Museo Diocesano di Napoli Il dinamismo della struttura


ARTE MUSEO DIOCESANO DI NAPOLI

L’edificio di Santa Maria Donnaregina Nuova, restaurato dal Polo museale napoletano e dall’Arcidiocesi, è mirabile testimonianza storica e luogo espositivo, gestito con criteri imprenditoriali. Parla il Direttore, p. Adolfo Russo.Un tripudio di stucchi dorati sulla volta seicentesca, l’atmosfera densa di ossequiente rispettosità che è propria dell’ambiente ecclesiastico. E poco oltre l’entrata campeggia una reception, dignitosa ed attrezzata, gestita a cura della D.ssa Carmen de Rosa.
Da quando nelle Diocesi italiane è stata intrapresa la strada del museo come struttura atta a raccogliere le testimonianze di arte e fede, il problema si è rivelato ben più complesso di quello che si presenta alle istituzioni
espositive a carattere laico: come mantenere gli oggetti in un contesto degno della destinazione di origine – la chiesa – e come al contempo reperire i finanziamenti per la gestione di una tale istituzione?
A Napoli, il Museo diocesano è ospitato nell’edificio di Santa Maria Donnaregina Nuova, già chiesa annessa al Monastero delle Clarisse, costruita a partire dal 1617 su progetto di Giovanni Guarino.
La scalinata dalla quale vi si accede si apre sullo spiazzo che precede l’ingresso della Curia diocesana: sotto il profilo urbanistico non poteva esservi scelta migliore.

Dall’alto, la facciata dell’ex chiesa di Santa Maria Donnaregina Nuova, con l’imponente scalinata che sta di fronte all’Arcivescovado. La pianta del piano dell’aula. La reception all’ingresso dell’aula.

Pagina a lato, in senso orario: vista prospettica dell’aula durante un concerto; la Domenica del Corriere del 1938 che annuncia lo spostamento della parete di fondo della chiesa; l’affresco Santificazione di Francesco del Solimena, terza cappella a destra.

Così il Museo è costituito sia dall’architettura e dalle opere d’arte presenti nella originale chiesa barocca, sia dalle opere raccolte da vari siti nella Diocesi ed esposte su due livelli (il piano dell’aula e il livello superiore, quello del coro e dei matronei ove ora si aprono sale per convegni e ambienti espositivi disposti in un percorso organizzato non diacronicamente ma per aree tematiche).
Il Museo è pensato come “motore per la promozione di attività culturali sul territorio” (Mons. Ugo Dovere) e anche di qui deriva la scelta di usare i suoi spazi per specifici eventi (concerti, conferenze, ma anche banchetti in occasioni solenni). Infatti è anche grazie a una simile frequentazione aperta pure ad attività di natura “profana”, che un luogo radicato nella fede diviene familiare a tutti, “punto di riferimento per una sapiente rivisitazione della storia credente della Comunità locale espressa nella forma delle arti, sia per una lettura culturale altrettanto sapiente dell’oggi”, come ha sottolineato S. Em. il Card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli.
Al visitatore si offre anzitutto una visione completa della chiesa barocca restaurata nel pieno del suo splendore, a partire dalla volta affrescata con la Gloria della Vergine e dei Santi Francescani, di Francesco De Benedictis. Sul presbiterio sta un affresco del Miracolo delle Rose di Francesco Solimena. E al di sopra di questo si apre lo spazio di un coro, ampliato da uno spostamento della parete absidale operato nel 1934, quando nella più antica cappella gotica del Monastero (che si trova in continuità speculare con Santa Maria Donnaregina Nuova, abside contro abside) si recuperò
il più piccolo volume originale. A questo livello, il secondo, sul camminamento perimetrale si succedono diversi ambienti espositivi. In tutto il Museo mette in mostra 300 opere.

UN’ISTITUZIONE A GESTIONE PRIVATA

Il Museo diocesano di Napoli è gestito da una entità privata sulla base di una Convenzione stipulata con la Diocesi. Padre Adolfo Russo, Direttore del Museo e Vicario episcopale per la Cultura, spiega natura e finalità di tale sistema gestionale.

Come mai avete compiuto questa scelta?

È stata suggerita dalla necessità di avviare un’attività per la quale oggi si richiede non solo capacità tecniche e professionali, ma anche spirito imprenditoriale.
Un museo di piccolo-medie dimensioni non arriva al pareggio solo aprendo le porte e aspettando che arrivino i visitatori. Esso richiede una capacità di gestione per ammortizzare i notevoli costi richiesti dalla struttura e dal personale. All’inizio inoltre queste difficoltà sono ancora più marcate, perché l’avvio di ogni attività è decisamente in salita.

