Mili Romano


Dicembre 2005, isola di Ortigia.
All’imbrunire il cielo sopra piazza del Duomo è tela azzurra sulla quale stormi di storni tracciano e cancellano senza sosta disegni. Lo guardo e ripenso alla Lectio magistralis di Remo Bodei al festival di filosofia di Modena del 2004, nella quale ci ricordava che dall’epoca moderna la politica che governa le città, e le scienze che la ridisegnano smettono di scrutare il cielo per riprodurre l’armonia e l’ordine del cosmo e si aprono all’umano e al caos. Guardo le danze degli storni e ripenso al saggio Gli storni e l’urbanista (Meltemi 2001) nel quale Enzo Scandurra parte da quelle tecniche di volo per divagare su promesse e limiti del nostro planning,che sembra tutto prevedere in funzionalità e estetica, ma che al momento del suo utilizzo non mette in conto l’imprevisto, e così manca sempre qualcosa.
Se prendessimo ad esempio le strategie che gli storni mettono in atto, mutando e rinnovando le regole del volo ogni volta, istante dopo istante, conservando e innovando contemporaneamente i loro sistemi di difesa, mantenendo però ciascuno la propria individualità e specificità, troveremmo un’indicazione di metodi (plurali, differenti a seconda delle finalità) pronti ad aprirsi a nuove sinergie in un dialogo fra arte e architettura, urbanistica e altre discipline; metodi all’estero già più consolidati e di lunga pratica, ma in Italia per nulla acquisiti, se non in ambito privato, e soggetti a improvvisi smottamenti e cancellazioni.

R. Serra, Placa de la Palmera, Barcellona
D. Buren, Palais Royal, Parigi

Un piccolo avanzamento in questa direzione è una legge recente della Regione Emilia Romagna, la Legge 16/02 Norme per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio, che vorrebbe, almeno nei suoi presupposti di base, stimolare una collaborazione interdisciplinare su progettualità e finalità (monitoraggio del territorio, recupero di aree dismesse, nuova architettura) di volta in volta diverse. Dalla Legge 16 viene anche una sollecitazione a un utilizzo differente dell’intervento artistico, spesso puramente decorativo, e a una sperimentazione di metodi non univoci e preconfezionati, per una collaborazione capace di sacrificare il segno forte individuale delle singole discipline, e un po’ della propria specificità, in nome del risultato finale collettivo. Essa vorrebbe far recepire nel campo dell’urbanistica, del restauro e della riqualificazione territoriale, l’utilizzo dell’intervento artistico già in fase progettuale, sollecitando così un lavoro il più possibile di collaborazione in team interdisciplinare. Con l’obiettivo di modificare la consuetudine che vede l’arte come mero arredo urbano, monumento o make up,cerca di sollecitare la pratica di un intervento che sia site-specific,
che nasca da uno studio attento e completo dello spazio nel quale interviene, con la finalità di far affiorare dinamiche e problematiche connesse all’area stessa, di evidenziare e rafforzare l’identità del luogo e di chi lo fruisce o fruirà. Con l’obiettivo di promuovere l’arte contemporanea con una nuova architettura, la legge vorrebbe sollecitare il più
possibile le energie della ricerca per il superamento di una edilizia di scadente qualità.
Un video con gli ‘appunti visivi’ è stato, nel corso del mio intervento al convegno, supporto sostanziale, seppur parziale, ai percorsi di riferimento stranieri e italiani: dalle esperienze anglosassoni di arte relazionale e ‘comunitaria’, al ‘modello’ spagnolo di Barcellona nel suo graduale transitare da città d’arte a città ‘di cultura’.

