Minimalismo tra arte, design e fitness


Da un ex cappellificio un loft dove l’arredamento è ridotto a pochi pezzi di matrice razionalista.

Servizio e testo di Walter Pagliero
Foto Athos Lecce

A Milano, Giò Marconi, gallerista figlio d’arte, abita in una villetta separata da quella del padre da una piscina coperta usata da entrambi per il fitness. “Questo era un laboratorio di cappelli – ci confida il gallerista – e per renderlo abitabile l’abbiamo completamente rivoluzionato. Ho abbassato l’entrata in modo da poter aver due piani e volevo alzare il soffitto della parte in alto, ma per far questo rischiavamo di far crollare la casa. Allora abbiamo messo delle putrelle di ferro, che sono piaciute moltissimo a me e a Gianfranco Pardi che mi ha aiutato nel progettare l’insieme, lasciandole in vista e abbinandole a un pavimento in graticcio metallico che permette di vedere di sotto come in metropolitana.
Il secondo grosso intervento è stata la piscina: prima era una palestra, poi abbiamo scavato per ricavarne una piscina
allo stesso livello del giardino.”
L’immagine della casa è stata costruita esaltando l’ortogonalità dei piani attraverso la costante ripetizione di un finestrato a reticolo nero di modulo quadrato. Questo reticolo si infittisce e diventa il pavimento del soppalco anch’esso trasparente. Le pareti sono tutte bianche e molti mobili sono neri: il massimo del rigore in una visione del tutto cerebrale. Ad animare questo panorama glaciale vi è il bellissimo legno del pavimento, le stoffe del letto e dei divani in uno squillante rosso primario, le opere d’arte. Non tutte, perché le foto di Helmut Newton sono in bianco e nero (l’erotismo qui è completamente cerebrale) e nera è la scultura di Umberto Cavenago (tra le due poltroncine nella foto sopra). I mobili, tutti di matrice razionalista, sono molto spaziati tra loro come negli anni ‘30 e questo nonostante le dimensioni limitate delle stanze. È stata una precisa scelta di essenzialità, un voler vivere più lo spazio che l’oggetto.

In copertina una scelta di essenzialità: vivere di più lo spazio che
gli oggetti. Pochi pezzi di design e opere d’arte contemporanea.

Il living visto dalla stanza d’ingresso con due poltroncine disegnate da Man Ray e, al centro, una scultura in ferro di Umberto Cavenago;
Nel soggiorno si vedono un Baj a specchi, uno Schifano del periodo rosso e una dormeuse di Mies van der Rohe.

In Edicola

L’ambiente dedicato alle cene con gli amici è caratterizzato dal lungo tavolo in legno con le viti in evidenza e da un
quadro con figura nera. È “L’uomo delle organizzazioni” dipinto da Emilio Tadini.
In camera, il letto di Belotti, a parete una foto di Helmut Newton; sopra, la piscina coperta comunica con la camera da letto.

Biografia

GIÒ MARCONI gallerista (nel ritratto col padre eseguito da Richard Hamilton)
La galleria Giò Marconi nasce nel 1990. Diretta inizialmente da Giò e dal padre Giorgio, fondatore dello Studio Marconi (1965-1992), presta attenzione soprattutto alle proposte delle nuove generazioni di artisti presenti nel recente panorama internazionale come Franz Ackermann, John Bock, Nathalie Djurberg, Christian Jankowski, Sharon Lockhart, Michel Majerus, Jonathan Monk, Jorge Pardo, Paul Pfeiffer, Tobias Rehberger, Markus Schinwald, Elisa Sighicelli, Thaddeus Strode, Catherine Sullivan, Vibeke Tandberg, Grazia Toderi, Atelier Van Lieshout, Francesco Vezzoli, Christopher Wool.

La Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea è stata costituita nel 2004 per promuovere e diffondere presso il pubblico l’attività e le opere intellettuali ed artistiche contemporanee. La Fondazione non ha fini di lucro e si propone di perseguire esclusivamente finalità di pubblica utilità nella ricerca, nella promozione e nella diffusione dell’arte contemporanea in ogni sua forma di espressione.
Presidente e direttore della Fondazione è Giorgio Marconi fondatore nel 1965 del famoso Studio Marconi che ha diretto fino alla sua chiusura nel 1992.

 

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