St. Thomas More a PaducahUno sguardo dal cielo

“Nei tempi antichi, l’avvicinamento al luogo sacro, ritualizzato come viaggio spirituale, era considerato parte della liturgia, proprio come i riti svolti nel tempio… Tuttavia nella nostra architettura di culto sembra che si sia dimenticata l’importanza del luogo per il viaggio spirituale come modo per entrare nell’ambito della celebrazione liturgica” scrive il progettista, James F. Williamson. Con questa chiesa egli ripropone la ritualità del percorso di avvicinamento.

La natura circostante qui è stata reinterpretata, “riprogettata” quasi, in vista del gesto liturgico che informa il luogo di culto. “Spesso nelle chiese di oggi, il nostro arrivare e il nostro entrare son impoveriti da progetti di poco significato. Arriviamo al parcheggio e, per risparmiare le nostre energie, ci precipitiamo alla porta più vicina, evitando l’entrata principale che pure è ricca di significati simbolici. – scrive ancora il progettista James F. Williamson – Si tratta di un’esperienza che ritroviamo identica, per l’assenza di contenuti spirituali, a una visita a un centro commerciale, dove i negozi sono affogati in un mare di asfalto, alienati da ogni contesto sociale e simbolico.” Williamson si riferisce naturalmente all’esperienza statunitense, dove grandi sono gli spazi, grandi le distanze e grandi anche i parcheggi. Ma le dimensioni relativamente ridotte delle nostre città europee non impediscono che anche qui la descrizione del problema mantenga la sua validità. Ed ecco la domanda che è stata posta alla base del progetto: “Che risultato otterremmo, nella nostra cultura dominata dall’automobile se cercassimo di riscoprire il viaggio spirituale come modo di avvicinamento a una chiesa nuova?”. La cittadina di Paducah, al sudest dello stato del Kentucky, fu fondata da immigranti protestanti di origine irlandese e scozzese. Nel corso del secolo ventesimo il centro eminente del cattolicesimo è stato rappresentato dalla chiesa di San Francesco di Sales. Una parrocchia più piccola, intitolata a St. Thomas More, è stata aperta presso i locali di una scuola costruita negli anni ’50.

 

 

Questa piccola parrocchia è cresciuta molto rapidamente, mentre altrettanto rapidamente si espandeva la nuova periferia di Paducah: al punto che negli anni ’80 si è resa necessaria la costruzione di una nuova chiesa. Fu prescelta per la costruzione un’area nei dintorni della cittadina, che avrebbe consentito un’ulteriore espansione della comunità e avrebbe rappresentato il segno della vitalità del cattolicesimo locale. Si tratta di un terreno a prato di venti acri su cui si eleva una dolce collina con un vicino stagno. Il panorama è agreste. Il programma costruttivo è stato articolato in diverse fasi: la prima, quella completata, include la chiesa, le cappelle, stanze per riunioni e il parcheggio. La seconda fase si articolerà in una sala comunitaria, uffici e scuola materna. Il progettista ha scelto di sviluppare l’edificato raccolto a corona attorno alla parte più alta del rilievo. Questo spazio centrale aperto ha la funzione di simboleggiare l’assieme della comunità ma soprattutto permette di evitare la sensazione di “occupazione” e dominio sul luogo che sarebbe derivato dal costruire proprio in cima al colle. La piazza così definita si apre verso sud: da qui soffia la brezza estiva mentre d’inverno maggiore è il calore. Il parcheggio è stato raccolto attorno alla base della collina, dalla parte opposta rispetto a quella dove si trova lo stagno. Con andamento circolare, esso è stato circondato dagli alberi a presidio dell’intorno naturale che in tal modo non viene violato dall’onnipresente invadenza delle automobili. Visto da lontano, dalla strada che proviene da Paducah, il complesso presenta un profilo asimmetrico, tipico degli edifici campestri della zona. Il campanile, non altissimo ma chiaramente individuato, segnala la presenza del luogo di culto. Gli edifici del complesso sono uniti da un porticato: chi arriva prima nota la centralità della piazza/sagrato, al culmine del pendio, poi il porticato che la definisce e che lo accoglie. La presenza del porticato risulterà ancora più importante una volta che siano stati realizzati anche i due edifici mancanti (scuola materna, uffici e aula parrocchiale): circondata da tre lati la piazza assumerà un ruolo ancor più preminente, di fulcro di uno spazio irraggiante che rimanda al perimetro coperto. Questo a sua volta stabilisce un percorso che ha la sua naturale conclusione nell’accesso principale all’aula liturgica. Qui il porticato si eleva per mostrare la grande porta vetrata dell’aula, su cui campeggia la scritta “Let Us Celebrate God’s Presence with Joy”.