L’opera di ristrutturazione della chiesa trasformata in museo è stata realizzata dalla Diocesi o dall’Azienda che gestisce il Museo?
La ristrutturazione è stata affidata anch’essa alla stessa Società, ma sotto il controllo della Diocesi, che ne ha verificato il progetto, le fasi d’attuazione, il resoconto finale.

A sinistra, la pianta del primo piano nel cui percorso perimetrale sono esposte opere in modo tematico.
In basso, la Sala della Vita consacrata: a sinistra si vede il Martirio di S. Stefano (prima metà sec. XVII), a destra il Martirio di S. Bartolomeo di Andrea Vaccaro.

Il salone del Museo può essere affittato da terzi per eventi di vario genere. In che modo si stabilisce se un evento sia o no consono al sito?
Quando il salone è richiesto per un evento, si valuta l’opportunità della richiesta e la sua consonanza con la natura e il decoro del sito. La Diocesi è presente in queste scelte – come in ogni decisione qualificante – attraverso il Direttore del Museo.

Che cosa ricava la Diocesi da questo accordo?

La Diocesi si è riservata una percentuale sugli utili del bilancio. Noto infine che la convenzione con la Società ha una durata limitata nel tempo. Se allo scadere dell’intesa, dopo un periodo di sperimentazione, si verificheranno condizioni ancora favorevoli, si potrà rinnovare. Altrimenti ognuna delle parti potrà recedere e la Diocesi provvederà diversamente.

LE ALTRE OPERE

Accanto alle molte opere della ex chiesa monastica, il Museo diocesano di Napoli presenta dipinti e oggetti di varia provenienza, raccolti secondo un andamento tematico, a partire dagli ambienti dedicati a Maria, che è presentata
quale modello di vita per i cristiani, e quelli dedicati a San Gennaro, patrono e martire. Sul tema del martirio vi sono opere firmate da Giovan Bernardo Lama, Fabrizio Santafede e Pietro Torres. Tra le opere ispirate al tema mariano si
segnalano quelle del fiammingo Teodoro D’Errico, Francesco Solimena, Aniello Falcone, Andrea Vaccaro e di Marco Pino. Sono esposti ori e argenti, oggetti liturgici, tele, tavole, marmi, statue lignee. Il fiore all’occhiello del Museo è considerata la Stauroteca di San Leonzio, che conserva la reliquia della Croce di Cristo.

Il collare di San Vincenzo Ferreri.
La Stauroteca di San Leonzio che conserva
la reliquia della Croce di Cristo.
Ritratto funerario del Vescovo Umberto d’Ormont,
di Lello da Orvieto (metà XIV sec.).

MICHELANGELO A NAPOLI

L’elasticità della struttura del Museo diocesano di Napoli consente che alla Collezione permanente si affianchino esposizioni temporanee.
A maggio 2009 si è aperta l’esposizione del crocifisso ligneo attribuito al giovane Michelangelo, recentemente acquisito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al patrimonio artistico dello Stato Italiano.
Tale opera è già stata esposta a Firenze, Roma, Palermo, Trapani e Milano.
L’eccezionalità dell’opera è data dalle sue proporzioni perfette, inscrivibili in un cerchio e in un quadrato come si vede nel celebre “uomo vitruviano”, e dalla correttezza anatomica e qualità scultorea che caratterizzano l’arte del
Michelangelo giovane.

Figura di concezione grandiosa e nobile, vigorosa e insieme delicata, realistica ma anche resa quasi astratta nella cura del dettaglio e nell’elaborazione iconologica, il Cristo crocifisso si impone con la maestà e l’intensità di una scultura monumentale.
Mostrata per la prima volta al pubblico italiano nel 2004 a Firenze, in un evento espositivo allestito al Museo Horne, la preziosa scultura era proprietà di un antiquario torinese, Giancarlo Gallino, che a sua volta l’aveva acquisita da una famiglia fiorentina.

Secondo il gruppo di studiosi che l’ha analizzata per oltre dieci anni, l’opera sarebbe stata compiuta intorno al 1495, quando Michelangelo era appena ventenne. Nel 1492, dopo la scomparsa di Lorenzo il Magnifico, Michelangelo, già impegnato nei suoi studi d’arte, fu ospitato nel convento di Santo Spirito dove, presso l’ospedale, ebbe la possibilità di approfondire la conoscenza delle scienze anatomiche, perfezionarndo così la straordinaria resa plastica delle sue opere.

 

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)