Ospiti al Castello

Se qualcuno crede ancora nelle fate, potrà incontrarle al Castello di San Gaudenzio, a sei chilometri da Voghera, in provincia di Pavia, e a meno di un’ora da Milano.

Si prova infatti una sensazione di ovattato romanticismo vedendo questo antico maniero,visitato recentemente dal Rotary Milano Monforte per assaporare un rilassante tè. Grazie alla geniale ecletticità ed al pregevole senso estetico della famiglia Bergaglio, leader in Europa nel campo degli imballaggi in materia plastica che acquistò il Castello nel 1975, il maniero è diventato un prestigioso Hotel dal rinomato ristorante, ed è quindi accessibile anche a chi di nobile forse non ha le origini, ma ha sicuramente il cuore. Per questo abbiamo chiesto a Pier Angelo Bergaglio, di svelarci alcuni segreti di questo documento storico, a partire dalle origini del Castello di S. Gaudenzio…
“Le prime notizie di una costruzione fortificata si hanno in occasione della guerra tra i Visconti ed il marchese di Monferrato nella seconda metà del trecento. Alla famiglia vogherese Ferrari, nota dal XII sec., si deve probabilmente l’erezione dell’originaria torre di difesa attorno cui si sviluppò l’impianto castrense. L’attuale struttura a pianta rettangolare con le quattro torri merlate angolari, richiama l’architettura dei castelli quattrocenteschi in Lombardia e testimonia il legame con i Visconti. Le monofore gotiche parlano dell’evoluzione che da maniero di difesa si è trasformato in luogo di meditazione, agi e teatro di feste organizzate dalle famiglie proprietarie (Beccaria, Taverna, Trotti Verasis Asinari, Radice, Mutti, Bettaglio)”.

Che cosa ha spinto un imprenditore come lei ad acquistarlo e ristrutturarlo?
“Io sono innamorato della Storia, non posso dire di conoscerla bene, ma mi attira da sempre. Come mi attirano i suoi simboli che ancora ci rimangono, come i Castelli. Quando ho saputo che questo era in vendita, mi si è ‘accesa in testa una lampadina’: si poteva salvare quel bell’edificio, troppo grande per qualsiasi famiglia, e nello stesso tempo ridargli ancora una vita. So di avere rischiato grosso, perchè nella zona non esistevano tradizioni alberghiere, e tanto meno nella mia famiglia, ma il coraggio è stato ben ripagato”.
A che tipo di clientela è diretto l’Hotel-Ristorante il Castello di San Gaudenzio?

“Benchè sembri un pò fuori mano è al centro di una grande area che arriva fino a Milano, a Genova, a Novara e a Piacenza, ricca di iniziative, di industrie, di attività. E’ inoltre a due passi dall’uscita dell’autostrada. Non stupisce quindi che l’hotel, con la comodità e la tranquillità che offre a chi si deve spostare, attiri una clientela business che può fermarsi magari per una sola notte, ma che poi può decidere di tenervi un convegno o una riunione aziendale che sfruttino le strutture disponibili. C’è poi una classe di clienti legata ai grandi matrimoni che richiedono grandi saloni, parcheggi e una chiesa per la celebrazione”.
Il significato del camino per Lei: un ricordo d’infanzia, un piacere presente o un desiderio futuro?

“Ho i capelli abbastanza bianchi per ricordarmi ancora gli ambienti in cui sono cresciuto.
Allora il camino l’avevamo tutti, ricchi e poveri, qualcuno lo sfoggiava di marmo, molti si accontentavano dei mattoni.
Quello che contava, specialmente per un bambino, era vedere la fiamma viva che si dimenava fra i due alari e sotto le modeste pentole di casa,quasi accarezzando il metallo. Per me il camino vuol dire casa e infanzia.”
Il camino del Castello a cui è più affezionato?
“Alcuni dei camini erano già al loro posto quando ho acquistato il Castello, ma ad un certo punto, rovistando in una zona del parco dove erano stati ammucchiati vari materiali, mi sono accorto che c’erano anche delle lastre e dei pilastrini di pietra lavorata che, una volta ripuliti, dimostravano di essere le parti di due camini preesistenti e poi smontati così pensai di farli riportare alla loro antica funzione.
Un recupero-restauro di cui non mi sono affatto pentito”. …

