VERSO IL CIELO DELLA SIERRA MADRE

Ciò che rende “luogo” questo complesso universitario è senza dubbio la fortunata relazione con un panorama idilliaco, in cui la vastità pianeggiante della valle sconfina nell’impervio verdeggiare dei monti che reggono incastonati in alto i massicci rocciosi.
Un assieme di suggestioni visive di struggente intensità.
Il merito dell’architettura è di porsi in un dialogo non remissivo né mimetico: i volumi si stagliano nella loro geometrica conformazione, ponendosi con l’alterità propria dell’artefatto, ma dotato di materiali che, come nella inveterata tradizione, sono consoni con l’intorno.
La cappella è momento di spicco cardinale.
Con soluzione felice, essa interpreta il ruolo preminente della chiesa nell’intorno, però rifuggendo dalla preminenza: e in questo assume con dignità il valore di “nobile semplicità” che interpreta l’indicazione fondamentale della Chiesa per la composizione dell’edificio che la rappresenta.Nel 2008 la cappella dell’Università di Monterrey è stata insignita del Faith&Form Religious Architecture Award, e la motivazione spiegava così: “Questo progetto dà luogo a una vibrante esperienza di vita, che traduce i classici componenti della residenza universitaria nell’espressione della missione, dell’ambientazione e della cultura propria dell’ateneo…
Il tetto inclinato verso l’alto accenna al cielo e indica l’Arazteca, la maggiore vetta della rocciosa Sierra Madre. La copertura in rame e le pareti in pietra si fondono con i colori della montagna e al tramonto avvicinano l’orizzonte…”
Il complesso è composto da un assieme di edifici a quadrilatero che si confrontano due a due lasciando una oblunga piazza centrale e due più stretti passaggi aperti a questa ortogonali.
Il dinamismo dell’insieme è segnato dall’asse prevalente che ricongiunge due volumi a tamburo, che si distinguono, oltre che per la forma, per la tessitura di superficie: d’un ocra scuro, dai sottotoni ferrigni.
Sono, da un lato l’atrio d’entrata, dall’altro la cappella.L’atrio si distingue grazie alle fenditure verticali che esprimono immediatamente la sua vicinanza con la luminosità e l’ariosità: e dice accoglienza e libertà di movimento. La cappella è avvolta da un manto continuo di pietre disposte senza ordine: “opus incertum” che esprime l’atemporalità del luogo di culto così come la sua fermezza.
La copertura in rame è disposta secondo un piano inclinato che scende verso il centro del complesso universitario, in tal modo rivalendosi alla vista e, mostrando l’intelaiatura a foglia che la informa, immediatamente affiora il paragone con alcune opere di Mario Botta: la chiesa di Mogno, la cappella sul monte Tamaro…
Ma il paragone non ha toni peggiorativi: l’astrattezza dell’architettura ha una autonomia che la svincola da marchi di fabbrica, così come la forma della cupola che caratterizza una maggioranza di chiese storiche non può essere ascritta a una singola mano.La forma, pura nella sua dimensione geometrica, trova una completezza e una individualizzazione univoca nell’accostamento con l’insieme, che consiste di edifici residenziali per 450 studenti, ambienti per lo studio e per il tempo libero, uffici, disposti in un’alternarsi di corti, chiostri, edifici, passaggi. Dunque il luogo d’ingresso, il Centro de Comunidad, si segnala per il senso di apertura e, immediatamente dopo, per il suo essere in posizione polarmente opposta alla cappella: così questa diviene il luogo verso la quale si tende dopo aver varcato l’ingresso al complesso.
La residenza universitaria ha un’impostazione cattolica, ma la cappella non reca segni cristiani: pur dotata di una sistemazione liturgica consona alla celebrazione eucaristica, è intesa anche quale luogo di meditazione e di preghiera volto ad accogliere anche eventuali seguaci di altre comunità cristiane o di altre religioni.Monterrey è una città industriale nel nord del Messico, un ambiente ricco di attività e di scambi, in particolare con gli Stati Uniti d’America. Non a caso lo studio di progettazione chiamato a progettare questa residenza universitaria è dello Stato della Virginia.
Nella circolarità dell’aula, la luce entra filtrata dall’ampia porta aperta a scacchiera e dal lucernario perimetrale, oltre che da poche finestre accortamente disposte a corona dell’altare.
Questo, giustapposto all’ingresso, è esaltato da una parete di fondo in legno e da una paretina verticale che reca la croce: è protagonista dello spazio ma non lo occupa completamente.
Il portone è ampio anche per consentire, una volta che sia totalmente aperto, la partecipazione alle funzioni di un’assemblea più vasta di quella che può essere contenuta sotto il tetto della chiesa. Quattordici finestre quadrate rappresentano la Via Crucis.La Capilla, Colegio Residencial
Universidad de Monterrey, Mexico

Progetto:
Hanbury Evans Wright Vlattas + Company, Norfolk, VA (USA)
Jane Cady Wright, principal
Matthew Pearson, project designer
Jimmy Stevens, design
Kenneth Hall, landscape design
Consulente in Messico: Arquiplan
Ingegneria: Ramirez Celada y Asociados
Foto: courtesy Hanbury Evans Wright Vlattas + Company; ©Francisco Lubbert per le foto alle pagine 42, 43, 47 (a destra); ©Keith Dannemiller per la foto a pagina 44 (in alto)CHIESA OGGI architettura e comunicazione collabora con la statunitense Faith&Form.
Quest’ultima assegna ogni anno un premio di architettura a edifici di culto e a opere d’arte realizzate. Dell’edizione 2009, vincitori sono stati tra gli altri: chiesa Sun-pu a Shizuoka in Giappone (Taira Nishizawa Architects), chiesa metodista di Hope, Rhode Island (3six0 Architecture), sinagoga B’nai Israel di Rochester, MN (HGAAchitects), cappella All Saints, Texas Military Institute di San Antonio, Texas (Ford Powell & Carson), cattedrale Christ the Light di Oakland, California (C. Hartman, SOM).
(Per informazioni: <www.faithandform.com> <www.chiesaoggi.it>)

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