Marcella Anzalone


I sistemi abitativi per l’emergenza derivano da una improvvisa domanda di alloggi scaturita da fenomeni di tipo diversificato che, dall’emergenza post-disastro al fenomeno dell’immigrazione, determinano l’occupazione e la riconfigurazione temporanea di aree urbane: realtà periferiche, degradate e disomogenee che assumono, così, una
condizione di transitorietà sempre più diffusa.
Le problematiche emerse da questa realtà operativa e logistica si riscontrano, oltre che nelle prestazioni dei sistemi costruttivi rispondenti ai criteri di temporaneità, proprio nello spazio ‘occupato’ e nel contesto urbano ‘accogliente’, che devono rispondere al complesso fenomeno dell’emergenza abitativa con priorità stabilite in termini di efficienza di servizi e disponibilità di strutture.
Nel corso delle esperienze degli ultimi decenni si è delineata, infatti, un’occupazione sempre più periferica, e sempre più frequente delle aree urbane, che ha comportato la formazione caotica e disorganica di nuclei abitativi sparsi, con conseguente patologia connessa all’assenza di spazi adeguati ad un uso temporalmente differenziato e funzionalmente
alternato. Inoltre, il caos e l’incoerenza tipologica e costruttiva di molte delle nostre periferie, nonché la disorganica espansione di nuove cellule residenziali, attestano l’oggettiva necessità di cambiamento nelle dinamiche di trasformazione urbana, che dall’unità abitativa si sta trasferendo sull’intero sistema urbano, in uno scambio continuo e mutevole di informazioni tra forma e variabilità d’uso. Centralità di questo lavoro sono spazi urbani flessibili, dunque, nella ricerca di una nuova dinamicità del paesaggio urbano; prospettiva in cui diventa fondamentale la definizione di nuovi criteri di formazione/trasformazione spaziale, senza i quali non è più possibile evitare discrepanze tra lo spontaneo ‘divenire’ dei luoghi e il concetto formatore degli strumenti di pianificazione. Si descrive un percorso di ricerca
e sperimentazione teso a definire i paradigmi di un nuovo ‘atteggiamento’ al fine di riqualificare una concezione dell’abitare ancora confinata in una trattazione troppo ‘periferica’. Pensiamo al territorio che si trasforma, generando delle cellule urbane che assumono configurazioni e destinazioni d’uso differenti in uno spazio temporale brevissimo:
questa immagine è il presupposto sul quale si è sviluppato questo lavoro di ricerca.

fig. 1 | Insediamenti abitativi per l’emergenza in Friuli
realizzati a seguito del terremoto del 1976
fig. 2 | Insediamenti abitativi per l’emergenza in Sicilia
(Catania)
fig. 3 | Insediamenti abitativi per l’emergenza in Umbria
(Gualdo Tadino), terremoto Umbria-Marche 1997

Paesaggi degradati tra permanenze e transitorietà
Le immagini di insediamenti per l’emergenza realizzati in contesti e situazioni differenti, mostrano la loro estraneità dai luoghi: si leggono realtà episodiche, spesso inserite in aree urbane periferiche o di confine, realizzate senza alcuna valutazione sui modelli di relazione e interazione con il contesto urbano e territoriale occupato (figg. 1, 2, 3).
La rilettura critica degli avvenimenti disastrosi e dei piani di intervento attuati, i sopralluoghi e gli incontri con gli operatori di Protezione Civile, i tecnici delle amministrazioni comunali e gli utenti ancora ospitati presso le strutture, descrivono le criticità predominanti derivate dalla assenza di spazi ‘previsti’. Gli scenari descritti, i presupposti
sopra esposti, le difficili operazioni di dismissione e di riutilizzo delle aree e delle strutture e l’inevitabile, quanto imprevedibile, reiterarsi di calamità di tipo disastroso, hanno orientato l’interesse degli Enti di Ricerca di Protezione Civile verso le problematiche legate all’assenza di una pianificazione per il soccorso abitativo. Nel confronto tra necessità
operative, qualità minima degli spazi e nuovi criteri logistici e costruttivi si è concordemente individuato come ambito attualmente più deficitario la selezione, progettazione, nonché urbanizzazione degli spazi da attrezzare in caso di emergenza.

Verso una urbanistica leggera:
spazi urbani convertibili in sistemi abitativi per l’emergenza Attraverso l’analisi del territorio, lo studio di tutte le variabili e la ricerca di modelli insediativi compatibili, il lavoro ha portato alla elaborazione attenta di strumenti di calcolo, di valutazione e di modelli tipologici utilizzabili nelle diverse realtà territoriali del nostro paese, sia per la realizzazione di nuove strutture che per verificare l’idoneità delle aree esistenti.
Nella formazione del metodo e dei dati da utilizzare sono stati strutturati due percorsi analitici paralleli: un primo percorso legato alle problematiche relative all’emergenza, le sue peculiarità in relazione alla tipologia del disastro, alla tipologia del sistema urbano, del sistema infrastrutturale ed alle realtà antropiche; un secondo percorso mirato allo
studio della transitorietà d’uso di spazi urbani e di sistemi insediativi ad assetto variabile.
Gli spazi attrezzati nel territorio nazionale Nel primo percorso sono state adottate differenti metodologie di analisi per conoscere le modalità operative e gestionali attualmente praticate nelle diverse realtà locali e verificare il livello di dotazione ed organizzazione del territorio urbano rispetto ai
problemi dell’emergenza. Uno dei risultati significativi è scaturito dall’analisi di un campione di 110 comuni, diffusi su tutto il territorio nazionale, dalla quale sono emerse quattro situazioni distinte che descrivono le attuali condizioni del territorio comunale in relazione agli spazi da attrezzare per l’emergenza abitativa.