È proprio vero, la bellezza del luogo si nota subito anche per i numerosi camini, uno praticamente per ogni stanza che accompagnano il visitatore che, già all’ingresso, riceve un messaggio di benvenuto: la meridiana del cortiletto interno, che svela un antico pozzo decorato con rilievi di un calice e di una sfera schiacciata sotto archi a sesto pieno, così recita:”AMICIS QUAELIBET HORA”, donando un sorriso fino al primo camino, quello della Galleria delle Armi: probabilmente coevo alla data di erezione dell’edificio che troneggia nell’ambiente costituito da tre vani con volte a crociera, ed è improntato alla severità tardo-medioevale, come si osserva dalla struttura massiccia e dalla semplice decorazione creata con scanalature intervallate ad elementi lisci incurvati e foglie d’acanto rigidamente scolpite nelle angolature. Passando alla vicina Sala da Pranzo non si può non notare il camino in marmo rossastro in cui sono inseriti, in piacevole contrasto, sui fianchi, sotto il ripiano e in basso, a contatto con il pavimento, elementi neri. Nella vicina Sala dei Fiori è piacevole conversare davanti al camino di marmo rossastro con venature bianche, grigie e beige, osservando i quadri, risalenti al XVII sec. La sala è percorsa da un’alta zoccolatura lignea e caratterizzata da incorniciature dipinte in corrispondenza di ognuna delle cinque porte in cui spiccano ghirlande di foglie e fiori dai colori tenui e vari e il motivo della conchiglia, databile alla seconda metà del Settecento.
Per i più romantici è bellissimo contemplare il soffitt
o del vicino Salotto delle Dame in cui la pittura imita decorazioni a stucco e marmi, inserendo nel mezzo della sommità di ogni parete un ovale con busto di donna in abiti del periodo rococò. Gli affreschi del soffitto mirano ad ampliare illusionisticamente lo spazio, valorizzando il finto cupolino centrale con quattro finestrelle circolari. La stanza è resa ancora più luminosa nelle serate invernali dalla luce del camino nero in marmo Portogallo.

Si tratta di un camino tipo ‘Rumford’, dal nome del suo inventore, il Conte di Rumford, al secolo Benjamin Thompson(1753-1814), il quale fu il primo a comprendere e ad usare il termine di calore ‘radiante’. Da questa consapevolezza, venne a Rumford l’idea di un nuovo tipo di camino che si caratterizzava per essere più alto, meno profondo e con i lati inclinati, allo scopo di dirigere maggiormente il calore verso l’ambiente. Per gli intellettuali
è d’obbligo una visita alla biblioteca del Castello dalle cui pareti coperte da scaffalature in noce emerge un camino rossastro sormontato da una preziosa pianta di Roma risalente al 1748 che recita: “Alla santità di nostro Signore/Papa/Benedetto XIV/La nuova topografia di Roma/ossequiosamente offerisce e dedica/l’umilissimo servo Giambattista Nolli Comasco”. Chi desidera entrare nella parte del padrone di casa, può prenotare per la notte la Camera da letto Padronale ed addormentarsi alla luce del camino d’angolo, decorato sulla cappa con nodi d’amore e ghirlanda e sui fianchi con girali stilizzati, per risvegliarsi immerso in un grande letto a baldacchino con il bordo dorato e cordoni con nappe. Ma la notte più magica è quella trascorsa nella camera da letto che ha come anticamera lo Studiolo delle foglie: molto simile alla ‘Sala delle Assi’ nel Castello Sforzesco di Milano, questa stanza ha il potere di fermare il tempo ed abbracciare chi la vive con i suoi colori: le pareti sono rivestite per metà in legno, intagliato e ornato con figure geometriche in bianco e rosso; al di sopra del rivestimento ligneo si alzano, in corrispondenza degli angoli
della camera e a metà parete, i tronchi dei sei arbusti che raggiungono la volta e ne ricoprono parzialmente con ramificazioni e foglie la superficie azzurrina. Agli arbusti sono intrecciati dei cordoncini dorati in rilievo, annodati
in più punti, che formano, al centro del soffitto, una ghirlanda da cui scende una lampada in ferro battuto. Il tema del cordoncino, raddoppiato e con nodi nel mezzo, è ripreso dalla decorazione della cappa del camino che si inserisce nell’arredamento in stile rinascimentale. La sosta al Castello è terminata, ma ci lascia con un piacevole messaggio: percorrendo il grande parco secolare per uscire ci sorride un tempietto circolare, formato da sei colonne di ordine dorico, unite superiormente dall’architrave, su cui risalta la frase “LASSA ANIMA HUC ADES SAPIENTIS IN UMBRA EST SEDES” (“O anima stanca, avvicinati a questo luogo, all’ombra c’è il riposo del sapiente”). Il messaggio si coglie anche nella struttura che richiama il tempio dorico circolare di Delfi (II,III sec.a.C.) che è privo di tetto e ha dei sedili all’interno per invitare alla meditazione e sembra che dica: la tranquillità che regna in questo luogo induce l’uomo a ritrovare
la ragione che, col pensiero libero e rinfrancato, ritrova la via.

(Ilaria Sottotetti)

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