana tutte le forze infernali che lo circondano), sul lato opposto invece
è scritto Vivos voco mortuos plango fulgura infrango (chiamo i vivi, piango i morti, allontano i fulmini).

La quarta campana, offerta da don Dante Gemmiti in ricordo della sua azione pastorale dal 1969, pesa kg 250 ed ha un diametro di 70 cm cui corrisponde la nota musicale DO. Reca scolpita l’immagine di San Giovanni Battista, con la scritta Ecce Crucem Domini fugite partes adversae (Ecco la Croce del Signore fuggite suoi avversari).
La quinta campana ha un peso di kg 220, è larga alla base 65 cm e suona il RE. La campana riporta l’immagine della Madonna dei fiori con sotto scritto Vox mea vox vitae voco vos ad Sacra venite (La mia voce è la voce della vita
vi invito a venire ai Sacri Riti).
Le campane destinate ad Isola del Liri sono state fuse nel 2005 presso l’antica fonderia agnonese alla presenza di don Dante Gemmiti, parroco di San Carlo. La fusione del bronzo è un vero e proprio rito sacro, durante il quale è invocata Maria, madre del Signore e forza creatrice e protettrice.
I Marinelli hanno avuto la grazia, nel 1995, della presenza in fonderia di Giovanni Paolo II, il quale volle assistere ad una fusione e quel giorno lesse le litanie, pregò e benedisse il metallo fuso, come fa solitamente il sacerdote della parrocchia che commissiona la fusione.
Fin dall’antichità era diffuso l’uso di ricorrere al suono delle campane per invitare il popolo cristiano a partecipare alle celebrazioni liturgiche, informarlo sugli avvenimenti particolari della comunità, richiamarlo nel corso della giornata a momenti di preghiera, o semplicemente per scandire le ore. La voce delle campane esprime i sentimenti del popolo di Dio quando , riunendosi nello stesso luogo, la comunità cristiana manifesta il mistero della sua unità in Cristo Signore.

SAN CARLO BORROMEO

Figlio di Gilberto II Borromeo e Margherita Medici di Marignano, sorella di papa Pio IV, crebbe nella nobile e possidente famiglia Borromeo.

Tra i racconti aneddotici della prima giovinezza si narra che durante l’occupazione spagnola della Rocca di Arona, proprietà dei Borromeo, egli partecipò in prima persona alla difesa. All’età di circa 12 anni, suo zio, Giulio Cesare Borromeo, gli affidò un’abbazia (cioè l’ufficio e la dignità di abate), il reddito della quale fu da lui devoluto interamente per la carità verso i poveri.

Studiò diritto canonico e civile a Pavia. Nel 1554 morì suo padre. Pur avendo un fratello maggiore, il conte Federico Borromeo, gli fu richiesto dai parenti prossimi di prendere il controllo degli impegnativi affari di famiglia. Solo dopo un certo periodo poté quindi riprendere i suoi studi, laureandosi nel 1559. A Pavia creò nel 1564 una struttura residenziale molto attrezzata per ospitare studenti universitari di scarse condizioni economiche ma con elevati livelli di preparazione e attitudine allo studio; istituto che da lui prese il nome di Almo Collegio Borromeo. Questa istituzione rappresenta il più antico e prestigioso collegio storico di Pavia e tra i più antichi d’Italia.

A Roma
Nel 1560, lo zio materno, Giovan Angelo Medici di Marignano, venne eletto papa con il nome di Pio IV e invitò a Roma i suoi nipoti Carlo e il fratello primogenito Federico. Nel 1562 Federico morì improvvisamente; perciò fu consigliato a Carlo di lasciare l’ufficio ecclesiastico e di trovare moglie con cui avere dei figli, per non estinguere la dinastia familiare. Carlo, tuttavia, rifiutò, sostenendo che avendo espresso voto di castità a Dio, era meglio per lui rimanere vergine piuttosto che infrangere il voto fatto e contaminarsi il corpo e l’anima con una donna. Nel 1563 venne ordinato sacerdote e subito dopo consacrato vescovo. Partecipò alle ultime fasi del Concilio di Trento, diventando uno dei maggiori promotori della controriforma; collaborò in larga parte alla stesura del Catechismo Tridentino (Catechismus Romanus).

Successivamente fu nominato arcivescovo di Milano. In conformità ai desideri del papa, visse in modo cònsono al suo elevato grado sociale, caratterizzandosi però per la sua temperanza e la sua umiltà che non furono mai tralasciate.

Ritorno a Milano
Nel 1565, lasciata la corte pontificia, prese possesso della diocesi di Milano, nella quale da circa 80 anni mancava un vescovo residente e nella quale si era radicata una situazione di pesante degrado, con prelati dediti alle mondanità e preti non preparati e spesso "scostumati". Ristabilì una rigida disciplina nel clero, spendendosi per il rafforzamento della moralità e della preparazione dei sacerdoti, secondo le direttive del Concilio tridentino (costituì il seminario maggiore di Milano, il seminario elvetico e altri seminari minori): decretò, inoltre, che i preti non potessero coabitare con donne, neppure loro strette consanguinee. Per la sua opera riformatrice si servì anche dell’opera dei recenti ordini religiosi (gesuiti, teatini, barnabiti), e fondò la congregazione degli Oblati di Sant’Ambrogio (1578).

