Chiesa dei SS. Cipriano e Cornelio a Calcata (Viterbo)


Prof. Arch. Paolo Portoghesi

“Il centro storico di Calcata fu inserito, nel secondo dopoguerra, in una lista di paesi pericolanti da evacuare: i suoi abitanti dovettero trasferirsi in un nuovo borgo, mentre le vecchie case venivano occupate da nuovi abitanti provenienti da Roma e da
diverse altre parti del mondo, attratti dalla bellezza del paese e della meravigliosa valle che lo ospita. Gli abitanti del paese nuovo, non potendo più usufruire normalmente della vecchia chiesa parrocchiale situata nel centro storico, hanno dovuto accontentarsi, per assistere alle funzioni religiose, di un modesto capannone prefabbricato.

Nel 1996, in occasione della sua visita pastorale, l’allora vescovo di Civita Castellana, Mons. Divo Zadi, promise solennemente che sul luogo, di fronte al nuovo municipio, sarebbe sorta una chiesa e mi chiese di progettarla insieme a mia moglie Giovanna come omaggio alla comunità di Calcata di cui eravamo ospiti dal 1973.
La nuova chiesa fin dall’esterno appare come composizione di due parti distinte: il basamento compatto e articolato come le mura di una ideale cittadella, che esprime la presenza del popolo di Dio raccolto in preghiera e il tiburio verticale che si allarga verso l’alto come mediazione tra terra e cielo ed esprime la trascendenza della Domus Dei: del luogo in cui si rinnova il sacrificio dell’Eucaristia.
Dall’interno la prima parte genera lo spazio compresso e centripeto della comunità che circonda l’altare, la seconda con la sua spazialità dilatata in altezza capta la luce e la diffonde sui fedeli, rievocando il miracolo di Pentecoste. Il passaggio tra le due
zone è segnato da una corona irraggiante che materializza la luce: "luce da luce" come recita il Credo. La centralità dell’ambiente è combinata con una accentuazione dell’asse longitudinale.

La città storica di Calcata si trova in un contesto ambientale di raro splendore. In questa pagina, in senso orario: vista panoramica dell’antico borgo sullo sperone di roccia. Profilo altimetrico in sezione, in cui si evidenzia la varia composizione materiale del terreno. La fotografia dal basso evidenzia il rapporto esistente tra costruito e roccia. Vista aerea dell’abitato storico. Pianta idrogeologica della zona.

Tale accentuazione è ottenuta con la successione delle tradizionali tappe del percorso processionale, simbolo della chiesa pellegrinante, in cammino verso la salvezza: il por tale, l’atrio, la navata e l’abside con l’altare, l’ambone e l’immagine di Cristo risorto. Così la nuova chiesa propone una sintesi delle soluzioni sperimentate dopo il Concilio Vaticano II e introduce il tema dell’illuminazione dall’alto che imprime un senso unitario alla celebrazione liturgica, ponendo l’accento sul fatto che la chiesa cristiana non è un tempio in cui la divinità ha la sua sede separata ma un luogo aperto in cui si raccolgono come pietre viventi
i fedeli, templi essi stessi che invocano la presenza del Cristo di cui la Chiesa come istituzione rappresenta il corpo mistico.
La matrice geometrica di base è il poligono di sette lati, raramente utilizzato anche per la difficoltà della sua costruzione geometrica, indagata da Leonardo e da Dürer. La scelta deriva dal fatto che il numero sette è privilegiato dalla tradizione ebraica e cristiana. Sette sono i giorni della settimana e del ciclo lunare, sette sono i sacramenti, sette i doni dello Spirito Santo, sette le virtù, sette i Dolori della Vergine, quattordici le stazioni della Via Crucis. La chiesa di Calcata ospita una serie di opere d’arte concepite in sede progettuale e strettamente legate a un programma iconologico, vuol entrare nel dibattito attuale sugli indirizzi dell’arte sacra e prende partito per una restituzione all’architettura dei ruoli che tradizionalmente l’hanno
legata alle esigenze della Chiesa.
Joseph Ratzinger nel libro Introduzione allo spirito della liturgia ha scritto: "Noi, oggi, non sperimentiamo solo una crisi dell’arte sacra, ma una crisi dell’arte in quanto tale, e con un’intensità finora sconosciuta. La crisi dell’arte è un altro sintomo della crisi dell’umanità, che proprio nell’estrema esasperazione del dominio materiale del mondo è precipitata nell’accecamento di fronte alle grandi questioni dell’uomo, a quelle domande sul destino ultimo dell’uomo che vanno oltre la dimensione materiale. Questa situazione può essere certamente definita come un accecamento dello spirito".
La chiesa di Calcata vuole in tutta umiltà partecipare al dibattito sugli indirizzi di una architettura "sacra" che, senza rifiutare un legame critico con il mondo contemporaneo sappia sottrarsi a questo "accecamento”.

