DUE GIOVANISSIMI “GLOBE TROTTERS” GIRANO PIACEVOLMENTE IL MONDO, PER REPERIRE OGGETTI E OPERE, GUIDATI NELLE LORO SCELTE DA UN INFALLIBILE ISTINTO, PRIVILEGIANDO CIÒ CHE È STRANO E CHE DIVENTA PREZIOSO PROPRIO A CAUSA DELLA SUA ORIGINALITÀ.
Quando Paco Polenghi e Benedetta Stucchi, due giovanissimi “globe trotters”, girano piacevolmente il mondo, per reperire oggetti e opere, che venderanno nel loro spazio in Via S.Maurilio, sono guidati nelle loro scelte da un infallibile istinto, una sorta di attrazione o repulsa che li spinge a privilegiare inesorabilmente ciò che è strano e che diventa prezioso proprio a causa della sua originalità. Prima di venire esposti nella spaziosa galleria a pochi passi, gli oggetti scultura trovano spesso posto nella loro stessa casa, quasi dovessero passare per una “camera di decompressione” ed assuefarsi, per gradi, al clima rarefatto che regna negli interni milanesi. Può succedere che qualcosa trovi un inserimento così azzeccato in casa, da diventare definitivamente parte essenziale dell’arredamento. Sarà per la disposizione degli spazi, il grande living abbraccia anche la zona letto e quella pranzocucina, sarà per l’intensa luminosità o per l’armonia del gusto che sottende la scelta abitativa, ma non avviene che i “ricordi di viaggio” possano creare note stridenti o disarmoniche. La stessa raffinata atmosfera, infatti, autenticamente esotica e coloniale, aleggia nei due locali che compongono l’appartamento situato in un vecchio quartiere d’artisti e d’antiquari. Il soggiorno open space che comprende in sé varie zone abitative è una possibilità per dilatare visivamente le dimensioni di un appartamento relativamente piccolo ed avere così l’impressione di vivere alla grande, contornati da tanto spazio. Un living che comprende anche la zona notte, pranzo e, lievemente schermata, anche la cucina, è particolarmente adatto ad una coppia di giovani che condividono gusti ed abitudini. L’ampio corridoio ingresso che dà sul ballatoio può fungere da “buen retiro”, prezioso, quando uno di loro sente il bisogno di stare da solo con se stesso.
Dall’ingresso che si apre su un ballatoio fiorito, passata una porta in legno scuro fiancheggiata da due servi muti, piccole statue di guerrieri orientali che fungono da numi tutelari, si entra nella casa vera e propria, un enorme soggiorno, vissuto in ogni ora del giorno e della notte, nelle varie zone che si susseguono armonicamente, senza soluzione di continuità. Nel grande salone, illuminato da una teoria di finestre, sul bianco delle pareti risaltano il colore caldo del vecchio legno dell’armadio Luigi XVI in noce, sovrastato da una improbabile testa di orso bianco, il nero nelle varie tonalità, rimbalza dal ferro battuto delle sedie, al legno scolpito e traforato del tavolino orientale, dal legno cupo dell’imponente poltrona “Elefante”, una scultura degli anni ‘30, proveniente dal Kamerun, alla laccatura a cineserie della testata del letto, su cui incombe un grande quadro informale anni ‘50. Per contrasto, il bianco dei tavoli ridipinti e il candore del copriletto, rimandano fresche note di luce. La proterva tigre del Bengala, ridotta all’umile funzione di scendiletto, richiama nei colori il decoro afro del cassettone rivisitato da Paco Polenghi.
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