Stile classico

Tratto da:
Cucina bella e buona N°75
Stile classico: una rigorosa eleganza
 

L’architetto
L’arredamento classico
Chiediamo all’interior designer Filippo Perego di Cremnago se ci sono delle regole per realizzare un “interno classico” anche per quanto riguarda la cucina.
“Chi vuole realizzare un interno di questo tipo fa una difficile scommessa col nostro tempo, perché si tratta di rendere nuovamente attuali i canoni e le regole della bella architettura d’interni di prima della rivoluzione “funzionalista” e “razionalista” operata dagli architetti alla fine degli anni ‘20. Occorre quindi misurarsi con la sensibilità e i valori dell’architettura classica come si è venuta evolvendo dalla classicità greca del V sec. a.C. al neoclassicismo europeo di fine ‘700. Il concetto base è stata l’imitazione della natura, intesa come un insieme di strutture viventi caratterizzate da fenomeni quali la simmetria, la proporzionalità e la ripetizione modulare. Il metodo è sempre quello enunciato da Vitruvio nella famosa triade di concetti: simmetria, euritmia e cosmesi, cioè il proporzionamento di ogni membro in rapporto con l’intero organismo, la scansione ritmica mediante ripetizione di elementi uguali ed egualmente distanziati e infine l’abbellimento decorativo di pareti, pavimenti, tessuti, tappeti, ecc. Tutto questo con un risultato che alla fine deve apparire “naturale”.

Ecco i cinque punti essenziali che caratterizzano la tavola di atmosfera classica:

1.per la tovaglia più che il colore é importante il tessuto: lino o fiandra, impreziositi da un pizzo
2.un bouquet di boccioli freschi é un centrotavola raffinato e discreto
3.il servizio di piatti in porcellana biancha, orlata d’oro zecchino
4.irrinunciabili le posate d’argento e i calici in cristallo disposti a gruppo scalare, con la flùt in mezzo
5.alcuni dettagli preziosi per completare l’ambientazione, in questo caso cristalli Lalique

Il cuoco
I toni della classicità

Intervista a Gualtiero Marchesi il padre della nuova cucina italiana.
Gualtiero Marchesi nasce a Milano nel 1930 da genitori del settore che gestiscono il ristorante dell’Albergo Mercato. Compie i suoi studi alla scuola alberghiera di Lucerna e, sempre in Svizzera, inizia l’apprendistato presso l’Hotel Kulm di St. Moritz. Poi è la volta della Francia dove perfeziona il lato tecnico in alcuni dei migliori ristoranti del tempo, tra cui quello dei fratelli Troisgros a Roanne, fondamentale per la storia della nuova cucina francese. Ritorna in patria quando si sente ormai maturo per proporre agli italiani una nuova cucina ed apre un ristorante che porta il suo nome in via Bonvesin della Riva a Milano, dove riscuote un immediato successo. Era il 1977 e i tempi erano maturi per questo tipo di rivoluzione. La Guida Michelin gli dà subito una stella, poi due, infine tre ed è la prima volta in Italia. Ma il corso degli onori non è finito: nell’86 viene fatto Cavaliere della Repubblica e nel ‘91 Commendatore per volere di Cossiga, ma nel frattempo il ministro francese della cultura Jacques Lang l’aveva nominato Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere. E’ attualmente presidente dell’associazione europea dei cuochi. E’ ormai un personaggio ufficiale e gli chiedamo se esiste (e quale eventualmente sia) una “cucina classica italiana. "La cucina classica francese è facile da identificare perché l’ha codificata Escoffier, ma in Italia non è avvenuto niente del genere. Esistono dei repertori di cucina regionale, ma siamo ben lontani da una codificazione. Forse perché la “codifica” non è congeniale al carattere degli italiani. “Quando si parla di ricette regionali, si pensa subito a piatti della tradizione in parte démodé ma ricchi di sapori, di intingoli e spesso di calorie. L’alta cucina invece fa pensare a quei piatti di rara raffinatezza che non si possono preparare in casa e che è possibile degustare unicamente nei ristoranti più esclusivi. E’ un’interpretazione legittima, ma non sempre esatta. Verrebbe da ricordare a questo proposito la raffinatezza del “regionale” salmoriglio (una salsa a base di acqua, olio e succo di limone) da opporre alla “classicissima” salsa legata con farina come la besciamella. Ma non bisogna credere che queste due culture siano inconciliabili o addirittura antagoniste. Quello che le caratterizza è la tecnica culinaria adottata, ma molte mie portate nascono dall’applicazione delle tecniche culinarie dell’alta cucina ai piatti della tradizione regionale, in modo che questi acquistino maggiore dignità pur conservando lo spirito della terra in cui nascono.”

In queste pagine sono protagoniste due raffinate dimore, in cui l’amore per il classico si é espresso attraverso scelte differenti. Qui accanto, due scorci della medesima casa: suntuose “boiseries” in noce e morbide tende di seta ricreano un’atmosfera preziosa e d’altri tempi. Merita una nota d’ammirazione la collezione di vasi francesi, Lalique e Sabinò, in cui spicca il portafrutta centrale a “grappolo d’uva”. Nell’altra dimora, le pareti bianche,luminosissime danno risalto ai pregiati pezzi d’antiquariato, abbinati tra loro in modo da riprodurre veri e propri quadri tematici, in base all’epoca di appartenenza.

Una rigorosa eleganza
progetto Rosalba Festa Campanile
Cucina Smeg
Lavastoviglie Candy
Rubinetterie Pinci

In origine, la cucina era uno studiolo adiacente al salone di rappresentanza, collocato nel superattico della casa; la trasformazione é stata effettuata per ragioni di praticità, infatti era necessario avere vicina una zona operativa per le cene ufficiali allestite nel salone. L’eleganza dell’ambiente circostante richiedeva, inevitabilmente, la realizzazione di una cucina dalle linee classiche e raffinate. Per renderla veramente unica, la padrona di casa ha pensato di recuperare i mobili dello studiolo (scaffali e armadi), riadattandoli e inserendovi gli elettrodomestici. Si é scelto di ricoprirli con pannelli in laminato antigraffio color antracite, che produce un efficace contrasto cromatico con il pregiatissimo pavimento grigio chiaro di marmo carrara, anch’esso elemento originario dello studiolo. E’ stato, quindi, creato un lungo piano di lavoro rivestito in laminato bianco. Un arco collega la cucina a una piccola nicchia con finestra, riservata solitamente alla prima colazione: qui, le pareti sono state ricoperte da una tappezzeria in carta “grillage”, con motivo a tralcio d’edera, mentre un piccolo tavolo e due seggiole pieghevoli bianche completano l’arredo.

La ricetta
Sorbetto di cioccolata, da un’antica ricetta napoletana datata al 1794.
Riportiamo qui sotto il testo originale di una antica ricetta napoletana, che propone una delle innumerevoli versioni del sorbetto al cioccolato.
“ Due libbre di cioccolata (1 kg) e libbra una e mezza (680 g) di zucchero si metteranno a bollire con libbre quattro (1,5 l) d’acqua e mezza oncia(14 g) di vaniglia pesta. Disfatto che sarà, tutto si passerà per fino setaccio e si tornerà di nuovo al fuoco per farla addensare e quest’addensamento si conoscerà quando, attuffandoci un cocchiaio, resta di essa vestito. Allora si verserà al vaso ove si ha da congelare, accrescendoci un pezzo di grasso di cacao. Si aggirerà entro di esso vaso con mestola, fintanto che siasi raffreddata; ed indi si metterà a neve, e secondo l’arte si giacerà e si congelerà.”

 

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