Una casa scavata nel tufo


Vivere felici in un
"classico restaurato"

Tra i vicoli della parte più antica di Matera

Un’abitazione dallo straordinario impatto visivo che coniuga, con sapienza, tradizione e gusto contemporaneo incantando con la sua magica atmosfera.

I Sassi, i due quartieri più antichi della città di Matera, rappresentano il risultato dell’adattamento alle particolari condizioni geomorfologiche del territorio dei vari insediamenti urbani, succedutisi dall’età preistorica in poi. Il territorio
materano è caratterizzato, infatti, da due scoscese valli carsiche, attraversate dal torrente Gravina, su cui sono
sorti il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso. Il continuo insediarsi dell’uomo, lungo queste valli carsiche, ha dato
origine, nel corso dei secoli, ai "Sassi”, la cui immagine, oggi, è quella di un alternarsi di case a corte, case palazziate, realizzate in calcarenite (tufo), di grotte sovrapposte le une alle altre, secondo un andamento verticale, in
cui ogni viottolo è strada per le abitazioni di sopra e tetto per le abitazioni di sotto. Definiti da Carlo Levi “vergogna nazionale” nel celebre libro “Cristo si è fermato ad Eboli” (1945) e dichiarati, nel ’93, dall’UNESCO “Patrimonio
dell’Umanità”, oggi i Sassi, dopo un lungo periodo di abbandono, stanno vivendo una fase di rinascita grazie all’intervento dello Stato e dei privati; e, quelli che un tempo erano simbolo di miseria e di abbandono, oggi sono diventati esempio di una città progettata secondo il rispetto dell’ambiente, nella quale si realizzano modi di abitare diversi.

Forme essenziali colorate

In questo appartamento, di proprietà di una giovane coppia, all’interno di un palazzotto del ‘500, nel Sasso Caveoso, modernità e tradizione convivono felicemente. L’intervento, mirato e intelligente, curato dall’Arch.Patrizia Capriotti (eseguito dall’impresa RE & Co di Angelo Spagnolo), è di massimo rigore estetico: la struttura originaria, caratterizzata da tre livelli, è rimasta inalterata, mentre si è lavorato molto sul recupero dei materiali, dal tufo alla pietra. Le bianche scale elicoidali conducono alla zona ipogea, che ospita la cucina, e alla zona notte che, nella sua essenzialità, ricorda sapori orientali.

La scala protagonista è bella

Bianche scale elicoidali, prefabbricate, collegano i tre livelli e, grazie alla loro essenzialità, conferiscono agli ambienti un carattere di sobria leggerezza.

Il piano terra ospita la zona giorno composta da due ambienti, soggiorno e pranzo, collegati tra loro da un arco in tufo, ed entrambi soppalcati.
Un grande portale in tufo, di nuova realizzazione, segna l’ingresso del bagno, (pagina 31) ricavato all’interno di una grotta interamente scavata nel tufo; tra il grande portale e le pareti, in una fessura in cui il cristallo sostituisce la muratura, la luce naturale illumina il bagno, che rivela la sorprendente originalità del contrasto tra le pareti tufacee e gli arredi di gusto contemporaneo (sanitari di Philippe Starck per Duravit e rubinetteria Agape).

«La suprema felicità della vita è essere amati
per quello che si è o, meglio, di essere amati a
dispetto di quello che si è.»
Victor Hugo

«Dopo aver cantato, ascolto e contemplo,
All’imperatore caduto erigo un tempio nell’ombra,
Amo la libertà per i suoi frutti, per i suoi fiori,
Il trono per il suo diritto, il re per i suoi dolori;
Fedele infine al sangue che hanno versato in me
Mio padre vecchio soldato, mia madre della Vandea! »

Victor-Marie Hugo (Besançon, 26 febbraio 1802 –
Parigi, 22 maggio 1885) è stato uno scrittore, poeta
e drammaturgo francese, considerato il padre del Romanticismo in Francia. Seppe tenersi lontano dai modelli malinconici e solitari che caratterizzavano
i poeti del tempo, riuscendo ad accettare le vicissitudini
non sempre felici della sua vita per farne esperienza esistenziale e cogliere i valori e le sfumature dell’animo umano. I suoi scritti giunsero a ricoprire tutti i generi letterari, dalla poesia lirica al dramma, dalla satira politica al romanzo storico e sociale,
suscitando consensi in tutta Europa.