K. Daan, Homomonument, Amsterdam
A.Garutti, Quartiere Don Bosco, Bolzano
Piazza del giocatore di scacchi, Amsterdam

Al site specific, segno forte della public art degli anni ’80, dagli anni ’90 in poi si affianca il public specific, la specificità del pubblico, che viene ad avere sempre più un ruolo di produttore di senso per il progetto nelle sue diverse fasi.
Studio, ricerca e work in progress, il progetto artistico diventa occasione per una pratica ricognitiva, ( interrogarsi sul luogo e riproporlo come interrogativodice l’artista Daniel Buren), strumento prezioso di ritorno al luogo ‘antropologico ed esistenziale’, e a tal fine può attribuirsi nuove possibilità, e così alle discipline con le quali collabora, attraverso un nuovo sguardo e può divenire strumento di indagine, di sollecitazioni di movimenti all’interno della società e dello spazio nel
quale si interviene e di progetti, che di questo lavoro nella durata siano il risultato, innescando così un miglioramento duraturo e più autentico della qualità urbana, architettonica, paesaggistica e sociale, trasformandosi in pratica culturale.
Gli ‘appunti’ si soffermavano sulle ‘tracce’ di arte contemporanea disseminate per Amsterdam, dai quartieri del centro storico all’area di riqualificazione nella quale gli MVRDV hanno realizzato un edificio di residenze per anziani, all’isola Java, con il Lloyd Hotel, realizzato sempre dagli MVRDV con la collaborazione di molti artisti (tra i quali l’Atelier Van Lieshout).

Alessandra Andrini, ‘Il bosco delle robinie’
Progetto per il parco della nuova Galleria d’Arte Moderna, 2005

Alessandra Andrini, ‘Biglia A14 km 50’, 2005 – Courtesy MercatoneUno

Seguivano poi gli esempi italiani: gli Stalker (collettivo di artisti, architetti, urbanisti) con ‘Immaginare Corviale’; il gruppo A12 con, tra l’altro, il progetto ‘Quartieri Milano’; la struttura architettonica ‘raccoglisogni’ di Emilio Fantin realizzata per e con gli abitanti di Gallarate; gli interventi di Alberto Garutti per ‘Arte all’Arte’ o, a Bolzano, nel quartiere Don Bosco, che cercano sempre di stabilire rapporti emotivi ed ‘affettivi’ con i luoghi e con la gente, soggetto attivo nella progettazione e nella realizzazione; un possibile nuovo utilizzo dell’ arte per gli ospedali negli interventi di Michelangelo Pistoletto o Ettore Spalletti; Cuore di Pietra il progetto con il quale io stessa, coinvolgendo la comunità locale e molti altri artisti, intendo accompagnare il processo di ristrutturazione e riqualificazione urbana del centro di Pianoro; Alessandra Andrini che, per il giardino della futura sede della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, ha progettato una porta girevole di vetro e acciaio, segnale, nel ‘bosco delle robinie’, di uno spazio e tempo ‘altri’, e che ha anche realizzato il bell’‘antimonumento’ a Marco Pantani che sull’autostrada A14 rimanda con immediata naturalezza i viaggiatori all’immaginario infantile di chi ha collezionato le biglie con la figurina dei campioni sportivi.
Dal ‘monumento invisibile’ descritto da Musil in ‘Pagine postume pubblicate in vita’ ( La cosa più strana dei monumenti è che non si notano affatto, nulla al mondo è più invisibile, hanno qualcosa che li rende impermeabili e l’attenzione vi scorre sopra), Eva Marisaldi progetta AA.VV., un catafalco/vetrina con tre pareti in lavagna che si può ‘moderatamente vandalizzare’, al cui interno si può ogni anno programmare un’esposizione diversa, dicendoci con ironia che il più delle
volte, là dove l’arte non è strumento di partecipazione condivisa, né mezzo di poetico, profondo e progressivo cambiamento culturale, il luogo, intessuto di abitudini e comportamenti ‘divorerà’ il ‘monumento’ con l’indifferenza e il vandalismo.

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Archeoclub d’Italia
movimento di opinione pubblica
al servizio dei beni culturali e ambientali

 

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