Un’istituzione a gestione privata P. Adolfo Russo


Il Museo diocesano di Napoli è gestito da una entità privata sulla base di una Convenzione stipulata con la Diocesi. Padre Adolfo Russo, Direttore del Museo e Vicario episcopale per la Cultura, spiega natura e finalità di tale sistema gestionale.

Come mai avete compiuto questa scelta?

È stata suggerita dalla necessità di avviare un’attività per la quale oggi si richiede non solo capacità tecniche e professionali, ma anche spirito imprenditoriale.
Un museo di piccolo-medie dimensioni non arriva al pareggio solo aprendo le porte e aspettando che arrivino i visitatori. Esso richiede una capacità di gestione per ammortizzare i notevoli costi richiesti dalla struttura e dal personale. All’inizio inoltre queste difficoltà sono ancora più marcate, perché l’avvio di ogni attività è decisamente in salita.

L’opera di ristrutturazione della chiesa trasformata in museo è stata realizzata dalla Diocesi o dall’Azienda che gestisce il Museo?
La ristrutturazione è stata affidata anch’essa alla stessa Società, ma sotto il controllo della Diocesi, che ne ha verificato il progetto, le fasi d’attuazione, il resoconto finale.

A sinistra, la pianta del primo piano nel cui percorso perimetrale sono esposte opere in modo tematico.
In basso, la Sala della Vita consacrata: a sinistra si vede il Martirio di S. Stefano (prima metà sec. XVII), a destra il Martirio di S. Bartolomeo di Andrea Vaccaro.

Il salone del Museo può essere affittato da terzi per eventi di vario genere. In che modo si stabilisce se un evento sia o no consono al sito?
Quando il salone è richiesto per un evento, si valuta l’opportunità della richiesta e la sua consonanza con la natura e il decoro del sito. La Diocesi è presente in queste scelte – come in ogni decisione qualificante – attraverso il Direttore del Museo.

Che cosa ricava la Diocesi da questo accordo?

La Diocesi si è riservata una percentuale sugli utili del bilancio. Noto infine che la convenzione con la Società ha una durata limitata nel tempo. Se allo scadere dell’intesa, dopo un periodo di sperimentazione, si verificheranno condizioni ancora favorevoli, si potrà rinnovare. Altrimenti ognuna delle parti potrà recedere e la Diocesi provvederà diversamente.

LE ALTRE OPERE

Accanto alle molte opere della ex chiesa monastica, il Museo diocesano di Napoli presenta dipinti e oggetti di varia provenienza, raccolti secondo un andamento tematico, a partire dagli ambienti dedicati a Maria, che è presentata
quale modello di vita per i cristiani, e quelli dedicati a San Gennaro, patrono e martire. Sul tema del martirio vi sono opere firmate da Giovan Bernardo Lama, Fabrizio Santafede e Pietro Torres. Tra le opere ispirate al tema mariano si
segnalano quelle del fiammingo Teodoro D’Errico, Francesco Solimena, Aniello Falcone, Andrea Vaccaro e di Marco Pino. Sono esposti ori e argenti, oggetti liturgici, tele, tavole, marmi, statue lignee. Il fiore all’occhiello del Museo è considerata la Stauroteca di San Leonzio, che conserva la reliquia della Croce di Cristo.

Il collare di San Vincenzo Ferreri.
La Stauroteca di San Leonzio che conserva
la reliquia della Croce di Cristo.
Ritratto funerario del Vescovo Umberto d’Ormont,
di Lello da Orvieto (metà XIV sec.).

MICHELANGELO A NAPOLI

L’elasticità della struttura del Museo diocesano di Napoli consente che alla Collezione permanente si affianchino esposizioni temporanee.
A maggio 2009 si è aperta l’esposizione del crocifisso ligneo attribuito al giovane Michelangelo, recentemente acquisito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al patrimonio artistico dello Stato Italiano.
Tale opera è già stata esposta a Firenze, Roma, Palermo, Trapani e Milano.
L’eccezionalità dell’opera è data dalle sue proporzioni perfette, inscrivibili in un cerchio e in un quadrato come si vede nel celebre “uomo vitruviano”, e dalla correttezza anatomica e qualità scultorea che caratterizzano l’arte del
Michelangelo giovane.

Figura di concezione grandiosa e nobile, vigorosa e insieme delicata, realistica ma anche resa quasi astratta nella cura del dettaglio e nell’elaborazione iconologica, il Cristo crocifisso si impone con la maestà e l’intensità di una scultura monumentale.
Mostrata per la prima volta al pubblico italiano nel 2004 a Firenze, in un evento espositivo allestito al Museo Horne, la preziosa scultura era proprietà di un antiquario torinese, Giancarlo Gallino, che a sua volta l’aveva acquisita da una famiglia fiorentina.

Secondo il gruppo di studiosi che l’ha analizzata pe
r oltre dieci anni, l’opera sarebbe stata compiuta intorno al 1495, quando Michelangelo era appena ventenne. Nel 1492, dopo la scomparsa di Lorenzo il Magnifico, Michelangelo, già impegnato nei suoi studi d’arte, fu ospitato nel convento di Santo Spirito dove, presso l’ospedale, ebbe la possibilità di approfondire la conoscenza delle scienze anatomiche, perfezionarndo così la straordinaria resa plastica delle sue opere.

 

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