In dialogo col design

Nell’ambito di Lift 2010 si è svolto il primo convegno dedicato all’incontro tra lo strumento tecnico e il disegno architettonico: gli ascensori sono diventati un luogo di primaria importanza nella progettazione del nuovo, mentre si apre il dibattito su come integrarli nelle architetture storiche di pregio.
«Sarà in mezzo della detta pizza una torre, fatta a mio modo»: così scriveva a metà del ‘400 il Filarete, il primo grande urbanista del Rinascimento. Si riferiva alla torre la cui riproduzione oggi svetta in testa al Castello Sforzesco che, insieme con la cattedrale, è il centro gravitazionale della città di Milano. Sia la torre, sia il piano urbano che organizza tutta la parte storica della metropoli lombarda sono state disegnate, appunto, dal Filarete. L’aspirazione verso il cielo è implicita in ogni architettura, sin dalle palafitte e, da quando sono sorte le più antiche città, gli edifici più carichi di simbolicità e maggiormente rappresentativi del potere civile o religioso, sono sempre stati caratterizzati – almeno sino ai nostri giorni – da una maggiore altezza rispetto a tutto quanto li attorniava. Lo ha ricordato l’Arch. Alberto Salvati nella relazione presentata al convegno “L’Ascensore… come?”, svoltosi il 17 novembre 2010 presso la Fiera Lift 2010 (Milano, 17-20 novembre 2010), mostrando la copertina del volume “Trattato di Architettura” che, ripubblicato con un cospicuo apparato critico da DI BAIO EDITORE alcuni mesi prima, riproduce proprio l’immagine della torre sforzesca.
Perché, come ha evidenziato il Presidente del convegno, Ing. Matteo Volpe, Vicepresidente di IGV Group, nonché editore della rivista “ELEVATORI” – che insieme con la rivista “L’ASCENSORE PERCORSO VERTICALE E ORIZZONTALE” di DI BAIO EDITORE ha organizzato l’evento – con la dimensione verticale nasce la necessità di superare il dislivello, e l’ascensore è la risposta tecnologica al problema.
«Ma oggi ci troviamo qui – ha precisato Volpe – perché se gli ascensori nascono come strumento tecnologico, al loro progetto si associano sempre più pressantemente anche necessità di carattere estetico. E ricondurre questi due aspetti, quello tecnico e quello del design, entro un’armonica continuità, così come rinvigorire la collaborazione tra mondo del design e mondo della tecnologia, è proprio l’obiettivo di questo incontro… ».
Uno dei motivi per i quali la prima relazione è stata tenuta da Salvati, sta nel fatto che questi da tempo collabora con IGV Group nel portare la sconfinata dimensione dell’arte entro il ristretto volume dell’ascensore: al Salone del Mobile di Milano, svoltosi nell’aprile 2010, Salvati e IGV presentarono la nuova linea Domuslift, in cui policromi disegni, gioiosi e giocosi quanto la spensieratezza dei fanciulli, hanno fatto delle cabine ascensore il veicolo di un’esperienza artistica, così che il passaggio di quota entro pareti ravvivate da vivide immagini pittoriche si presenti come un “viaggio in un giardino magico”.
L’uso di disegni policromi sulle superfici è una delle soluzioni possibili per trasformare la cabina in un’occasione di bellezza: la chiave, ha spiegato Salvati, sta nell’uso del design «volto non tanto a rispondere a esigenze di mercato, quanto a dare una soluzione concorde con l’animo e la sensibilità umana pur di fronte a esigenze di funzionalità tecnica… Gli ascensori sono ben diversi dalle altre macchine usate per gli spostamenti: queste stanno nello spazio esterno, quelli all’interno degli edifici. Negli ascensori, oltre all’attenzione tecnologica, è necessario ritrovare la poetica dell’abitare». A tale scopo, il colore può avere una funzione sostanziale: «Non lo considero una variabile astratta o immateriale, ma una componente strutturale: c’è il materiale pietra, il materiale legno, ma anche il materiale rosso, il materiale giallo… Come in natura, dove il colore di una foglia o di un fiore  non può essere scisso dalla materia. Anche quando assume rilevanza di segnale o di guida, esso interagisce con i volumi costruiti, dilatandone e trasformandone le masse. Tramite il colore, l’elevatore può diventare una scatola magica… ».