L’aula è divisa in tre navate e quattro campate.
Conserva tuttavia una trasparenza totale che consente una chiara individuazione di tutti i poli liturgici e una loro proficua interrelazione
Sopra: la planimetria. La parte evidenziata in giallo è quella relativa all’edificio già ultimato. Gli altri due edifici ospiteranno la sala parrocchiale (a destra nel disegno), gli uffici e una scuola materna. All’interno dell’aula predomina il colore chiaro del legno di quercia. Ogni particolare è stato disegnato dagli architetti progettisti: in tal modo l’ambiente acquista omogeneità e coerenza

Per quanto dall’esterno si possa guardare attraverso le vetrate fin nell’aula, prima di accedere a questa, superata la soglia, ci si trova in un ampio atrio, grande a sufficienza per accogliere tutta l’assemblea prima o dopo le celebrazioni. Sulla destra di chi entra si trova la cappella con la custodia eucaristica, sopra la quale si apre a tutta altezza lo spazio interno del campanile, alto 15 metri. Le sue pareti sono punteggiate da finestrelle quadrate che nel corso della giornata determinano un cangiante gioco di luci. Dal vano di accesso quattro doppie porte vetrate danno accesso all’aula, dove anzitutto è posto un fonte battesimale in granito nero con acqua corrente su due livelli: una bacinella alta per i bimbi, una vasca in basso per gli adulti. L’interno dell’aula è elaborato in legno di quercia. Le panche raccolte su tre lati attorno alla pedana dell’altare, le capriate del tetto sapientemente progettate per rispettare la tradizione e contribuire alla trasparenza. Dietro l’altare si regge una breve parete in muratura che funge da schermo e cornice; mentre il resto della parete di fondo è una vetrata che guarda sullo stagno e, attorno a questo sul panorama campestre. È questo lo scenario che si staglia sul fondo, come un grande affresco incoronando l’altare con l’ineffabile grazia della natura, quasi a sottolinearne la centralità di presenza. La semplicità dell’assieme non deve ingannare. Si tratta di un’architettura volutamente vernacolare in cui si ricerca la chiarezza di significato, sia all’esterno sia all’interno. Le pareti in mattoni, la forma dei tetti metallici facilmente richiamano gli edifici agricoli del Kentucky. Ma le grandi vetrate ad abbaino sul tetto, le grandi pareti di cristallo che definiscono l’aula, nel loro dialogo col campanile definiscono inequivocabilmente il luogo di culto. Nel descrivere il percorso progettuale, l’architetto si rifà alla esperienza avuta quando salì dal mare al tempio di Apollo, sul monte Parnaso. È l’esperienza del percorso sacro che fin dall’antichità coinvolse l’essere umano. Si tratta dell’esperienza del rispetto per il luogo: quella di giungere là dove si mette piede non per occupare o per possedere, bensì per essere accolti e contemplare. In questo senso il rilievo collinare è stato utilizzato in modo assai accorto. Se la chiesa fosse stata posta al culmine della collina essa avrebbe determinato una conclusione definitiva, il termine fisico del percorso. Posta invece come elemento preminente nella corona di edifici che circonda la piazza, la chiesa diventa uno spazio che rimanda altrove. A questo gioco di rimandi contribuisce anche la trasparenza della parete di fondo col suo vasto panorama. In tal modo più che inserirsi in uno spazio esistente, la chiesa diventa elemento di mediazione per uno spazio differente; luogo di arrivo e allo stesso tempo luogo di partenza per un cammino la cui conclusione non può essere definita in linguaggio umano. La poesia in architettura sta nella capacità di accennare, non nell’affanno di concludere. L’esperienza del sacro trova vita tra la chiarezza dei simboli e la praticabilità del luogo.
Alfonso Cantoni

St. Thomas More Catholic Church
Indirizzo: 5645 Blandville Rd., Paducah, KY 42001-8722 (USA)
Progetto: Williamson Pounders Architects, P.C., James F. Williamson, AIA, Brantley Ellzey, RA – Memphis , TN
Architetto associato: James Sinquefield, Paducah, KY Strutture: Jamnu Tahiliani & Associates, Inc. Memphis, TN
Architettura del paesaggio: Ritchie Smith Associates, Memphis, TN
Consulenza liturgica: Rev. Richard S. Vosko, Clifton Park, NY Altri consulenti: R. Lawrence Kirkegaard & Associates, Downers Grove, IL Florence & Hutcheson, Inc. Paducah, KY Jerit/Boys, Inc. Oak Park, IL
Realizzazione: A&K Construction, Inc. Paducah, KY Superficie: 8.000 mq circa Sedute: 600

 

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