Progetti

Progetto di Francesca Punzo, architetto

Questo giardino Zen è stato progettato per un grande terrazzo (circa 100 mq.) di un appartamento in città. Si
accede ad esso dalla sala: una parte è esposta ad ovest ed una a sud-ovest. Una volta fuori della po rta finestra, esposta a sud-ovest, ci si trova sotto un pergolato pavimentato in legno e leggermente sollevato dal piano del terrazzo; il pergolato è ricoperto da canne di bambù, sostenute dalle travi, che costituiscono la struttura stessa
del pergolato.

Due lanterne sospese alla trave maestra e lampade a parete illuminano lo spazio; sotto il pergolato l’arredamento è sobrio ed essenziale: un tavolino basso e dei grandi cuscini rivestiti con stoffe dai colori solari come l’arancio e il rosso e il giallo, sono stati pensati per i momenti di relax. Una pausa per escludersi dal mondo e dal suo frastuono immergendosi in una nuova atmosfera contrassegnata da un panorama quieto e rarefatto. Il giardino zen
apre così ai padroni di casa la possibilità di potersi immergere in uno spazio “sospeso” e rassicurante; gli elementi fondamentali di questo giardino sono rocce, sabbia, muschio e ciottoli. Questi elementi non sono posti a caso, in pianta è leggibile un discorso numerico caro alla filosofia giapponese (1). Da est ad ovest sono stati inseriti gruppi di rocce, prima da 5, poi da 2, poi da 3 e di nuovo da 2 per terminare con un gruppo di 3 rocce. A due a due i gruppi di rocce sommati tra di loro danno numeri dispari (5+2=7; 2+2=5; 3+2=5; 3+2=5; 2+3=5), tenendo ben presente che in giapponese il 5 è un numero magico (2) e che il 3 e il 7 sono considerati di buon auspicio.

L’intera superficie del terrazzo è ricoperta da sabbia bianca (polvere di marmo) e il perimetro del terrazzo è delimitato da una striscia marcata da ciottoli chiari (levigati di fiume) che, oltre a fungere come scolo per l’acqua piovana nella gronda, può essere letto come il corso di un torrente, quieto e silenzioso. Ogni gruppo di rocce è marcato, intorno, da disegni tracciati da un rastrello; il passaggio di questo strumento rudimentale tale è da considerarsi un momento molto importante nella creazione di un giardino zen, perché è in questo gesto che l’uomo può esprimere la sua forza vitale e rilassarsi, è per questo motivo che il gesto dovrà essere compiuto rigorosamente dai padroni di casa, per generare energia positiva e per rilassarsi prima di accingersi alla meditazione. Ogni roccia è circondata da muschio verde e un faretto illuminerà la sera le composizioni che potranno così essere contemplate anche di notte. Si accede al terrazzo anche dalla porta finestra posta ad ovest.

Qui il panorama varia pur mantenendo saldi gli elementi portanti: il pergolato, la sabbia, le rocce, i ciottoli, solo che a questi si è aggiunto un albero, un acero. L’elemento verde, in un giardino zen non viene escluso a priori ma è scelto in modo da mantenersi costante nel tempo. Un tappeto verde congiunge i due pergolati ad ovest, del muschio verde cresce intorno alle rocce, come prati ai piedi di alte montagne circondati da un “mare” non di acqua, ma di sabbia. Non dobbiamo dimenticare che la scelta di tale composizione è dettata esclusivamente dal fatto di voler evidenziare che, eliminata l’acqua, i fiori, il verde totale, rimangono soltanto le pietre come elemento portante dell’anima di un giardino.

La pietra non cambia al mutare delle stagioni; il tempo non riesce a distruggerla se la misuriamo sulla limitata lunghezza della vita dell’uomo; un giardino fatto di pietra non varierà il suo colore in primavera come in inverno; il giardino di pietra rimarrà sospeso nel tempo, immobile, e l’animo di chi lo contemplerà vi troverà pace e serenità. Il pergolato ad ovest è arredato in modo da essere più confortevole, infatti questa parte è adiacente all’apertura attraverso la quale si accede alla cucina.
Un tavolo e due comode poltrone in vimini creano uno spazio dove la meditazione è lasciata in disparte a favore di altri hobby e piaceri più legati alle ritualità quotidiane.

