Pietre che arredano

Tratto da:
Case di montagna n.49
Pietre che arredano

Ogni bambino, almeno una volta, ha passeggiato per i sentieri di montagna con gli occhi puntati per terra alla ricerca di pietre particolari senza sapere che per lo shintoismo, la religione indigena del Giappone, questi suoi tesori avrebbero potuto essere dimora di divinità o che per un appassionato di suiseki avrebbero potuto avere un grosso valore. Quest’arte, infatti, che pare abbia avuto orine in Cina circa 2000 anni fa, si basa sulla potenzialità evocativa di alcune pietre, il cui aspetto evoca l’immagine semplificata di paesaggi naturali. Ecco, dunque che montagne, caverne, cascate, canions, laghetti,… in miniatura, entrando nelle nostre case semplicemente collocate su vassoi, stimolano la nostra immaginazione e suscitano quelle sensazioni di austerità, di rigore, di comunione con la natura che stanno alla base delle filosofie orientali. Crespi Bonsai

Le due grandi passioni della mia vita sono state, e restano, la pittura e i gatti -ci racconta Marisa Ardito-Passioni che ho coltivato su due binari paralleli e che stranamente solo in questi ultimi anni, per una serie di coincidenze, si sono venute a fondere: sono diventata una pittrice di gatti. Dipingo solo gatti e solo su pietra. Davvero, per me non esiste un supporto più entusiasmante su cui dipingere un gatto. Infatti, ciò che dei gatti più mi affascina è lo spirito fortemente vitale e libero che nulla riesce a piegare o a soffocare e che trapela anche quando un gatto se ne sta raccolto su se stesso chiuso come un pugno o, appunto, come un sasso. Poche cose sono emozionanti come accendere di vita ciò che è freddo e duro con due occhi. Occhi di gatto chiari e profondi nel cui enigma quieto resto impigliata. Ogni fase del mio lavoro è emozionante, a partire dalla ricerca del supporto: il sasso. Non è una ricerca facile, perché si tratta di scoprire la pietra che racchiude in sé tutta l’essenza del gatto: deve avere una sua placida stabilità, dorso inarcato e piacevole alla carezza e se possibile (ma questo è più raro) un certo movimento, un accenno di coda, di coscia… Le più belle sono in genere ricoperte ed incrostate di terra per cui non si ha mai la certezza che la pietra sia quella giusta. Il successivo lavaggio rivela, molte volte, buchi, crepe, una grana troppo grossolana che rendono la pietra inutilizzabile. Ma se il sasso pulito ed asciutto è a posto, si può procedere alla fase successiva. Io utilizzo pennelli di martora per la finezza del tratto e colori acrilici per la loro praticità. Per prima cosa dò una mano di fondo e non appena asciutto procedo al disegno del muso; solo successivamente dipingo il resto del corpo. Una volta terminato, il gatto viene protetto utilizzando una vernice finale resistente all’acqua. L’opera è finita e pronta per essere esposta sul banco. Questa è l’ultima tappa, non meno emozionante delle altre. I miei gatti con i loro occhi tristi, sognanti, furbetti, spalancati o socchiusi chiamano chi è in grado di sentirli e mi permettono di intrecciare una rete di relazioni con una vastissima gamma di persone molto diverse tra di loro, ma accomunate da quella sensibilità particolare che occorre per amare un gatto. E così, anche se a volte mi spiace un pò separarmi da alcune delle mie creature (specie le più grandi, quelle che lavoro per più giorni tenendole sulle mie ginocchia) tuttavia so che sapranno scegliersi l’angolo più adatto: sopra le carte di una scrivania, tra le tendine di un davanzale, dietro una porta, tra le piante verdi o i vasi dei gerani, sul pianerottolo di una scala, in una nicchia…

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