fig. 4 | Comune di Giarratana, esempio di area di
ricovero per l’emergenza (tipologia 4) attrezzata in fase di ‘pre-emergenza’
fig. 5 | K. Tange, Tendopoli per i pellegrini
a La Mecca, 1978

Le quattro tipologie sono:
– Comuni sprovvisti di aree (40%)
– Comuni con aree non attrezzate e selezionate secondo criteri minimi (35%)
– Comuni che hanno riacquisito le aree (15 %)
– Comuni con aree attrezzate convertibili in sistemi per l’emergenza (10 %). (fig. 4)

Il fruibile mutevole a scala urbana
Il secondo percorso si è sviluppato attraverso lo studio di processi insediativi di carattere transitorio, al fine di estrapolare i riferimenti utili alla elaborazione di una proposta efficace.
Nell’interpretazione della temporaneità è stata privilegiata la ricerca dei livelli di congruenza tra la pianificazione urbana e la programmazione di strutture temporanee per tradurli in elementi guida per il progetto, in una logica capace di associare le prestazioni dell’oggetto abitativo alla flessibilità delle tipologie urbane ed alla ampliabilità delle componenti spaziali. Considerato che le prestazioni dell’unità abitativa temporanea hanno costituito oggetto di lungo dibattito in ordine alla necessità di associare il fruibile mutevole all’idea di attrezzabilità, si è reso, quanto mai, indispensabile trasferire gli stessi obiettivi alla scala insediativa. In questo processo ha assunto priorità la ricerca di una nuova dimensione urbana in cui la flessibilità delle reti ed il fluttuare degli spazi siano in grado di proporre configurazioni
sempre differenti, in un ipotetico continuum in costante trasformazione (figg. 5, 6, 7).

Gli strumenti per una trasformazione ‘programmata’
Nello studio di nuove corrispondenze tra questi due aspetti di uno stesso problema, quali la praticità operativa dell’emergenza e il complesso processo di trasformazione degli spazi urbani, ci si è rivolti ad una soluzione semplice ma non ‘semplicistica’, ricercando il giusto equilibrio tra velocità d’intervento, riduzione delle risorse da impiegare,
armonia compositiva e qualità abitativa degli spazi.
La metodologia progettuale proposta associa, in un unico strumento guida, le esigenze della pianificazione per l’emergenza con quelle dell’urbanistica ordinaria, attraverso la definizione di:
– variabili per la scelta delle aree urbane più idonee,
– indicatori qualitativi e quantitativi per la progettazione di strutture alternative compatibili,
– standard urbanistici,
– modelli tipologici e morfologici,
– database per il dimensionamento degli insediamenti (redatto in relazione al rapporto area-città, soglie di utenza, tipologie edilizie, tipologie urbanistiche e urbanizzazioni primarie e secondarie).

fig. 6 | N. Constant, New Babylon,
sezione, 1974
fig. 7 | N. Constant, New Babylon, Reti e collegamenti
tra settori fluttuanti. Pianta, 1974

Il risultato è uno strumento strutturato in relazione alle soglie di utenza, alla morfologia del territorio, alla tipologia comunale ed alla morfologia urbana, che permette di sistematizzare tutte le informazioni relative al territorio, alla città ed ai sistemi abitativi temporanei, traducendo le diverse esigenze nella soluzione progettuale più idonea ed in linea con gli strumenti urbanistici vigenti.
Si prefigura, in termini programmatici e progettuali, una nuova dinamicità delle aree urbane attraverso l’applicabilità del cambiamento in relazione sia a trasformazioni non temporalmente prevedibili, come quelle dell’emergenza, sia ad esigenze intrinseche o estrinseche al contesto urbano e/o antropico.
Lo scenario territoriale ed urbano che si propone diventa espressione non solo di spazi urbani con carattere di permanenza ma, contemporaneamente, di aree caratterizzate da formalizzazioni parzialmente effimere che contribuiscono all’armonia dell’insieme, senza generare dissonanze strutturali nella dinamica del ‘riciclo’ funzionale delle
proprie attitudini. Si potrebbe parlare, dunque, di una dimensione urbanistica rivolta verso i nuovi principi della ‘urbanistica leggera’, così come la definisce Koolhaas, sia in Project on the city’che nel precedente lavoro editoriale S, M, L, XL: ogni qualità connessa all’uso è generica: fabbriche, hotels, uffici, abitazioni o parcheggi sono degli spazi ‘temporanei’ che subiscono una rapidissima trasformazione secondo le richieste del mercato, pertanto ogni distinzione
dettata dall’impiego è inesistente perché tutto è provvisorio e pluriuso.

L’esito di questo lavoro, seppur riferito alla pianificazione per l’emergenza, sposa dichiaratamente questa tendenza che pone le condizioni necessarie per rispondere alle esigenze della realtà urbana attuale.

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Archeoclub d’Italia
movimento di opinione pubblica
al servizio dei beni culturali e ambientali

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