NOTE: 1) un primo tentativo di progettare un giardino zen, in uno spazio chiuso, fu fatto nel 1797 nel monastero Ryoanji, il terreno su cui è stato realizzato il giardino è circondato da un canale pieno di ciottoli, che assicurava lo scorrimento delle acque pluviali, e chiuso ad ovest e a sud da un muretto. In pianta le pietre sono poste da est a ovest ( cioè da sinistra a destra) rarità in un giardino giapponese che doveva essere letto da destra a sinistra come i rotoli miniati del XII sec.
2) Nella scala numerica, il 5 riveste un’importanza particolare, questo, inf
atti, posto al centro delle prime nove cifre è un simbolo del centro. Il 5, numero perno, segna l’asse del mondo, intorno al quale si articolano i 4 punti cardinali. Il 3 e il 7 sono numeri più vicini al 5 centrale e da qui la triade numerica tanto amata dai giapponesi.

Lo zen, le arti e la ricerca della verità

“Lo Zen – scrive François Berthier nel volumetto il giardino Zen – non è propriamente una religione;
è, insieme a una dozzina di altri, uno dei rami principali dell’albero buddistico. Lo Zen non è nemeno
una filosofia, almeno nel senso in cui l’intesero prima i greci e poi i tedeschi. Lo Zen sarebbe piuttosto
una forma di pensiero o, meglio, un modo di pensare che determina un certo modo di agire. Uno dei tratti originali di questo ramo del buddismo è il fatto che sia alimentato dlla linfa del taoismo. Lo scopo principale di questa antica religione cinese è liberare l’uomo dal peso delle regole e delle convenzioni che la società impone e fargli ritrovare la meravigliosa spontaneità del bambino, ossia la sua natura iniziale, il suo essere originario, la sua essenza stessa. Un progetto che coincide con quello dell’adepto Zen, alla ricerca del suo Io più profondo.

“ Ma come prendere coscienza del proprio Io? “ La via che il monaco Zen segue solitamente è tripla: dialoghi disorientanti con il maestro, lunghe sessioni di meditazione in posizione seduta, inoltre, attività manuali, in quanto bisogna parimenti esercitarsi con il corpo.” Costruire un giardino è dunque un modo per praticare lo Zen e per suggellare lo stretto legame tra arte dei giardini e ricerca della verità.

François Berthier – Il giardino Zen – Edizioni Electa 2001- Architetti e architetture

Quando e come nasce il giardino Zen

Il giardino giapponese che abbiamo illustrato è ispirato allo Zen, un ramo del buddismo alimentato da una linfa del taoismo ed ha lo scopo di rivelarci l’essenza delle cose e dell’Essere alimentando la continua ricerca del proprio Io. Lo zen, in Giappone, trova modo di radicarsi nel XIII secolo. I monaci Zen si dedicano all’arte dei giardini che adottano come mezzo principale per esprimere gli stretti legami tra arte e ricerca della verità. Non si può parlare del giardino giapponese senza ricordare che esso include tre generi molto differenti fra loro: il genere paradisiaco, il genere
mandala e il genere secco o Kare Sansui (spazi senza acqua); inoltre si possono dividere in due grandi famiglie, una di tipo ornamentale e una religiosa. Il giardino ornamentale si ispira alla pittura giapponese che, proprio nell’IX secolo, quando il Giappone si distacca dalla cultura e dalle tradizioni cinesi, elabora un proprio stile pittorico chiamato yamato-e (pittura del Giappone).

