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A Cannobio la villa di Mauro Bissattini. “La casa dove abito – spiega l’architetto Bissattini – era un vecchio cascinale che ho cercato di far aggredire dalle piante anziché aggredirlo col cemento come solitamente avviene. Questa edera, questi rododendri che sembrano voler entrare dalla finestra mi portano magari delle formiche, ma ben vengano gli insetti piuttosto che l’inquinamento atmosferico e acustico della città. E la scelta dei materiali è stata coerente: ho usato solo i nostri materiali tradizionali come la pietra, il cotto o il legno naturale e, anche per i colori mi sono affidato alla natura ispirandomi a un tramonto, al calice di un fiore, a delle foglie secche. Ritengo che la cosa migliore per una facciata come per un interno, sia ripartire dalla tecnica dei pittori dell’Ottocento. Occorre ritornare all’immagine dell’architetto artigiano se non ci si vuole consegnare alla spersonalizzazione.” At Cannobio, the villa of Mauro Bissattini. “The house where I live – says architect Bissattini – is an old farmhouse which I preferred to be assaulted by plants rather than concrete, as it normally happens. Ivy and rhododendrons seem to enter through the window, maybe they bring ants, but welcome the insects rather than urban pollution and noise. And the choice of materials was also consistent: I only used traditional materials such as stone, fired bricks and natural wood, and also for colors I drew inspiration from nature, from the sunset, a flower cup or dry leaves. For me, the best solution for a façade as well as an interior is to use the technique of 19th century painters. We have to rediscover the figure of the handicraft architect, if we don’t want to surrender to depersonalization.” Servizio/Report: Walter Pagliero
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