Architettare la natura

Natura e Architettura si pongono costantemente alla nostra riflessione come elementi opposti e complementari: da un lato la prima offre il suo valore di preesistenza; dall’altro la seconda ordina e suggerisce il suo valore di ‘archè’, in quanto ‘principio’. Inoltre la natura permea le città con la sua presenza, a volte esclude a volte include l’architettura, dissolvendo o sottolineando la materia e mostrandone l’ambivalenza.
Questo rapporto è notoriamente ricorrente nella nostra urbanistica, ed evidenzia l’aspetto prevalente dato dalla relazione spaziale tra natura/architettura che troppo spesso sfugge, o viene messo in secondo piano. Basta volgere lo sguardo alle città del nostro paese dove, escluse alcune grandi metropoli, vi sono in prevalenza città medio/piccole. In queste ultime ancora sono evidenti i rapporti primigeni, come quello città/campagna, come forma del paesaggio che rappresenta una relazione biunivoca di delimitazione fisica (dove la natura lambisce e conforma la città); ma anche quello territorio/architettura inteso come produzione dei materiali che compongo gli edifici della città, come la terra del paesaggio senese nelle facciate di mattoni, oppure il tufo che costruisce l’immagine di Pitigliano o di Matera.
Variando il tema dal generale rapporto città/territorio, al suo derivato di architettura/natura, si può parlare di una ritrovata relazione progettuale con il contesto. Senza tali considerazioni nasce quel rapporto conflittuale, che pone l’architettura come prodotto dell’ambiente, al centro del processo di trasformazione. Se consideriamo questa prospettiva, si altera anche il rapporto tra il progetto e il contesto, che si è evoluto in altre forme compositive dell’architettura contemporanea, tra cui la relazione tra l’edificio ed il paesaggio in cui si inserisce, mutando il rapporto tra edificio e suolo. Qui, l’importanza della relazione tra la dimensione artificiale e quella naturale, è rappresentata nelle varie declinazioni dell’idea di luogo, paesaggio e contesto.
La ricerca di questo rapporto attraversa tutta la storia dell’architettura, certamente dapprima nasce con il concetto di ‘genius loci’ e di contestualismo, ponendo i primi tasselli della tematica del progetto di luogo, ma si ritrova anche in opere contemporanee, ponendo l’ambiente come ordinante la morfologia del costruito.

Relazionarsi all’identità dei luoghi presuppone molte vie di approfondimento, diversamente sensibili alla dimensione possibile della loro interpretazione, evidenziando una reciprocità tra linguaggio e anima del contesto. Le molte accezioni che in architettura assume la dimensione naturale, raffigura la separazione con la dimensione artificiale, cioè la contrapposizione all’atto della trasformazione, separando l’idea del sito e quella dell’architettura, spesso pensate come opposte tra loro e tradizionalmente configurate in un rapporto di figura (architettura) e sfondo (natura).
Occorre invece ridurre questa conflittualità, aumentando l’integrazione.
Un rapporto di mutamento, ma come sosteneva Grassi anche di ‘conformazione’, dove il progetto riconfigura un precedente stato di cose, qualcosa che esiste da prima, dove l’intervento semplicemente ‘ritrova’. Questo ribadisce l’influenza del rapporto tra la dimensione artificiale concretizzata dall’architettura e la sua dimensione naturale, individuando una artificializzazione veicolata del sito, relazionando il progetto al luogo anche con la sua trasformazione diretta, dove l’architettura coinvolge la morfologia dei luoghi integrando architettura e natura in un nuovo artificio paesaggistico. In questo caso l’architettura instaura un rapporto con il contesto sotto forma di architettura topografica, in simbiosi con il paesaggio, creando spazi che si ancorano alla natura tanto da sembrare parte di essa, tentando di imitarla o di confondersi in essa.La storia dell’architettura contiene una continua memoria della natura, che ha costituito una trama diversamente evidente del rapporto costruzione-espressione. Nel tempo svariate e alterne sono state le modalità di relazione tra questi elementi, dall’imitazione, alla mimesi, fino alla costruzione. In particolare quest’ultima riconosce nella natura un ulteriore elemento del progetto; in alcuni casi come parte integrante, in altri è una interpretazione della natura ricomposta nell’architettura. Appartenere o distaccarsi dalla natura è dunque l’aspetto in cui ragiona molta contemporaneità, ma oggi si può pensare anche all’architettura coinvolgendo la topografia dei luoghi, che evidenzia un nuovo modo di guardare la natura, intesa come soggetto-oggetto della composizione.
Quanto detto unisce gli elementi originali dell’architettura agli spazi elementari della natura, ricercando in essi la morfologia del costruito e le leggi di aggregazione in forme sempre più complesse.
In alcuni casi l’architettura plasma la natura e si adatta al sito, come nel Centro per la Cultura in Galizia, la Cantina Antinori a San Casciano Val di Pesa, o la Biblioteca della TU University di Delft. In altri casi la stessa natura è plasmata sotto forma di architettura, come avviene per molti interventi di architettura del paesaggio, dal Parco del Foro Boario a Forli, al Parco del Fossatello a Monte San Savino. Qui il rapporto biunivoco tra architettura e ambiente naturale, tra luogo e costruito, si inverte trattando la natura come una architettura. Non è vero che ci sia differenza tra queste, esiste una natura peculiare simile all’architettura, ed è possibile trattare la natura come i materiali artificiali.
Così l’operazione di riqualificazione del paesaggio coniuga architettura, ambiente e natura, esaltandole con nuove forme, dove il paesaggio rappresenta una natura architettata, configurata morfologicamente, e integrata all’ambiente più naturale che lo delimita.

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