Abitare attraversando

Le small houses rientrano all’interno della ricerca legata al tema del movimento.
Movimento inteso come atto che l’individuo svolge nello spazio dell’erranza ed è rappresentato dal vuoto, lo spazio liscio, in cui si fonda il principio della percezione visiva e in cui l’elemento fondamentale diviene il percorso.
Attraversando il territorio si percepisce lo spazio nella sua completezza, elaborando una nuova esperienza nei rapporti tra vuoto, architettura e individuo, quindi tra abitare ed essere. In tal senso, l’architettura può diventare uno strumento che si inserisce in questa nuova dimensione, è il dispositivo della percezione, sempre diversa dei luoghi, tra il dentro e il fuori; tra il privato e il pubblico, tra l’interno e l’esterno.
Per questo motivo parliamo di piccole architetture, leggere, economiche, facilmente realizzabili, adattabili alle diverse esigenze spaziali e ai diversi luoghi.
Ma non solo, tutte le small houses si completano nel territorio attraverso il principio del non finito, o meglio, nella realizzazione parziale dei propri elementi.
Si realizza la struttura caratterizzata da piccole parti ed elementi, questo per consentire un facile trasporto e soprattutto un facile immagazzinamento.
Ed è proprio la struttura, l’essenza della casa ad accompagnare l’individuo durante l’erranza. Poi, una volta deciso il luogo della sosta, si rifinisce il volume, acquistando elementi facilmente reperibili ovunque e soprattutto economici: pratino a rotoli, cartone pressato, pannelli di plastica alveolare o di legno.
Una volta utilizzato il materiale acquistato in loco può essere riciclato, distrutto oppure può venire abbandonato nel luogo stesso e quindi rientrare nel ciclo di vita della natura (pratino a rotoli).
Infine tutte le case sono legate al principio della biocompatibilità e all’autosufficienza, in modo molto economico. Sono proprio le rifiniture, i materiali reperibili ovunque che consentono i vantaggi legati all’economicità e alla sostenibilità: ventilazione passiva, illuminazione con un pannello in silicio amorfo da utilizzare per qualsiasi struttura, coibentazione naturale, ecc.Absolute box
Il termine scatola esprime, se applicato alla residenza, una condizione dell’abitare che rientra sostanzialmente nei canoni tradizionali.
Da sempre I’individuo abita in scatole più o meno articolate, più o meno aperte (o chiuse) che, configurandosi come luoghi organizzati, rappresentano quel rifugio in cui I’uomo raccoglie ed esprime le memorie del suo mondo privato. Questa condizione tende ad accentuare il rapporto inversamente proporzionale che esiste tra intemo ed esterno:
più lo spazio interno è confortevole meno si è protesi verso I’esterno.
Infatti sin da tempi più remoti I’individuo punta alla configurazione di uno spazio domestico sempre più accogliente e confortevole, ma anche sempre più introverso, inducendo così ad un inevitabile allontanamento dell’individuo stesso dal mondo esterno e dalle relazioni sociali (che sembravano invece essere condizioni fondamentali del vivere quotidiano, ricordiamo ad esempio la citta greca). Per questo motivo proponiamo un modello di casa che non si configura come la risultante di una operazione meramente estetica, ma che invece, puntando al recupero della comunicazione tra individui, si dimostri in grado di muovere verso nuove esigenze abitative. La scatola per noi induce a concepire la casa esclusivamente come rifugio, è uno strumeno che si modella con I’individuo, ma solo in quanto pelle e non più come spazio domestico, così come avviene ad esempio per i gusci animali.
È cioè un riparo provvisorio, necessario ma allo stesso tempo eterno per I’uomo che abita il territorio nella sua totalità.
Per ottenere questo risultato è necessario, innanzitutto porre in evidenzala vera natura della scatola, ad esempio il materiale più consono a questo elemento è il cartone o il cartongesso … Parliamo di un materiale duttile, resistente, maneggevole, ma soprattutto reperibile in ogni luogo.
La nostra scatola sarà dunque caratterizzata da una struttura in acciaio e alluminio e di cartone e dovrà essere sospesa (su due cavalletti in acciaio) da terra, dovrà cioè elevarsi per vincere la forza di gravità che ne alimenta le radici, trasformandosi così a vero e proprio oggetto d’arte, non legato al territorio, ma disponibile al viaggio e al continuo mutamento. Il rivestimento del volume verrà realizzato utilizzando della resina di colore bianco.
Dovrà essere inoltre quasi completamente chiusa, per mantenere radicalmente distinti lo spazio interno da quello esterno. La scatola costituisce il vuoto totale, rappresenta infatti uno spazio vuoto, flessibile e malleabile, trasformandosi in un corpo senza organi che si caratterizza e si conforma alle esigenze delI’individuo che la abita (i servizi verranno collocati in appositi contenitori mobili realizzati in materiali plastici come ad esempio le cabine wc utilizzate per manifestazioni all’aperto, mentre la luce e I’acqua verranno distribuite attraverso pannelli fotovoltaici, anch’essi mobili).

