Sandro Botticelli

Sandro Filipepi detto Botticelli, figlio di un conciatore di cuoio, fu uno dei maggiori pittori del ‘400 fiorentino. La prima notizia su di lui la fornisce il padre quando, in una dichiarazione del 1458 agli Uffizi del Catasto, fa scrivere:
"Sandro, mio figlio, ha tredici anni, sta a legare ed è malsano", intendendo per “a legare” l’attività di legatore di gioie e apprendista orafo (disegno e incisione) svolta presso una bottega. L’origine del soprannome “Botticelli” è da ricercare: o nello stretto rapporto che legava Sandro al fratello Giovanni, chiamato “Botticello" (basso, grosso, colorito e ripieno di vino), o nell’attività dell’altro fratello Antonio che batteva l’oro (battigello).

Autoritratto di Botticelli
(1445 – 1510)

Prima di avviarsi alla pittura, a spese dei familiari, andò “a leggere” in una scuola, poi secondo il Vasari frequentò le botteghe di fra Filippo Lippi e del Verrocchio. Botticelli partecipò al raffinato clima umanistico promosso dai Medici, immortalando la natura con grandi scenari ricchi di colori e fiori (es. La Primavera e La nascita di Venere). Adesso vogliamo segnalarvi una gustosa favoletta rinascimentale raccontata ai turisti di Firenze. Sandro Botticelli e Leonardo da Vinci , dopo il loro incontro nella bottega del Verrocchio, avrebbero cementato l’amicizia aprendo un’osteria chiamata “Le Tre Rane” dove troneggiava un bel camino protagonista delle serate e dei dibattiti tra gli artisti dell’epoca. Qui la clientela sceglieva il menù, sia leggendo le pietanze scritte da destra a sinistra dal mancino Leonardo, sia indicando le immagini disegnate dal Botticelli. Ricco l’elenco delle portate: dalla ribollita all’arista, dal baccalà ai ranocchi fritti. Malgrado l’inventiva di Sandro e Leonardo, l’osteria non ebbe lunga vita facendo perdere le tracce di sé.

Ricetta

Ranocchi alla moda di Botticelli

Un tempo il “ranocchiaio” andava a pescare di notte con una lenza che aveva come esche lumache o rane femmina. Le prede una volta catturate venivano pulite, lavate e infilzate a collana in un giunco.
La rana, nonostante viva in acque stagnanti, ha carni bianche, tenere e prive di sapori forti. Sono quindi ingiustificate le pratiche di marinatura in vino, limone o aceto, spesso suggerite dai ricettari. Il brodo fatto con le carni di ranocchi,
un tempo, era ritenuto, un toccasana per i sofferenti di stomaco.

Preparazione
Come consigliava il Platina i ranocchi andrebbero tenuti, debitamente spellati e privati della bile, per un giorno ed una notte nell’acqua fresca.
Asciugare bene i ranocchi, infarinarli e metterli in una padella con abbondante olio caldo; salare, pepare e far rosolare bene le rane da entrambe le parti, avendo cura di muoverle spesso.
In una scodella battere delle uova con sale, pepe e limone; versare il composto sui ranocchi e completare la cottura a fuoco basso senza muovere la frittata.

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