La struttura è composta da una serie di profilati in calcestruzzo armato prefabbricato che si uniscono in una figura stellare: sui 14 sostegni di base disposti a coppie con i vertici convergenti al centro, si elevano i diedri delle pareti del tiburio che si apre progressivamente verso l’alto. Una volta terminato il montaggio della struttura in cemento prefabbricato,è stata sovrapposta la copertura a cupola stellare in legno.
Alla parte alta della chiesa, impostata secondo una figura ettagonale, corrisponde una base la cui pianta mostra un disegno di tipo “organico”.

In questa pagina, in senso orario: render delle strutture; montaggio delle stesse; da sinistra, l’Ing. Antonio M. Michetti e il Prof. Paolo Portoghesi all’inaugurazione, 28 giugno 2009. Pagina a lato: la cupola dal basso; sezione e piante coi percorsi di luce; omelia del Vescovo, S.E. Mons. Romano Rossi.

Chiesa dei SS. Cornelio e Cipriano a Calcata (Viterbo)
Progetto architettonico: Prof. Arch. Paolo Portoghesi, Prof. Arch. Giovanna Massobrio
Progetto strutturale: Prof. Ing. Antonio Maria Michetti
Collaudo: Arch. Riccardo Pellegrino
Copertura:Tegola Canadese, Vittorio Veneto (Treviso)
Mosaico sul portale d’ingresso: Progetto Arte Poli, Verona
Prefabbricazione in calcestruzzo: Edilgori, Orte (Viterbo)
Interventi artistici: Paolo Borghi (altare in terra cotta, immagine di Cristo Risorto, statue in bronzo della Vergine e in terracotta dei SS. Cornelio e Cipriano); Luigi Frappi (i due grandi paesaggi nelle cappelle laterali); Rita Rivelli (vetrata istoriata sopra il portale di ingresso).
Foto: © Paolo Portoghesi

Pensando alla chiesa che avrei progettata nel paese nuovo, mi è subito apparso chiaro che bisognava risarcire la memoria spezzata, la memoria del paese vecchio, con la sua bella chiesa che gli abitanti sono stati costretti a lasciare. Così all’esterno, con un basamento più largo, radicato nella terra e circondato da un prato, si erge un grande blocco di tufo che oltre a esprimere il significato religioso della chiesa, vuol ricordare la rupe su cui sorge Calcata e le case che la coronano in armoniosa continuità. Il blocco ha una sagoma stellare e si dilata verso l’alto come qualcosa che esplode verso il cielo perché era importante rendere visibile ciò che deve essere una chiesa nel mondo di oggi: l’affermazione che nell’era della tecnologia e della eclissi del sacro, in un mondo che privilegia i beni materiali e i piaceri più effimeri, in un mondo che ha rinunciato a considerare lo splendore di Dio come protagonista della vita sociale, Cristo è ancora presente con il suo messaggio di amore e di solidarietà umana. Il miracolo di Pentecoste è rievocato nella luce unica che scende dall’alto, nella corona di raggi che
collega i pilastri di sostegno, nel valore che assume il contrasto tra la dimensione compressa degli spazi del deambulatorio e lo slancio esplosivo dello spazio centrale dell’edificio. Lo spazio verticale centrale, luogo della vertigine, simbolizza l’elevarsi dell’uomo verso il cielo, la forza della preghiera ma anche lo scendere del "Figlio dell’uomo".

