Rimini

Il Meeting per l’amicizia fra i popoli promuove a Rimini, nelle sale recentemente riaperte della Rocca Malatestiana, la mostra “Il Trecento Adriatico. Paolo Veneziano e la pittura tra Oriente e Occidente”. Fino al 29 dicembre 2002.

L’Adriatico è sempre stato una sorta di grande lago, le cui sponde erano legate da intensi traffici marittimi. Nel periodo che interessa l’esposizione, cioè i primi secoli dopo il Mille, ed esattamente il Duecento e il Trecento, nonostante le molte diversità delle popolazioni e dei governi, e nonostante le frequenti guerre e lotte fra i popoli, fortissimi furono i legami che si instaurarono tra i centri delle due sponde del mare denominato da allora “Golfo di Venezia”. Si originò così un linguaggio comune, una sorta di koinè di espressioni artistiche, tuttora ben chiaramente evidenziabili a chi si avventuri in percorsi marittimi e di terra lungo i centri che si affacciano sull’Adriatico. In particolare, in seguito alla straordinaria fioritura ravennate a cui si devono fondamentali e imperituri apporti culturali e artistici dall’Oriente – cui Venezia stessa attingerà copiosamente – a partire dal Duecento inizia ad affermarsi in area Adriatica, con sempre maggiore potenza commerciale prima che politica, la Repubblica di Venezia. Nel campo della pittura, che qui più interessa, è proprio attorno al centro di Venezia che si viene a sviluppare, a partire dalla seconda metà del Duecento e fino almeno alla metà del Quattrocento, un linguaggio che sostanzialmente accomuna le due sponde dell’Alto Adriatico, e che vede emergere la forte personalità di Paolo Veneziano, attivo intorno alla metà del Trecento. Alla fine del Duecento, e anche qualche decennio prima, Venezia è legata al mondo orientale, bizantino, di cui sembra, per quanto attiene alla pittura, essere una sorta di colonia. Bizantine sono del resto, anche nel primo Trecento, le tipologie dei personaggi, dalla figura asciutta e allungata e dai volti chiusi e severi, di colore scuro. Questa costante del linguaggio pittorico bizantino, riscontrabile addirittura fino al primo Quattrocento, sarà destinata a mutare quando Venezia acquisisce, soprattutto con la personalità di Paolo Veneziano, un’autonomia figurativa e diventa un grande centro artistico. Saranno allora gli artisti greci o dalmati a venire a Venezia, per aggiornarsi sulle novità linguistiche che cominciano ad essere apprezzate anche in quei luoghi. Si assiste ad una serie di fenomeni molto interessanti: artisti per così dire orientali che arrivano in laguna, dando vita a linguaggi veneto-bizantini, come è il caso degli Apostoli dell’abside del duomo di Caorle, correttamente attribuiti dal Prijateli ad un artista dalmata; opere di artisti d’ambito veneziano che vengono richieste da committenti dalmati e non. Tale circolazione è documentata da opere significative distribuite in numerosi centri, principalmente in Romagna e nelle Marche, testimonianza di saldi vincoli con la città lagunare. Si tratta, quindi, di un tipo di diffusione capillare di opere d’arte – polittici, paliotti, croci dipinte, cioè oggetti d’arte sacra – che sembra seguire, nel Trecento, le rotte delle navi. L’arte diventa così oggetto di commercio e scambio. La mostra vuole evidenziare il formarsi e lo svilupparsi di questa koinè culturale, che significa anche stretto legame tra le popolazioni che abitavano le sponde dell’Alto Adriatico. Si vuole dimostrare il rapporto reciproco tra l’area bizantina e quella veneziana, fino al formarsi, proprio a Venezia, ora ponte tra Occidente e Oriente, di un singolarissimo e unico linguaggio.

 

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)