Contro la creazione. L’architetto come interprete

‘No son genios lo que necesitamos ahora’. Questo affermava, nel 1961, dalle pagine della rivista Domus, José Antonio Coderch, uno dei padri dell’architettura moderna spagnola.
La ricerca di normalizzazione degli anni ’60, dopo le proposte forti, l’opera di rottura del Movimento Moderno e le impellenze del periodo post-bellico, si è tramutata oggi, a 50 anni di distanza, in una diffusa frenesia creativa. L’attenzione di quegli anni, ossessivamente rivolta alle condizioni circostanziali – sociali, contestuali – e alla ricerca di una continuità storica, hanno ceduto il posto oggi a nuovi slanci avanguardistici, in quello che sembra proporsi come una sorta di ciclico riflusso di volontà di rottura.
Può servire, oggi, l’esortazione di Coderch? Ha ancora un grado di attualità parlare, come faceva lui, di ‘officio dell’architetto’, di ‘istanze morali’, di ‘ricerca di adeguatezza’?
La connotazione mediatica dell’era attuale, che pervade ogni attività umana, sembra minare alla base anche le secolari fondamenta della disciplina architettonica. Il prodotto architettonico da ‘fine’ si è fatto ‘mezzo’. Da manufatto volto a rispondere, prioritariamente, a precise esigenze sociali e collettive, è divenuto strumento di comunicazione per esprimere altro da sé; veicolo di interessi di diversa natura…

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ARCHITETTURA E CITTA’ 6
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