Victor Hugo fotografato
da Walery (1830-1890).

L’arredo minimale, progettato con estremacura da “Mutinati Officine d’Interni”, e i toni caldi del legno di
larice del pavimento rendono lo spazio molto accogliente e vivibile. Il soppalco, elemento tipico dei locali dei Sassi (i cosiddetti ”lamioni”), è stato completamente rifatto rispettando le quote e i fori delle travi di legno già esistenti.
Il nuovo soppalco galleggia, aereo, nello spazio, ancorandosi ai muri perimetrali soltanto nei punti di innesto delle travi, conferendo, col suo candore, una sensazione di leggerezza e luminosità.

La cucina Isola di Akeo ricavata nella zona ipogea, in un ambiente che, come testimonia la mangiatoia
in tufo sul fondo della parete, un tempo era destinato a ricovero per animali. Un impianto di deumidificazione
garantisce un grado di umidità costante.
Un particolare del soppalco sulla zona pranzo la cui leggerezza e ariosità sono accentuate dalle ringhiere in acciaio.

L’architettura come testata del letto

Le pareti in tufo sono state trattate con un consolidante, traspirante e trasparente, che ne impedisce lo sgretolamento e le preserva dall’umido. Il risultato, sorprendente, è quello di uno spazio giovane e fresco, dall’ambientazione moderna, ben lontana dall’atmosfera rustica che si respirava un tempo nelle abitazioni dei Sassi; e ciò testimonia quanto sia penetrata in profondità la strategia del recupero, esportando l’immagine di una città, Matera, che, abbandonata l’idea di trasformarsi in zona archeologica, ha fondato sul proprio passato le basi per una fiera rinascita.

«La felicità è una merce favolosa:
più se ne dà e più se ne ha.»
(Blaise Pascal)

…E’ conoscere bene la nostra italia

Matera la città dei sassi

I Sassi di Matera sono stati iscritti nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 1993. Sono stati il primo sito iscritto dell’Italia meridionale. L’iscrizione è stata motivata dal fatto che essi rappresentano un ecosistema urbano straordinario, capace di perpetuare dal più lontano passato preistorico i modi di abitare delle caverne fino alla modernità. I Sassi di Matera costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione nel tempo delle risorse della natura: acqua, suolo, energia.

La "città della pietra", centro storico di Matera scavato a ridosso del burrone, è abitata in realtà almeno dal Neolitico: alcuni tra i reperti trovati risalgono a 10mila anni fa, e molte delle case che scendono in profondità nel calcare dolce e spesso della gravina, sono state vissute senza interruzione dall’età del bronzo (a parte lo sfollamento forzato negli anni cinquanta).
I Sassi sono davvero un "paesaggio culturale", per citare la definizione con cui sono stati accolti nel Patrimonio mondiale dell’Unesco. Il Sasso Barisano, girato a nord-ovest sull’orlo della rupe, se si prende come riferimento la Civita, fulcro della città vecchia, è il più ricco di portali scolpiti e fregi che ne nascondono il cuore sotterraneo. Il Sasso Caveoso, che guarda invece a sud, è disposto come un anfiteatro romano, con le case-grotte che scendono a gradoni,
e prende forse il nome dalle cave e dai teatri classici.
Un paesaggio in parte invisibile e vertiginoso, perché va in apnea in dedali di gallerie dentro la pietra giallo paglierino del dorso della collina, per secoli difesa naturale e ventre protettivo di una città che sembra uscita dal mistero di una fiaba orientale.
"Grotte naturali, architetture ipogee, cisterne, enormi recinti trincerati, masserie, chiese e palazzi, si succedono e coesistono, scavati e costruiti nel tufo delle gravine" scrive Pietro Laureano nel suo libro Giardini di pietra.
Laureano, architetto ed esperto dell’Unesco per le zone aride e per la civiltà islamica, è stato uno dei primi a ristrutturare ed abitare una casa nel Sasso Barisano. Molti lo hanno seguito, dopo gli anni dell’abbandono.
Oggi, da una grotta di tufo millenaria, dirige un ufficio del Comitato delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, e sta lanciando una banca dati sulle conoscenze tradizionali. Facciate rinascimentali e barocche si aprono su cisterne
dell’VIII secolo, trasformate in abitazioni.
Chiese bizantine nascondono pozzi dedicati al culto di Mitra. Alcuni ipogei sono stati scavati a più riprese fino agli anni cinquanta, altri murati e dimenticati, nascosti nei fianchi della collina.
Il Palombaro lungo, l’immenso serbatoio d’acqua sotto piazza Vittorio Veneto, ha delle sezioni costruite tremila anni fa, mentre le più recenti sono del 1700.
I Sassi, la città popolare, insieme alla Civita aristocratica e medievale eretta su un’antica acropoli, sono in effetti un palinsesto pieno di sorprese, anche se sembrano immobili e compatti, chiusi nella pietra nuda a tratti appena corretta da una mano di calce.