La relazione successiva, dell’Arch. Giancarlo Marzorati, ha portato un gradino più in là il ragionamento: sul terreno della relazione spaziale tra ascensore e edificio. Illustrando diversi suoi progetti, soprattutto di multicinema e di centri commerciali, Marzorati ha mostrato come l’ascensore sia divenuto in questi ultimi anni l’asse centrale del progetto architettonico: «Era marginale nascosto accanto alle strutture portanti dell’edificio: è diventato centrale. In alcuni luoghi che ho progettato, e che sono diventati emblematici dell’espansione della città contemporanea, come il Multicinema Arcadia di Melzo (uno dei primi in Italia), o nel centro commerciale Le Porte Franche di Erbusco (Brescia), o nel centro commerciale Sarca che sta tra Milano e Sesto San Giovanni, il vano ascensore si presenta come il pilastro visibile, che esteticamente impernia il progetto architettonico, organizzando tutto l’insieme. Grazie al suo slancio verticale, esso si presenta in modo concettualmente nuovo: nel grande vano dell’atrio le persone possono non solo vedere il complesso in tutta la sua estensione verticale, ma anche percepirlo come vicino: l’ascensore toglie infatti la differenza tra i livelli. Chi guarda, “sa” intimamente e immediatamente che continuerà a camminare in piano anche quando si dovrà elevare di livello. Così quattro, cinque o “n” livelli, in realtà si presentano agli occhi e alla mente delle persone come se invece di essere sovrapposti si trovassero in una continuità complanare. In pratica, l’ascensore cambia così la percezione, come il modo di usare l’edificio. E questo fatto è tanto più esaltato dagli ascensori panoramici (e quelli da me progettati nei grandi centri commerciali sono tutti ampiamente vetrati)..»
In questa riconcettualizzazione dell’ascensore come mezzo non solo per superare i dislivelli, ma anche per esperire e propriamente “conoscere” e “abitare” l’edificio, si realizza in modo naturale il congiungersi degli aspetti estetico e tecnologico.
Di particolare importanza è stato l’intervento dell’Arch. Francesco Paolo Chieca, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Milano, che ha posto il problema dell’accessibilità agli edifici storici salvaguardati dalle leggi italiane. Notoriamente in Italia vi sono chiese, castelli, musei e molteplici altri edifici pubblici che sono anche di rilievo sotto il profilo storico architettonico. Questi da un lato devono essere tutelati e conservati, così che il loro volto non sia falsato da interventi contemporanei, ma dall’altro lato devono essere accessibili anche a chi ha difficoltà di deambulazione: per rispondere alla prima necessità, andrebbero conservati intatti, per rispondere alla seconda, in essi andrebbe trovato il sistema di introdurre elevatori che consentano l’accesso anche ai portatori di handicap. La normativa attuale, ha spiegato Chieca «obbliga il progettista alla soluzione del problema mediante l’intervento di opere provvisorie… rimovibili, qualora non sia possibile procedere alla realizzazione di opere permanenti…». E l’uso di strutture in acciaio e vetro –  totalmente differenti dalle architetture storiche, generalmente in laterizio o in pietra – è un esempio di come si possano adottare figurazioni architettoniche totalmente differenti dall’esistente e reversibili, per aggiungere corpi ascensore negli edifici storici.  Ma, suggerisce Chieca, «bisognerebbe avere anche il coraggio progettuale di inserire elementi nuovi con involucri d’epoca».
E, oltre che superamento delle barriere architettoniche e elemento architettonicamente qualificante, l’ascensore è anche un mezzo di trasporto da cui si richiede comodità e sicurezza: un aspetto che è stato evidenziato nella relazione della
Prof. Jessica Astolfi del Politecnico di Milano, che ha messo in rilievo gli aspetti soggettivi della sicurezza: «La sensazione di angustia che molti provano nello spazio limitato può essere fonte di problemi – e lo è tanto più se la cabina per qualsiasi motivo dovesse fermarsi. Ecco dunque che le molteplici tecnologie oggi disponibili andrebbero il più possibile generalizzate: dall’uso di visori che consentano una comunicazione visiva, oltre che vocale, con il centro di soccorso (e che possono essere utilizzati anche per intrattenere le persone con la trasmissione di immagini o notizie), al collocamento di motion detector capaci di riconoscere comportamenti anomali nel caso avvengano, come è capitato, aggressioni in ascensore… ».