Da questo si può facilmente comprendere la ragione per la quale, molti dei pittori paesaggisti giapponesi fossero tra i maggiori disegnatori di giardini, come Kose no Kanaoka e Kose no Hirotaka. Una forte
influenza sulla metodologia progettuale di questa arte dei giardini, la svolse il pensiero taoista, che poneva ai quattro punti cardinali la figura di altrettanti animali divini. Ad oriente, il dragone blu regna sulle acque sorgive; a mezzogiorno, la fenice rossa sorvola le terre basse; ad occidente la tigre bianca governa le strade maestre; a settentrione, il guerriero nero troneggia sulle cime elevate. Le quattro figure divine volevano: un’altura ad oriente o tre cipressi a nord; una via ad ovest o sette aceri, per far defluire all’esterno gli spiriti maligni; un ruscello da est
verso sud-ovest, o nove salici, e in fine uno stagno a sud o nove alberi di giuda. L’acqua, nei giardini ornamentali, era
un elemento fondamentale. Il giardino religioso, invece, nasce dalla scuola esoterica Shngon, che applicò per prima il pensiero buddista all’arte dei giardini. Il giardino in questo caso è di tipo simbolico ed è detto mandala. Si regola su leggi geometriche e tutti gli elementi della composizione girano attorno alla figura del Buddha che viene poi circondato
da una serie di altre figure minori. Con l’avvento delle guerre civili, nel corso del XII secolo, la cultura giapponese prende coscienza della precarietà della vita.

In edicola

Da questo momento diviene più sensibile ai cambiamenti della natura, ai temi della morte e della rinascita e si apre alla speranza del paradiso e all’accoglienza di Amida (il Salvatore); da questa concezione nasce il giardino paradisiaco (il più antico è databile nel 1052) dove lo specchio d’acqua simboleggia lo stagno con i loti della terra pura in cui rinascono i morti. Più antico il giardino secco che appare nell’XI secolo nel trattato Sakuteiki. In questo volume il giardino secco viene definito come un luogo senza stagioni e senza acqua caratterizzato dalle pietre; l’innovazione di questi giardini consiste nel volere rappresentare l’acqua senza usare l’acqua. Il padre dei giardini zen è Muso Soseki, un monaco che realizzò nel 1339 uno dei più antichi giardini ne
l monastero Saihoji, poi nel monastero di Eihoji, situato nella provincia di Mino, e ancora a Kyoto. Un altro grande progettista di giardini zen fu il pittore monocromatico giapponese, Sesshu (1420-1506), anch’esso monaco zen ma soprattutto paesaggista. Possiamo a questo punto aggiungere che i giardini zen, sono sopravvissuti nei secoli proprio per il fatto di non essere composti né da acqua né da piante. Gli alberi, infatti, muoiono, le sorgenti si inaridiscono, gli stagni si prosciugano e si riempiono a poco a poco di detriti; un giardino fatto di pietra, affronta le stagioni come fosse “sospeso” nel tempo, perché la roccia è immutabile. In Giappone esiste un vero e proprio culto della pietra che affonda le sue radici sin dal neolitico

. Lo stesso shintoismo è un culto di forme e forze della natura; la pietra pazientemente scolpita dalle acque e dai venti è l’opera del tempo che agisce lentamente. L’antico trattato Sakuteiki, un saggio sui giardini secchi, detta le regole sul posizionamento delle pietre; una delle regole fondamentali è quella di non mettere mai in orizzontale una pietra trovata in verticale e viceversa, questo per non snaturare la sua origine. La presenza di sabbia nei giardini Zen, inoltre, richiama quella parte degli antichi santuari Shintoisti, dove sorgevano le aree sacre. La finalità del giardino Zen, o Kare Sansui (spazi senza acqua), è dunque quella di darci un’immagine essenziale dell’universo.

Regole per progettare un giardino zen

• Utilizzare grandi rocce che devono rappresentare isole montuose posizionate anche a gruppi evitando i numeri pari e soprattutto il 4 perché il suo ideogramma è simile a quello della morte.
• La sabbia rappresenta le onde e le correnti del mare ma deve essere di granito o marmo schiacciato e dalle tonalità uniformi come il bianco, il bianco sporco, il beige e deve essere di 2 millimetri di diametro.
• Il rastrello serve a disegnare sulla sabbia dei segni, questi rappresentano il proprio mondo interiore, va usato in modo fluido, tale da formare percorsi visivi ininterrotti.
• Se si vuole introdurre qualche macchia di colore si prediligano alberi sempreverdi. Consentito l’uso del muschio attorno alle pietre per ricordare i prati ai piedi delle montagne.

Le immagini 1-2-3-4-6-7 sono tratte dal volume “Il giardino Zen” di François Berthier – Edizioni Electa 2001- Architetti e architetture. Le immagini 5-8-9-10-11-12 sono tratte dal volume “The gardens of Japan” di Teiji Itoh – Edizioni Kodansha International 1984.

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)