Se si tolgono i simboli non è più chiesa

Testimonianze – I luoghi liturgici

Autore di un recente volume sul "Rito della dedicazione della chiesa e dell’altare", Mons.Ambrogio Malacarne è il Direttore dell’Ufficio Arte Sacra della Diocesi di Trento. In quest’intervista richiama alcuni degli aspetti fondamentali, ma talvolta ancor oggi trascurati, dell’approccio alla organizzazione liturgica dell’aula celebrativa. Ed evidenzia l’importanza degli elementi capaci di richiamare con evidenza la tradizione.

Tra i diversi poli liturgici è solo l’altare a essere consacrato?
Ambone e fonte sono soltanto benedetti. La chiesa è consacrata, con 12 o con 4 croci, simbolo dei quattro evangelisti. Ma in senso proprio è l’altare che viene consacrato. È nell’altare che sono poste le reliquie traslate dalla chiesa preesistente ed è l’altare che simboleggia il corpo di Cristo. È per questo che nel progettare una chiesa nuova si deve partire dall’altare, tenendo questo come polo di riferimento di tutto lo spazio. Il volume recentemente pubblicato si compone di tre parti: la prima è dedicata alla storia, la seconda al commento liturgico riguardo al rituale della consacrazione come questo si è configurato col Concilio, la terza parte è dedicata alla presentazione degli elementi liturgici anche sotto il profilo artistico e architettonico.

Mons.Ambrogio Malacarne
La chiesa parrocchiale di Lagundo (pubblicata in
CHIESA OGGI architettura e comunicazione n. 3/1992).

La centralità dell’altare va sottolineata anche con la giusta collocazione degli altri poli: come ci si deve
muovere al riguardo?

I poli principali sono: altare, ambone e fonte battesimale. L’ambone deve esser distante e distinto dall’altare. E, soprattutto, dev’essere un vero ambone, cioè un luogo elevato e dotato di grande dignità, e
non un semplice leggio. Riguardo il fonte battesimale spesso si hanno grossi problemi di collocazione. Nei documenti della Conferenza Episcopale Italiana è indicato che il fonte non va collocato sul presbiterio: tuttavia vediamo ancora alle volte fonti posti proprio lì. Nello studiare la collocazione di questi poli, si deve avere in mente la chiesa come luogo di percorsi, non come uno spazio statico. La celebrazione del battesimo prevede l’accoglienza, sulla soglia, poi il
passaggio all’ambone e quindi al luogo dell’eucaristia. La collocazione spaziale deve tenere conto di questa esigenza. Il fonte battesimale, oltre che come luogo del battesimo, rientra nei percorsi che attraversano lo spazio liturgico. Si pensi per esempio che nel nuovo cerimoniale del matrimonio si prevede la possibilità che gli sposi si portino al fonte, per rinnovare il loro battesimo. Naturalmente nel momento in cui mi debba rivolgere a un architetto che sta progettando una chiesa, io non posso illustrare come deve essere fatto il fonte: posso spiegare come avviene il battesimo. Starà al professionista tradurre in forme e ambientazione spaziale questa idea.

E il tabernacolo? A volte si vedono ancora custodie eucaristiche poste in asse con l’altare…
I documenti della Conferenza Episcopale Italiana richiedono che non vi sia sovrapposizione tra questi due luoghi. Per il tabernacolo spesso si prevede una cappella laterale che consenta l’adorazione.

Ma il tabernacolo non dovrebbe essere visibile sin dal primo momento in cui si entra in chiesa?
È chiaro che deve essere posto in modo tale che non lo si debba andare a cercare come in una caccia
al tesoro. Lo si deve vedere, se non dal momento in cui si mette piede oltre la soglia, nell’inoltrarsi nella chiesa. A San Pietro in Vaticano si trova la cappella eucaristica sulla destra a poche decine di passi dopo l’ingresso, ma la riserva eucaristica usata è quella che sta nel transetto di sinistra, più vicino all’altare. Nella chiesa di San Giuseppe Lavoratore a Rovereto, pubblicata su CHIESA OGGI architettura e comunicazione n. 64/65-2004, il tabernacolo è ben
visibile in un’abside sulla destra, che ne fa uno spazio dedicato, una realtà ben distinta dall’aula per quanto in piena continuità con questa.

Non è proprio la presenza del tabernacolo che distingue la chiesa cattolica da quella protestante?
Le chiese protestanti alle volte hanno pulpiti talmente grandi da sovrastare l’altare: indice del peso che
viene attribuito alla parola proclamata rispetto all’eucaristia. Noi sottolineiamo la distinzione e la distanza tra questi due poli, per evitare sovrapposizioni con l’eucaristia. E ci riferiamo alle immagini del sacrificio di Melchisedech raffigurate nei mosaici di Ravenna. L’affanno di distinguerci dalle condizioni spoglie delle chiese protestanti, ha portato in epoca post- tridentina a raccogliere tutto sopra l’altare: dal tabernacolo ai candelabri. Facendone così una “macchina” come la chiama Valenziano, eccessivamente complessa. Col Vaticano II siamo ritornati alla ricerca di un altare piccolo, rivolto verso il popolo, che sia simbolo del sacrificio e luogo della mensa. Per quel che riguarda le chiese storiche, direi che la ricchezza stessa delle immagini evita qualsiasi confusione con la chiesa protestante, che di per sé è spoglia. Noi abbiamo esagerato con le immagini devozionali, in particolare nell’800. Loro hanno esagerato
in senso opposto. Per quel che riguarda le chiese nuove, il discorso è diverso, senz’altro l’avvicinamento è maggiore. Il problema è che ancora si stenta a trovare qualche esempio di chiesa veramente soddisfacente…

Non ne ha in mente neppure uno? Forse la chiesa nuova di Lagundo, degli architettiGutweniger di Bolzano. Qui si nota una ricerca portata avanti con intelligenza dell’apparato simbolico, pur in un linguaggio arti
stico e architettonico
moderno, semplice e schietto. Credo infatti che il simbolo sia fondamentale nella chiesa. Per questo ritengo che l’arte astratta non sia adatta allo spazio liturgico. Se accantonassimo il simbolico, con esso potremmo accantonare tutta la liturgia. Il che, dopo che per 2000 anni abbiamo fatto tanto chiasso attorno al valore di un pezzo di pane, suonerebbe un po’ assurdo.

(L. Servadio)

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