Negli anni del suo episcopato, dal 1565 al 1584, si dedicò alla diocesi milanese costruendo e rinnovando chiese (i santuari di Rho
e del Sacro Monte di Varese, San Fedele a Milano e la chiesa della Purificazione di Maria Vergine in Traffiume), si impegnò nelle visite pastorali, curò la stesura di norme importanti per il rinnovamento dei costumi ecclesiastici. Fu nominato legato e visitatore apostolico di alcune diocesi suffraganee di Milano, in particolare Bergamo e Brescia, dove compì minuziose visite a tutte le parrocchie del territorio. La sua azione pastorale si allargò anche all’istruzione del laicato con la fondazione di scuole e collegi (quello di Brera, affidato ai gesuiti, o il Borromeo di Pavia).

Si impegnò in opere assistenziali in occasione di una durissima carestia nel 1570 e, soprattutto nel periodo della terribile peste del 1576-1577, detta anche "peste di San Carlo".

Nella diocesi impose regole severe, come la separazione di uomini e donne nelle chiese e la repressione degli adulteri; inoltre pretese la sottomissione alle regole vescovili di religiosi e laici organizzando anche una milizia privata (e armata) ai suoi diretti ordini con funzioni di polizia, il che ovviamente lo portò a scontrarsi con le legittime autorità preposte al mantenimento dell’ordine civico. In questo scontro non esitò a ricorrere anche alle scomuniche, pur di prevalere sulle autorità secolari. Ciò gli valse numerose critiche ed accuse di eccessivo rigorismo da parte delle autorità civili milanesi.

La soppressione degli Umiliati
Contrastò il potente ordine religioso degli Umiliati le cui idee si allontanavano dalla Chiesa cattolica con pericolo di scivolare verso posizioni protestanti e calviniste. Alcuni membri dell’ordine organizzarono per giunta un attentato alla sua vita. Tuttavia il colpo di archibugio sparato alle spalle mentre il vescovo era inginocchiato a pregare, e sparato da Gerolamo Donato, detto il Farina, un frate umiliato, non ebbe conseguenze; in ciò si vide un evento miracoloso. Nella causa di canonizzazione del Borromeo si cita: "e circa mezz’ora di notte (verso le 22) va il manigoldo nell’Arcivescovado, e ritrovando il Cardinale inginocchiato nell’oratorio con la sua famiglia in oratione, secondo il suo solito, gli sparò nella schiena un archibugio carico di palla e di quadretti, li quali perdendo la forza nel toccar le vesti non fecero a lui offesa veruna, eccetto che la palla, che colpì nel mezzo della schiena: vi lasciò un segno con alquanto tumore (gonfiore)".

I quattro responsabili dell’attentato alla sua vita furono arrestati e giustiziati secondo le leggi in vigore. I beni dell’ordine soppresso, furono quindi devoluti ad altri ordini ed in particolare i possedimenti a Brera furono dati ai Gesuiti e furono finanziate opere religiose come le costruzioni del collegio Elvetico e della chiesa di San Fedele. Rei confessi,sotto tortura,Gerolamo Donato,detto Farina,i Prevosti, Girolamo di Cristoforo di Vercelli,Lorenzo da Caravaggio condannati a morte:Bartolomeo da Verona,delatore,condannato a 5 anni di carcere: autori della congiura.[ Giovanni F.Carlo Bescapè,"Vita di S.Carlo Borromeo,Ingolstadii,I592,rist.Milano,I965,pagg.I99-2II.].

Nonostante le Diete di Ilanz del 1524 e del 1526 avessero proclamato la libertà di culto nella Repubblica delle Tre Leghe in Svizzera, il Borromeo combatté il protestantesimo nelle valli svizzere, imponendo rigidamente i dettami del Concilio di Trento.

LO SCUROLO

lo "Scurolo di San Carlo" sotto l’altare del Duomo di Milano, che dal XVII secolo accoglie le spoglie del santo arcivescovo milanese.

Morì il 3 novembre 1584 a Milano lasciando il suo patrimonio ai poveri.

Fu proclamato beato nel 1602 e fu canonizzato il 1º novembre del 1610; la ricorrenza cade il giorno dopo la sua morte, il 4 novembre. Fino a qualche decennio fa, questo giorno era anche una festa nazionale italiana, in quanto cade anche la ricorrenza della vittoria nella prima guerra mondiale.

Nel processo di canonizzazione i contemporanei dettero l’appellativo di "Castissimo" a Carlo Borromeo per la sua tenacia nella virtù della castità e della verginità consacrata. In gioventù aveva gettato a terra un suo vecchio servitore reo di avergli fatto accomodare una donna nel suo letto pensando di fargli cosa gradita, e non immaginando la sensibilità religiosa del giovane signore. San Carlo rimase terribilmente sconvolto anche imbattendosi nella moglie del Barbarossa, la bionda e bella Leobissa, dai Milanesi per scherno effigiata nuda nella pietra e in atto di radersi come usavano le prostitute. Essa aveva da secoli partecipato con la sua familiare immobile presenza, a tutto lo scorrere della vita cittadina. Nel vederla incombente a gambe larghe sul suo troppo santo capo dall’arco di Porta Tosa, il santo si sentì oltremodo beffato e annichilito. Nulla infatti più delle femmine, anche se del tutto vestite, o riprodotte addirittura nude, anche se nel freddo marmo, odiava mortalmente «il Castissimo, in tutta la sua vita non volendo parlar mai con donna alcuna, anche se gli fosse stretta parente» (Padre Grattarola).

Il Sancarlone

La statua dedicata a San Carlo Borromeo detta il Sancarlone

Viene ricordato da una gigantesca statua ad Arona chiamata il Sancarlone, che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere il culmine di un Sacro Monte a lui dedicato, ma mai completato.

Tale opera, alta 23 metri, in lamina di rame fissata con rivetti, su un’anima in muratura (al cui interno è possibile accedere), ha ispirato la tecnica di costruzione della Statua della libertà.

 

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)