Strumenti e protezione


Le chiese debbono essere aperte per accogliere fedeli, pellegrini, ma anche amanti dell’arte di cui sono spesso custodi. Occorre anche adottare misure per evitare furti, come si è preoccupato di fare un parroco di Reggio Emilia.

Un tempo le chiese erano protette dal diffuso timore che chi le avesse violate sarebbe stato oggetto di punizione divina. Oggi non è più così. Rubare in chiesa è facile: si tratti di calici o quadri, vi si trovano molti oggetti che hanno valore nel mercato dell’arte o dell’antiquariato. Lo spiega la Prof. Arch. Jessica Astolfi, coordinatrice del corso executive “Sicurezza (security, safety) e tutela dei beni culturali ed ecclesiastici”, organizzato dal Politecnico di Milano sotto la direzione del Prof. Oliviero Tronconi. Un corso di alta specializzazione che affronta tutte le tematiche: dalla storia dell’arte alla normativa vigente, alla progettazione e gestione degli impianti. “I furti non sono diminuiti. Forse manca
ancora una adeguata sensibilità: certo ai parroci è affidata anzitutto la cura delle anime.

Ma gli spetta anche di occuparsi degli edifici e delle opere che contengono, il cui valore non è solo devozionale, ma anche di mercato” specifica la Astolfi. E installare un sistema efficace contro il furto non è poi così difficile. Un tempo si usavano le sbarre alle finestre (sicurezza passiva): oggi oltre a queste si possono collocare sbarramenti invisibili ma non meno efficaci: rivelatori attivi e passivi a raggi infrarossi, telecamere collegate a un monitor le cui immagini sono registrate e conservate per il tempo necessario a individuare che cosa è stato rubato e chi ha compiuto il furto.
Dal 1997 presso il Politecnico di Milano si svolgono corsi e master di I livello per preparare specialisti, capaci non solo di collocare strumentazioni antifurto (e antincendio), ma di farlo con specifica competenza: in modo che i rivelatori non abbiano un impatto eccessivo sulle architetture o sulle opere e che siano commisurati agli ambienti la cui sicurezza
devono presidiare.

Dall’alto, chiesa di S. Zenone: sensori sul portone; un rivelatore all’interno della chiesa.
Chiesa di S. Stefano: schema di collocazione degli impianti antintrusione; telecamera nel porticato.

Giuseppe Bonacini, dopo aver partecipato a un master due anni fa, ha compiuto il proprio stage presso Assosicurezza (una delle associazioni di settore, insieme a Anie, Anciss, Imq, Cei) e ha svolto la tesi magistrale su due chiese emiliane, S. Stefano e S. Zenone, su richiesta del parroco, Don Fabrizio Crotti, che ha provveduto, secondo quel progetto, a installare gli impianti. I sistemi di rilevamento sono collegati a una centralina posta nella canonica, che serve entrambe le chiese.


Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)