Valsanzibio

A Villa Barbarigo ora Pizzoni Ardemani
Un raro giardino del ‘600

Testo di Walter Pagliero
Per ulteriori informazioni: www.valsanzibiogiardino.it

Era in origine una “valle da pesca”, cioè un fondo pieno d’acqua che permetteva di arrivare in villa con la barca, approdando davanti al monumentale portale barocco che dà inizio al giardino. Dietro al portale vi è un’infilata di tre grandi vasche d’acqua limpida, animate da una popolazione di statue di soggetto classico: assieme alle alte pareti di bosso costituiscono oggi l’incanto del giardino di Valsanzibio.

L’ impianto del giardino è grandioso. Due larghi viali, chiusi da alte siepi di bosso, s’incrociano al centro: uno contiene l’infilata delle grandi vasche, l’altro termina a monte con la visione della villa in posizione dominante. Dietro le siepi, come una quinta ulteriore, spunta una selva di alberi d’alto fusto al cui interno vi sono radure con interessanti episodi: un grande labirinto perfettamente restaurato dove si può provare il brivido di perdersi, una rarissima garenna (l’isola per conigli contornata d’acqua), una gigantesca statua raffigurante il Tempo nello sforzo di reggere un pesante gnomone. Episodi che rimandano alla tradizione “manierista” codificata alla fine ‘500 nei giardini dei Medici e delle grandi famiglie romane legate al papato. Ma il giardino di Valsanzibio, essendo nato nella seconda metà del ‘600 (la sua costruzione è documentata tra il 1665 e il 1670) va inquadrato all’interno del rinnovamento che per la nuova sensibilità barocca si stava operando in Italia nell’architettura del verde.

Nel giardino di Valsanzibio si succedono continui colpi di scena, nuove suggestive visioni con un effetto di spaesamento
molto gradevole.

Potendo osservare lo stato dei giardini romani nel 1683, ben documentati dalle incisioni di Giovan Battista Falda, ci si rende conto di come l’impianto cinquecentesco resista, ma venga modificato l’assetto del verde aumentando l’altezza delle siepi potate, da quella standard dei mobili d’appoggio (70 cm circa) a dimensioni assai superiori all’altezza dell’uomo. In pratica, dove prima lo sguardo era libero di percorrere tutto lo spazio del giardino, ora veniva ristretto all’interno di grandi pareti di verde. E così si presenta oggi a noi Valsanzibio. Ma, come in un giallo storico con colpi di scena, è uscita fuori dagli archivi una testimonianza coeva che cambia completamente le carte in tavola. Un dipinto della fine del ‘600, qui riprodotto nella pagina precedente, mostra che il giardino aveva all’epoca della sua costruzione siepi decisamente basse che permettevano di cogliere con un’occhiata tutto il programma rappresentativo del giardino: le statue disposte secondo moduli prospettici, le costruzioni che aprivano e chiudevano i due assi ottici incrociati, gli episodi straordinari quali la gorena, il grotto, il labirinto e la gigantesca statua del Tempo.

Il dipinto risulta fedele al progetto originario perché quasi tutti gli elementi disegnati sono stati realizzati e solo un paio di costruzioni mancano all’appello. E’ una testimonianza attendibile, molto coerente nelle sue intenzioni progettuali, collocabile all’interno della poetica barocca. Rinunciando alla moda delle pletoriche siepi-paravento, assicurava all’osservatore una visione simultanea (più suggestiva di quella che si può vedere oggi) composta da un grande popolo di statue, costruzioni fantastiche e corsi d’acqua animati.

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)