PER WRIGHT E CON LA NATURA

La First Unitarian Society Meeting House a Madison, nel Wisconsin, costituisce da decenni un “landmark” non solo nel paesaggio del sito, ma nel panorama dell’architettura americana del XX secolo. Non a caso si tratta di un’opera inserita nel National Register of Historic Places: una testimonianza nota, pubblicata sui libri di testo, protetta, intoccabile. Ma il progetto risale al 1946, l’edificio fu completato nel 1951, per ospitare i 150 fedeli che questa congregazione, della quale lo stesso Frank Lloyd Wright faceva parte, contava all’epoca. Oggi la comunità ha 1.600 membri ed è la più grande negli USA: era necessario aumentare lo spazio disponibile, e farlo con spirito wrightiano.“La nuova aggiunta – scrive Michael Crosbie su Faith & Form (n. 2-2011) – include un auditorium da 500 posti, spazi per riunione, uffici, una biblioteca e altri ambienti di servizio, e sembra come se fosse sempre stata lì: deferente verso il progetto di Frank Lloyd Wright mentre si afferma con un’identità propria.
Secondo l’intento di Wright, di disegnare con la natura, gli ambienti aggiunti sono verdi, hanno ottenuto la Certificazione Gold del LEED e sono stati citati per il Top Ten Award dal Comitato 2011 sull’Ambiente (COTE) dell’American Institute of Architects.”
L’edificio originale di Wright si distingue per il tetto a due spioventi con profilo da casa alpina, nello spirito delle “country houses” . Ulteriore aspetto caratteristico è la vetrata a prisma che occhieggia sotto l’acuto diedro: il tutto ispirato, secondo alcuni, al disegno di Albrecht Dürer, “Le Mani dell’Apostolo”. Aperta verso nord-est, quest’ala emergente ospita l’aula celebrativa, che sull’altro lato, verso sud-ovest si estende dilatandosi in un volume più basso con aule per riunioni. Questa parte, ad andamento rettilineo, continua in altri due corpi, aggiunti nel 1960 e nel 1990 con andamento avvolgente, i quali oggi sono stati ristrutturati.

APPROFONDIMENTO
http://pro.dibaio.com/frank-wrightNel progettare la nuova estensione, lo Studio Kubala Washatko Architects ha seguito l’approccio di Christopher Alexander al progetto olistico secondo schemi (pattern), tenendo in conto i desideri del committente, il contesto e le potenzialità del materiale. Dopo una serie di riunioni con i 31 gruppi di lavoro costituitisi ad hoc nella Congregazione, gli architetti hanno formulato 30 schemi per approssimarsi al disegno finale. “Nella fase esplorativa – dice Tom Kubala, il responsabile del progetto – si registrano informazioni aneddotiche, emotive, suggerimenti proposti dai gruppi di lavoro. Tradotte in schemi, queste informazioni si esplicitano come una serie interconnessa a carattere intenzionale. In questo modo si codificano le domande cui il progetto deve dare risposta.” E dagli schemi così generati ci si approssima al progetto finale, discusso anche con un gruppo di esperti designati dai progettisti: altri architetti, esperti di storia, restauratori, docenti universitari.
Ne è nato un edificio semicircolare che si incentra sull’aula wrightiana, senza in alcun modo sovrapporsi a questa, ma anzi raccordandola con la natura circostante, delicatamente nascosta nel fogliame del tetto verde.Progetto: Kubala Washatko Architects (Tom Kubala, Principal, Vince Micha, Senior Project Architect)
Consulenti: Neil Levine, John Garrett Thorpe, Gunny Harboe, John Eifler, the Wisconsin Historical Society
Foto: ©The Kubala Washatko Architects, Inc./Zane Williams

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