Absolute Box – realizzazione prototipo 2008
Anna Rita Emili – architetto
Barbara Pellegrino – ingegnere
collaboratori
Jo Fonti
Emanuele Piccioni
Federica Ciapanna
fornitori
Italprogess – cardboard panels, Milan
Palladio SPA – steel shutters, Treviso
Style Maison – parquet, Rome
Roechling SPA-HDPE – panels, Varese
foto
Emanuele Piccardo e Andrea PanzironiQuesta struttura provvisoria è caratterizzata da moduli auto-portanti uniti tra loro mediante un sistema ad incastro. Ciascun modulo, la cui forma nasce da una formula deterministico-frattale (teoria di Bacon 1970) viene definito attraverso la sovrapposizione di tre fogli di laminato plastico a basso impatto ambientale, posizionati in modo da avere una forma a croce nel centro del pannello. Successivamente il modulo viene piegato, raggiungendo una dimensione di mt 1,60×1,60.
Il sistema di ancoraggio a terra avviene attraverso delle piattaforme di acciaio di cm 50×50, che possono essere fissate a terra. Il pannello a croce centrale presenta delle alette pieghevoli che consentono la chiusura totale della struttura. Il risultato finale è estremamente variegato.
Si può partire da una semplice forma a cupola fino a raggiungere diverse forme zoomorfe.

Struttura a modulo infinito – realizzazione prototipo 2002
Anna Rita Emili – architetto
consulente
Aldo Innnocenzi – artist
collaboratori
Pamela Ferri
Jo Fonti
foto-video
Aldo innocenziCasa gonfiabile
Completamente trasparente ed in linea con la forma di una casa tradizionale, questa casa è basata sul principio della modularità. È composta infatti da tre elementi gonfiabili, tre involucri che misurano 2,50 mt di larghezza per 2,30 mt di altezza per 1,5 mt di spessore. I moduli, ancorati a terra mediante un sistema di piattaforme in acciaio, vengono assemblati tra loro attraverso delle chiusure-lampo, poste in modo da non permettere all’acqua di penetrare all’interno dello spazio.
Ciascun modulo, una volta decisa la lunghezza della casa, termina con dei pannelli di tamponatura, all’interno dei quali vengono ritagliate, secondo le necessità, una porta o una finestra. Questi ultimi elementi, che garantiscono la ventilazione all’interno dello spazio, sono caratterizzati anch’essi da un sistema di chiusure-lampo laterali.
Pensiamo di collocare all’interno della struttura degli elementi di arredo gonfiabili e trasparenti, per rispondere agli intenti di progetto: poltrone, divani, letto, tavoli, ecc.
L’energia elettrica verrà garantita attraverso l’applica
zione di moduli in silicio amorfo posti sulla superficie inclinata rivolta a sud, attraverso un sistema di cerniere che dovranno essere predisposte in fabbrica.
Il silicio amorfo sarà di tipo flessibile e dovrà essere studiato in relazione al posizionamento delle batterie di accumulo. Particolari accorgimenti verranno posti per nascondere le scatole di giunzione e i cavi di uscita verso l’accumulatore.

Casa gonfiabile
realizzazione prototipo 2002
altro_studio
Anna Rita Emili – architetto
strutture
Marco Vailati – ingegnere
consulenti
Aldo Innocenzi – artista
collaboratori
Pamela Ferri
Jo Fonti
fornitori
Plasteco Milano
foto
Emanuele PiccardoCasa pratino
Il progetto, che rappresenta un sistema biocompatibile legato al principio della casa mobile, è caratterizzato da un sistema di pannelli di policarbonato alveolare di spessore 1,2 mm, poggiato su di una struttura in acciaio ad incastro. Questo sistema a vassoio consente il posizionamento di uno strato sottilissimo di terra 3 cm, bloccato al pannello alveolare, attraverso un grigliato. Sull’insieme ottenuto viene infine posizionato del pratino suddiviso in fasce da 60 cm. L’alveolare sottostante, oltreché risolvere un problema statico, consente all’aria di circolare, anche in presenza di uno strato di terra.
La forma trapezoidale (oppure la forma di casa tradizionale), che nasce anch’essa per risolvere un problema tecnologico e per consentire all’acqua di defluire correttamente, è semplice, tale da non interrompere la continuità spaziale esterna e tale da sottolineare un atteggiamento di integrazione con il contesto. Lo strato di terra e il pratino rappresentano un ottimo sistema di isolamento dal caldo, come avviene del resto nella tradizione.
I moduli tra loro vengono imbullonati e impermeabilizzati. I pannelli di tamponatura, anch’essi di forma trapezoidale, misurano 3 metri di larghezza per 2,20 di altezza per 1,2 mt di spessore (sul quale è previsto il posizionamento di due fasce di pratino) e consentono, a seconda delle necessità, la collocazione di una porta e una finestra, entrambi ritagliati dalle superfici di policarbonato alveolare.
Sono infine sovrapposti alla struttura dei moduli fotovoltaici in silicio mono e/o policristallino e amorfo. Tagliati anch’essi in piccole fasce larghe 20 cm, mentre la lunghezza accompagna la dimensione della struttura. I moduli possono essere collocati, attraverso opportuni sistemi di aggancio, in qualsiasi parte della superficie, con il solo vincolo che quest’ultima dovrà essere sempre rivolta verso sud, a seconda delle esigenze. Di volta in volta verrà studiato il posizionamento delle batterie di accumulo, così da prevedere tutti gli accorgimenti necessari ad ottimizzare la produzione di energia elettrica.

Casa pratino – realizzazione prototipo 2003
Anna Rita Emili – architect
Barbara Pellegrino – engineer
consulente
Aldo Innocenzi – artist
collaboratori
Pamela Ferri
Filippo Camilli
foto
Emanuele Piccardo
fornitori
Vivai Bindi Roma – pratino a rotoli
Fedeli – panneli in laminato plastico

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