L’aula Cosmica Una grande sala ellittica capace di contenere oltre mille persone, per consentire ai numerosi pellegrini che affluiscono al Santuario di Montenero di essere ospitati degnamente. Un luogo polifunzionale, adatto alla celebrazione come anche allo svolgimento di convegni.Adolfo Natalini ha armonizzato la nuova grande struttura nei limiti lasciati dal Santuario esistente. La collina sorge quasi a ridosso della costa, in un tratto dove la città diluisce la propria densità ed una luce secca come vetro diventa padrona. La strada devia verso campi obbligati da muri bassi sino a celarsi sotto una massa compatta di colore verde scuro con riflessi argentei e gialli; poche case dagli intonaci chiari e cotti dal sole sbucano tra contorni arruffati di lecci e di pini marittimi, ma basta cambiare di pochi gradi l’angolo di osservazione ed ecco che di nuovo tutto affoga nell’indistinto. Con gradualità la vegetazione sfiocca concedendo alla vista di correre verso occidente ed il pendio tronca il proprio profilo contro i bastioni di contenimento che lo imbrigliano. Una singolare costruzione dai vaghi lineamenti nordici annuncia la meta; di lì a pochi metri la piazza sagrato sembra raccogliere le tre vie strette che qui si incrociano. La piazza ha forma di rettangolo leggermente strozzato verso il lato corto che sfonda verso l’aperto. Al visitatore si offrono: a sinistra gli edifici di più antichi – la Chiesa ed i primi alloggi -; sul fianco opposto la teoria di archi che strutturano il Famedio ed in fronte la ‘Casa del Pellegrino’, un’architettura dalla sezione strettissima – cinque metri scarsi – e faccia da palazzo fiorentino, singolare remake di inizio secolo. Nelle foto: Il nuovo corpo di fabbrica si presenta come una grande ellisse dietro il santuario storico. Anche questa piccola porzione urbana ha subito il lento modificarsi dei propri elementi costituenti. Ma nei suoi caratteri decisivi lo spazio voluto dall’Abate Generale Don Rodesindo Marcucci sul finire del XVIII secolo non ha subito accidenti. Esso si mostra quale diretta proiezione degli ambienti del Santuario e sito privilegiato per incontri e celebrazioni, centro assiologico e geometrico dell’intero sistema, chiara e netta stanza, primo momento di sosta per il viandante. Il programma di concorso prevedeva la realizzazione di una grande sala per circa mille persone con una serie numerosa di locali accessori ad essa connessi. È espressamente richiesto che le sagome della nuova fabbrica non alterino l’equilibrio dello skyline esistente, sino a suggerire che la necessaria aggiunta risulti del tutto non scorgibile dalla piazza. Il fine di questa architettura sembra quello di inserirsi con risolutezza nella lunga vicenda di metamorfosi che il complesso monumentale serba come suo portato. Punto di traguardo che determina l’attenzione prestata non solo nel comporre i più recenti locali con la distribuzione delle fabbriche antiche, ma anche nel supporre una possibile dilatazione del disegno di suolo, capace di raccogliere e custodire i molti vuoti in una catena ordinata, priva di soluzioni di continuità. La sezione fissa tre quote per gerarchia primarie. La prima, calcata sul piano del sagrato, consente di riconsiderare gli ingressi alla Casa del Pellegrino come le porte alla nuova costruzione. A questo livello trovano alloggio un ampio foyer, una caffetteria, una sala conferenze di medie dimensioni ed i servizi. I sistemi di risalita connettono un secondo livello dove, in fronte alle due scale, una teoria di aperture annunciano l’Aula Mariana. Questo spazio ha per tracciato di pianta un’ovale i cui diametri misurano 50×28 metri ed altezza (l’asse maggiore risulta disposto in parallelo all’altare, sì da ridurre la distanza reciproca tra quest’ultimo ed i numerosi astanti). Questa soluzione permette di ridurre la porzione di terreno soggetta a sbancamento e consolidamento ed al contempo rende fruibile la sala direttamente dai cortili, stabilendo così molteplici percorsi di visita ed accesso.
La copertura del grande invaso è immaginata come un belvedere i cui protagonisti principali sono la netta linea dell’orizzonte marino e la torre campanaria antica; meta ed arrivo del tragitto che avvolge, come una tenace pianta rampicante, i corpi di recente edificazione dipanandosi tra terrazzamenti e giardini pensili, occasioni di sosta e riposo. A quote intermedie si insediano, infine, una piccola sala per incontri – immediatamente servita da via del Poggio – e la residenza del custode. L’intera addizione presenta lineamenti semplici ed austeri, per niente sedotti dal grazioso o inessenziale; i materiali impiegati, per quanto possibile, rispondono tutti a principi di durata e radicamento, o consuetudine costruttiva. La giacitura, il suo principio insediativo, riscatta e cambia di segno a molta parte del complesso, pur accogliendone le vocazioni profonde – l’intimità, la prossimità, l’intreccio e l’accavallarsi delle fughe visive mai perfettamente centrate, etc. La fabbrica rifugge da ogni fascinazione mimetica ma, al contempo, non si cura di alcun esibizionismo o sfoggio gratuito di virtù – siano essi di natura tecnica o di lingua – preoccupandosi altresì di dare forma esoggiorno ad una trama chiara e precisa, sola via in grado di tessere una rete di rapporti reciproci bilanciati. Con prassi d
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