Gli architetti Sergio Roccheggiani e Marco Battistelli (Studio BRAU) hanno presentato diverse nuove realizzazioni a carattere prevalentemente residenziale nella zona di Ancona, in cui il corpo ascensore acquisisce una posizione di particolare rilevanza. Molto significativa al proposito la ristrutturazione di una torre d’epoca nella campagna di Jesi al cui interno è stata ricavata una casa disposta su 4 livelli uniti da un ascensore in vetro brunito.
L’Arch. Caterina Parrello, per conto dell’Arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini, direttore della rivista “L’ASCENSORE PERCORSO VERTICALE E ORIZZONTALE” ha presentato gli immaginifici progetti disegnati da Antonio Sant’Elia nei primissimi anni del XX secolo quando, come parte attiva del movimento artistico del Futurismo, già immaginava città composte da grattacieli dotati di ascensori ubicati in vani indipendenti, accostati esternamente agli edifici e in posizione panoramica, come una “macchina “ esterna  al corpo edificato che di questo evidenzia lo slancio verticale.
La Parrello ha ricordato i vari Premi Nazionali di Idee di Architettura realizzati assieme da DI BAIO EDITORE e dal Consiglio Nazionale degli Architetti (CNAPPC) e ha suggerito che in futuro si potrebbe considerare di realizzare un nuovo premio incentrato sul progetto dell’ascensore.
Il convegno è stato concluso da uno slide show che ha presentato i differenti numeri della rivista “Caterina Parrello, per conto dell’Arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini, direttore della rivista “L’ASCENSORE” e altre pubblicazioni DI BAIO EDITORE, per dar conto della incredibile vastità di applicazioni e della impressionante efficacia estetica di questo strumento. 
«Da qualche anno sono invalse le competizioni sportive sulle scale dei grattacieli: le scale infatti possono essere considerate un’occasione per muoversi, e persino per fare sport – ha detto il redattore di L’ASCENSORE, L. Servadio – ma al di là di questi momenti di eccezione, è importante  che la città verticale sappia fare buon uso dell’ascensore nella quotidianità e nella progettualità. Con il raffinarsi delle tecniche e delle prospettive di design, oggi troviamo ascensori perfettamente integrati in luoghi storici, come la torinese Mole Antonelliana, il cui alto volume (realizzata a metà ‘800, con i suoi 167 metri la Mole è ancora l’edificio più alto d’Italia) è attraversato internamente, nel vuoto della cupola, da un ascensore panoramico sospeso da funi che sale per 88 metri sino alla lanterna, offrendo lo spettacolo dell’intradosso delle quattro pareti a volta; e troviamo altri casi in cui l’ascensore invece costituisce la totalità dell’edificio, come nel progetto dell’Arch. Giancarlo Zema per la Underwater Vehicles Inc. canadese, di un ascensore panoramico che porta i visitatori dall’alto di una imponente scogliera, fin dentro il mare attraverso luoghi di ristoro, per scopi puramente turistici. O ascensori (illustrati nei due recenti Pocket editi da DI BAIO EDITORE, “Giancarlo Marzorati. Oltre la forma” e “Dujovne-Hirsch. La ristrutturazione del panorama urbano”) che si avvicinano all’uso comune pur essendo elementi fortemente caratteristici: come quello realizzato da Marzorati a Roma per il Grande Giubileo del 2000, per portare dal parcheggio interrato nel Gianicolo fino al parco sovrastante, o come quello realizzato da Dujovne-Hirsch nelle torri El Faro, diventate il simbolo di Buenos Aires, che porta a un belvedere al 30o piano da dove la vista spazia sul Rio de La Plata… L’ascensore sempre più è un’occasione per dare qualcosa di più all’edificio, non solo quanto a comodità, ma soprattutto quanto a design»

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