Se il tempio di Gerusalemme tendeva a fissare le tracce della presenza divina in un luogo "separato e inaccessibile", la chiesa, in quanto costruzione spirituale aperta, corpo mistico di Cristo, può ben esser domus Dei, casa di Dio, purché non si confonda la chiesa delle pietre viventi con l’edificio che le custodisce, il quale tuttavia può esprimere nel visibile l’invisibile,
nella chiesa materiale quella spirituale. Nella chiesa edificio si svolge la liturgia eucaristica che implica una presenza reale del Cristo nell’ostia consacrata così come il Cristo è presente nell’altare in quanto è, nello stesso tempo, come dice s. Ambrogio,
"vittima, sacerdote e altare del suo sacrificio". Dioè quindi presente, nella chiesa attraverso il Cristo che è presente nella pienezza della sua divinità. "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" si legge nel Vangelo di Matteo (18,20). La luce che scende dall’alto del tiburio vuol essere un simbolo della gioia di essere amati.

La testa del Cristo è un particolare della statua del Redentore, opera di Paolo Borghi

Quella gioia dalla quale il grande musicista Haydn diceva di sentirsi travolto quando m
etteva in musica i testi liturgici.
Qualcuno si chiederà perche tanto legno in questa chiesa, insieme ai mattoni, all’intonaco bianco, al cemento che reca l’impronta del legno della cassaforma; legno nei banchi, nell’ambone, nelle acquasantiere, nella sede vescovile, nelle travi che si incrociano in alto e reggono le tavole da cui sorge il lucernario. Il legno è la materia della croce, della tavola del cenacolo e la prima giovinezza di Gesù si è svolta accanto al laboratorio di un falegname. L’ardita struttura della chiesa è stata dimensionata e calcolata da un grande costruttore, l’ingegnere Antonio Michetti che ha concepito una struttura per parti separate realizzate in officina e collegate poi in cantiere con giunti gettati in opera. Gli abitanti di Calcata hanno visto così crescere la loro chiesa in più tempi: dapprima i sette pilastri accoppiati che sporgono in avanti e, successivamente, i quattordici giunti angolari che congiunti formano lo spazio verticale del tiburio. Realizzato l’involucro la copertura è stata costruita in legno lamellare ed acciaio e la cupoletta che copre il lucernario in poliuretano trasparente.

