Teologia di luce

Tratto da:
Chiesa Oggi 42
Architettura e Comunicazione

Teologia di luce

 

Prof. Don Carlo Chenis Segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Coordinatore della Commissione Artistico – Culturale del Grande Giubileo dell’Anno 2000. Professore di Filosofia Teoretica nell’Università Pontificia Salesiana.

 

Particolare della vetrata di San Domenico

 

Particolare della vetrata di San Domenico


Rev.Prof. Carlo Chenis, SDB
“Il fascino offerto dalle vetrate istoriate, presenti nelle chiese soprattutto a partire dal XII sec., genera nell’animo intimità, raccoglimento, quiete. Attraverso le vetrate l’attenzione del fedele è proiettata verso il cielo, luogo simbolico del divino”

Luce, colore, cielo. Sono questi gli elementi costitutivi delle finestre, molte volte istoriate, di una chiesa edificio. Siffatte aperture, suggellate da superfici policrome, trovano vitalità nella luce che il sole promana nei suoi vari movimenti diurni. Si generano atmosfere struggenti e rarefatte, che nel ripetersi incessante del cursus solare, dall’alba al tramonto, procurano sentimenti diversi e sempre connotano tensione spirituale.
Le vetrate istoriate sono simbolo eloquente dell’incontro tra l’uomo e Dio che si va realizzando nell’aula cultuale, laddove si celebrano i divini misteri. Nella loro articolata struttura possono realizzare un determinato programma iconografico e sempre devono essere parte del tutto architettonico, poiché la chiesa edificio sta ad indicare visibilmente l’evento salvifico che si realizza nella Chiesa, sacramento universale di salvezza. Nello specifico le vetrate istoriate rappresentano un varco che assume valore bidirezionale. In esse si figura l’essenza della liturgia ordinata alla santificazione dei fedeli e alla lode a Dio. Pertanto da una parte Dio si presenta sacramentalmente ai fedeli, mostrando i segni della salvezza, e dall’altra i fedeli si dirigono misticamente verso Dio, corrispondendo alla propria vocazione.
Spazio e tempo diventano allora icona significativa del compiersi in Cristo della ricapitolazione di tutte le cose. Lo spazio, che nelle vetrate si fa fulgida luce frantumata nei colori dell’iride, è pregustazione “della nuova terra e dei cieli nuovi”; il tempo, che su di esse è ritmato dalle diverse ore solari, diventa segno dell’ottavo giorno senza tramonto, in cui per sempre brillerà la luce divina. La luce, che attraversa le vetrate istoriate, indica la presenza del Signore nel suo volgersi verso il creato con amore provvidente. Il disegno, con cui queste si determinano, è manifestazione del succedersi degli eventi salvifici.
Lo sfrangiarsi caleidoscopico di colori e forme esalta la grazia divina che s’irradia nell’intimità di ciascun fedele catalizzando esperienze soprannaturali. Concreto e astratto, formale e informale, luce e colore trovano nelle vetrate istoriate un’unica tensione che porta alla coincidenza degli opposti. Infatti il sensibile artistico diventa icona dell’inesprimibile divino; l’immanenza della luce con lo sfolgorio dei colori richiama la divina trascendenza nella sua natura semplicissima; i contenuti iconografati generano nel loro complesso percezioni informali. Le vetrate sono metafora in cui la teologia positiva si coniuga con quella negativa, attivando un regime dialettico dove si enunciano i misteri rivelati da Dio e nel contempo si annuncia l’insondabilità dei divini misteri. Il posizionamento delle finestre, sia nei confronti dei punti cardinali con cui si orienta abitualmente la chiesa edificio, sia nel loro rapporto strutturale con l’esterno, non può non far ricordare cosmologia ed escatologia. Si realizza così il superamento della divinizzazione del sole in favore di una sua simbolizzazione al fine di indicare l’Onnipotente. Luce e colore diventano segni mistici. Il raggio luminoso è simbolo di purezza spirituale. Esso mai si corrompe e sempre rischiara i penetrali dell’intimo. Per quanto venga a far luce sulle brutture di questo mondo, non si contamina pur mostrando ciò che è imputridito. I mille colori delle vetrate sono metafora di ciascuna coscienza ove si riflette l’unica luce divina. Di conseguenza i tanti bagliori spirituali d’ogni animo si ricompongono in disegno fino a descrivere la grande epopea della salvezza. La progettazione di una vetrata per la chiesa edificio non può dunque risolversi in mera decorazione. Si tratta infatti di un elemento finalizzato a trasformare l’aula cultuale in anticipazione della sala del celeste banchetto. La luce è fondamentale per fare dello spazio sacro un componimento iconico e aniconico. Come già i mosaici, così le vetrate, abbisognano di luce per risplendere onde indicare le divine epifanie. Dovendo raccogliere in intimità spirituale la santa assemblea, i giochi di luce non devono distrarre i fedeli.
È quindi inopportuno immergere l’aula in cromatismi da acquario o in iridescenze da paesaggio di fantascienza, dal momento che l’habitat liturgico deve favorire l’attiva partecipazione tanto individualmente quanto comunitariamente. L’immersione del credente nello spazio-luce non deve estraniare né dal prossimo, né dal rito. La pedagogia della luce, di cui le vetrate sono emblema, serve per insegnare che tutte le cose trovano in Dio illuminazione e soluzione. Purtroppo non sempre l’impostazione delle vetrate facilita l’auspicata partecipazione dei fedeli, poiché talvolta l’eccessivo sviluppo delle superfici, le virtuose policromie, le soluzioni dal basso, proiettano sui presenti fasci di colori fastidiosi che distraggono i presenti. Occorre maggiore attenzione progettuale, sia in ordine alle percezione generata, sia in ordine alla composizione iconica. La luce nello spazio cultuale ha valore metafisico e teologico, pur emozionando dapprima i sensi, così che non è esibizione di orgoglio architettonico.
Genera uno spettacolo epifanico, così che si devono evitare percezioni solo seducenti. Non abbaglia, in quanto la provvidenza divina interviene a misura d’uomo, così che le vetrate vanno studiate nel loro orientamento solare. Definisce i contorni delle cose, così che le vetrate devono chiarificare i loro contenuti, tanto apofatici, quanto apofantici. Le vetrate istoriate sono quindi un importante elemento identificativo dello spazio dedicato al sacro, fascinoso ma non magico, solenne ma non enfatico, suggestivo ma non stravagante.

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