Il risultato è simile ma l’idea di partenza è opposta. Parlo dei mobili da home office di oggi confrontati con i primi mobili da ufficio “razionalisti” della fine degli anni ‘20: vi è una strana somiglianza non dovuta a un “répechage” colto da architetti ma a due concezioni diverse del tema lavoro.
La somiglianza è evidente: i mobili sono ridotto all’osso e l’attenzione è tutta rivolta alla funzione (cioè al loro adattarsi al corpo umano e ai suoi prevedibili movimenti) e all’economicità dei costi di produzione. La differenza invece sta in questo: negli anni ‘20 il mobile d’ufficio era destinato a essere notato per la sua rivoluzionaria modernità, nei nostri anni ‘10 succede proprio il contrario i mobili da ufficio per il lavoro “a casa” cercano di farsi vedere il meno possibile, sono quasi trasparenti e verniciati di bianco per confondersi col bianco delle pareti. Perché? A mio parere perché il momento del lavoro lo si vuole nascondere, si preferisce pensare a sé stessi nel momento dei loisirs, del dopo – lavoro appunto.Anzi si cerca in tutti i modi di nasconderlo agli occhi degli altri o per lo meno a minimizzarlo, perché nella comunicazione di massa non è il lavoratore a essere pubblicizzato, ma altre figure in momenti più appetibili. Questo atteggiamento è perfettamente coerente con lo stile minimalista oggi imperante (anche se la tendenza
più attuale è di superarlo nei suoi aspetti più castigati e autopunitivi). Il ricorso continuo del “minimal” alle forme geometriche primarie fa sì che un mobile risulti il meno presente possibile, e se così ci si comporta in salotto ancor di più lo si farà nell’angolo di lavoro.
4. Il sistema “Blog” di Battistella. 5. Contenitore “Nomo” di Matteo Fusi e Riccardo Paolino Con&Con. 6. La storica “Radiocubo” e altri prodotti hi – tech di Brionvega, SIM2 Multimedia. 7. Famiglia di poltroncine “Sedus Match”, Sedus Stool. 8. Tastiera “Logitech® Wireless Solar Keyboard K750”, Logitech.