Mel Gibson, mentre percorreva le rampe e i passaggi che s’inoltrano labirintici nei Sassi di Matera, alla ricerca degli angoli giusti per installare i set delle riprese per il suo “La Passione di Cristo”, perse – parole sue – la testa. Per un australiano, cresciuto come attore e regista al sole di Hollywood, le ombre delle case che dopo l’ingresso diventano grotte, "quei blocchi di pietra, le parti della città antiche di 2000 anni", erano estranee alla modernità e quindi perfette per ambientare il film sugli ultimi giorni di Gesù.

La descrizione di Carlo Levi in “Cristo si è fermato a Eboli” evoca uno spalancare d’occhi. Alla sorella, che fa da voce narrante, i Sassi appaiono come due mezzi imbuti separati da uno sperone di roccia, la Civita, e la chiesa bianca di Santa Maria de Idris, "che pareva ficcata nella terra". I due mezzi imbuti sono i Sassi, e per Levi hanno la forma "con
cui, a scuola, immaginavamo l’Inferno di Dante".
Levi, spedito al confino in Lucania dal regime fascista, visita i Sassi quando sono all’apice di un collasso demografico che era iniziato quattro secoli prima.
Gli abitanti erano aumentati in maniera esponenziale e la pastorizia era in declino: sulle case nella roccia erano stati sopraelevati più piani, erano spariti gli orti e i giardini pensili, e le cisterne erano state riadattate a monolocali in cui intere famiglie convivevano con muli e pecore. Ma quelli che allo scrittore in esilio erano sembrati i gironi dell’Alighieri, in realtà facevano parte di un sistema complesso ed efficiente. La pianta dell’antica Matera vista dall’alto, si presenta come un’omega greca. Piazza del Sedile, nella Civita, appare in equilibrio tra il Caveoso e il Barisano. Si scende nei
Sassi per delle arcate, che sembrano dei passaggi occulti. Le calate erano affiancate da canali d’irrigazione che rifornivano cisterne a goccia, in alcune case ci sono fino a sette cisterne. Orti e giardini pensili si affacciavano dai tetti. I tetti a volte servivano da cimiteri: i vivi sottoterra, i defunti in superficie.
Nelle case, la luce arriva dall’alto come in una casbah nordafricana, e la temperatura è costante a 15 gradi, con la massa termica del tufo marino che funziona da climatizzatore.
Se i raggi del sole d’estate, perpendicolari e roventi, rimangono fuori, d’inverno, obliqui, scivolano sul fondo delle grotte.
Questo degradare e sovrapporsi di case e casette è solo apparentemente caotico, perché poi risulta costruito con molti accorgimenti. Ma la discesa nei Sassi è una sorpresa continua.
Tra viottoli e gradini si arriva in formidabili complessi monastici scavati nella roccia, cenobi benedettini e laure bizantine, in cui le celle di monaci si stringono intorno a una chiesa sotterranea.

 

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