L’ALTROVE IN UN ANTICO RUSTICO


Personalissime scenografie e molti oggetti esotici.

Servizio di Luisa Carrara
Testo di Walter Pagliero
Foto Athos Lecce

Un raffinato operatore della comunicazione, settore pubblicità, frequentava un campo di golf vicino a Milano quando all’interno del Club sono state messe in vendita alcune case dell’antico borgo cinquecentesco. Qui la
natura è bellissima, ancora intatta, il silenzio assoluto, le persone educate e discrete, la vicinanza al posto di lavoro (Milano) comoda. Come resistere all’idea di farci un buen retiro per i momenti di relax? Così è iniziato il restauro,
non una ristrutturazione, perché nulla della costruzione originale doveva andare perduto o travisato. Essendo il nuovo proprietario una persona colta con molti interessi e molte competenze, ha voluto raccogliere qui una
summa delle cose che gli piacciono, dall’arte contemporanea a quella antica, dagli idoli africani ai buddha thailandesi,
fino ai tappeti asiatici belli come quadri.
Cosa si fa quando in un rustico si vuole mettere una collezione d’arte?
Si rinuncia a un po’ di rustico e si cerca di creare sfondi neutri per non disturbare le opere amate. Quindi, a parte le travi, niente soffitto di legno a vista che assorbe la luce anziché rifletterla, ma piccole doghe laccate di bianco che prolungano il candore delle pareti. La struttura visiva dell’interno è incentrata sulle grandi capriate cinquecentesche che con la loro possanza e la loro antichità nobilitano non poco questa architettura semplice e rustica. Del bianco si è già detto, resta da sottolineare la qualità cromatica del cotto e del legno sia nelle scale che nel soppalco, su un tono di rosso molto caldo e ricco di risonanze.

La casa, che ha una pianta ad “L”, è tutta soppalcata tranne la sala d’ingresso che è a doppia altezza, punto di arrivo delle due scale simmetriche. La simmetria poteva portare a un’enfasi rappresentativa spropositata in tale contesto, ma non è così: si tratta solo di un gioco di percorsi alternativi perfettamente commisurati alle dimensioni dell’insieme. Per amore della "testimonianza" storica non si sono volute aprire altre porte o finestre: la luce che filtra solo da un lato della casa rende ancora più fantasmagorico l’arredamento. Unica concessione al gusto moderno è quello degli spazi virtuali, ottenuti mettendo un grande specchio a pannelli accanto a uno dei letti, una soluzione che potrebbe avere anche una motivazione di tipo erotico.
Chi ama la pittura sia antica che contemporanea e frequenta antiquari "etnici" ed esperti di tappeti antichi, avendo un innato buon gusto può permettersi di arredare la propria casa semplicemente scegliendo gli oggetti che gli piacciono; ci pensa poi la sua personalità a rendere l’insieme omogeneo e non un magazzino di bric – à – brac. Ci sono poi dei piccoli trucchi, che s’imparano arredando più di una casa, per rendere più facile amalgamare fra loro oggetti di svariate provenienze: si tratta del controllo dei colori. Tutti gli elementi, dai pavimenti ai muri fino ai mobili e ai tappeti, devono
appartenere a una o più gamme cromatiche accuratamente selezionate. In questo caso, dove predominano i colori dei legni dall’ocra al rossiccio, i toni puri e squillanti vengono scelti “per vicinanza” nel caso dei rossi (come il tappeto tibetano poggiato su un’alzata nell’entrata) e “per contrasto” nel caso dei lilla (come il copriletto e i cuscini della camera da letto padronale). Dei grandi letti che popolano i due soppalchi, probabilmente usati anche come luoghi di relax, il più originale è quello impreziosito da una sinfonia di sete in vari toni, dal lilla al viola, e servito da sedili dell’Africa nera.

L’arredamento è volutamente privo di mobili di design, a parte vecchi mobili di famiglia come le poltrone e i divani
rifoderati per la nuova abitazione. La ragione è evidente: si è voluta concentrare l’attenzione sui mobili, le sculture
e i tappeti provenienti dall’Asia Centrale e dall’Africa Nera.
Sotto il soppalco, un importante mobile tibetano laccato in rosso e molto decorato. Al centro del grande volume unico vi è un grande tappeto africano dal sapore fortemente etnico, con due sedie della stessa provenienza. Sul soppalco, un antico tavolo fratino lombardo con sopra una testa scolpita thailandese.

Il proprietario, che ama intervallare il suo lavoro con corpose vacanze in altri continenti, frequentando l’Africa e l’Estremo Oriente ha maturato una vera passione per le sculture animiste africane e quelle buddhiste della Thailandia
e dei paesi limitrofi.
Le ha acquistate talvolta in loco, talvolta nelle aste europee, e le tiene esposte nella sua casa di campagna il cui
arredamento è stato pensato per accoglierle.
Alcuni pezzi, come le due teste di Buddha thailandesi qui a destra, sono molto antichi e di fattura mirabile.

QUALITÀ DELL’INTERVENTO
Centralità del progetto: un interno “multiculturale” dove l’architettura contadina lombarda accoglie suggestioni africane, asiatiche e dell’Estremo Oriente.
Innovazione: un open space unico in ognuno dei due corpifabbricati.
Uso dei materiali: pavimento in cotto rosso brillante per la zona giorno e i
n rovere biondo per la zona notte, per differenziare le atmosfere.
Nuove tecnologie: sono quelle, invisibili, per deumidificare le pareti.

In Edicola

Al primo colpo d’occhio questo spazio composito ci appare come un ambiente affascinante e sottilmente ambiguo, sembra di trovarsi in un film della giungla e nello stesso tempo nel palazzo di un principe buddhista centroasiatico. Ma
subito dopo le due impressioni convergono in un mix complesso, suggestivo e originale.
Questo modo di arredare le case mescolando culture lontanissime tra loro è reso possibile dal recente trionfo della globalizzazione che, aumentando la mobilità delle persone, aiuta l’apertura e la comprensione di altre culture di cui non si vuole più fare a meno, nemmeno nel proprio buen retiro a due passi dalla città.

 

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