LA CHIESA DI CALCATA

La nuova chiesa di Calcata, che verrà dedicata ai santi Cornelio e Cipriano, patroni del paese, il 28 giugno del 2009 salda dopo quasi mezzo secolo un debito contratto con la comunità locale, quando all’inizio degli anni sessanta fu costretta ad abbandonare il vecchio paese medievale, dichiarato pericolante, e a trasferirsi in un nuovo insediamento a poca distanza dal vecchio.
Il centro storico di Calcata, dopo la forzata emigrazione fu salvato da nuovi abitanti provenienti da Roma e da diverse altre parti del mondo, attratti dalla bellezza del borgo e dalla meravigliosa valle che lo ospita, divenuta nel frattempo parco regionale. Gradualmente la fama del luogo si è diffusa e oggi è meta, nei giorni feriali, di un flusso turistico di crescente intensità, che potrà usufruire di una vasta area di parcheggio realizzata dalla amministrazione comunale.
Gli abitanti del paese nuovo non potendo più usufruire normalmente della vecchia chiesa parrocchiale situata nel centro storico hanno dovuto accontentarsi, per assistere alle funzioni religiose, di un modesto capannone prefabbricato. Nel 1996, in occasione della sua visita pastorale, l’allora vescovo di Civita Castellana, monsignor Divo Zadi promise solennemente che sul luogo, di fronte al nuovo municipio, sarebbe sorta una chiesa e chiese all’architetto Portoghesi di progettarla insieme a sua moglie Giovanna.
La chiesa progettata da Portoghesi, famoso per aver costruito la Moschea di Roma è la quinta esperienza dell’autore nell’ambito della architettura religiosa cattolica dopo quelle di Salerno, Terni, Vicenza e Castellaneta e rispecchia quindi il punto di arrivo di una impegnata partecipazione alla ricerca di una nuova configurazione dello spazio ecclesiale, coerente con la riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano.
L’edificio di Calcata realizza in due parti distinte, due realtà spaziali: la spazialità compatta e accogliente adatta ad esprimere la presenza del popolo di Dio, raccolto in preghiera che caratterizza la zona basamentale e la spazialità dilatata in altezza del vano centrale che capta la luce dall’alto e la diffonde sui fedeli, rievocando il miracolo delle Pentecoste. Il passaggio tra le due zone è segnato da una corona irraggiante che materializza la luce nel suo diffondersi ed esprime la gloria del Signore.
Attorno all’aula principale si dispongono in spazi confluenti il battistero, la sagrestia e il luogo raccolto per l’esercizio della confessione.
La centralità dell’ambiente che stabilisce tra l’altare e i fedeli un rapporto di avvolgimento è combinata con una accentuazione dell’asse longitudinale ottenuta con la successione delle tradizionali tappe del percorso processionale: il portale, l’atrio e l’abside con l’altare, l’ambone e la immagine del Cristo risorto. In questo modo la nuova chiesa propone una sintesi delle soluzioni sperimentate dopo il Concilio Vaticano e introduce il tema della illuminazione dall’alto che imprime un senso unitario alla celebrazione liturgica ponendo l’accento sul fatto che la chiesa cristiana non è un tempio in cui la divinità ha la sua sede separata ma un luogo aperto in cui si raccolgono come pietre viventi i fedeli, templi essi stessi che invocano la presenza del Cristo di cui la chiesa come istituzione rappresenta il corpo mistico.
La matrice geometrica di base è il poligono di sette lati, raramente utilizzato dagli architetti anche per la difficoltà della sua costruzione geometrica indagata da Leonardo e da Dürer. La scelta deriva dal fatto che il numero sette è privilegiato dalla tradizione religiosa ebraica e cristiana. Sette sono i sacramenti, sette i doni dello Spirito Santo, sette le virtù, sette i Dolori della Vergine, quattordici le stazioni della Via Crucis.
La chiesa di Calcata ospita una serie di opere d’arte concepite in sede progettuale e strettamente legate a un programma iconologico. L’altare in terracotta,opera dello scultore Paolo Borghi, autore di numerose opere di soggetto religioso tra le quali va ricordato l’ambone della cattedrale di Terni e il grande portale del santuario di S. Francesco di Paola, ha sulla fronte una immagine del Cristo Crocifisso con la Madonna e San Giovanni ai lati della croce; mentre sui due lati sono rappresentati il sacrificio di Isacco e il Cristo che bussa alla porta secondo una immagine dell’Apocalisse. Dietro l’altare, accanto alla sede vescovile, si colloca una immagine di Cristo Risorto realizzata in terracotta policroma dallo stesso scultore che ha modellato l’altare.
Di Paolo Borghi sono anche la statue in bronzo della Madonna e le statue in terracotta dei due Santi protettori di Calcata, S. Cornelio e S. Cipriano.
I due grandi paesaggi nelle cappelle laterali sono opera del famoso paesaggista di Bevagna, Luigi Frappi e la vetrata colorata sopra il portale di ingresso è di Rita Rivelli.

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