L’agorà periferica


PROGETTO UN NUOVO QUARTIERE A MILANO

Mille nuovi alloggi in una zona sinora emarginata, ma c’è anche un cuore: il luogo dove, come nel Medioevo, sta la chiesa accanto agli edifici pubblici della “laicità” odierna.

Il pensiero progettuale contemporaneo attraversa una crisi di identità connessa alla sua intrinseca incapacità di darsi nuove coordinate di senso e di simbolo.
Ieri l’agorà, il foro, la piazza medievale e il sagrato. Oggi slarghi, incroci, trivi e quadrivi non riescono a esprimere la vocazione trascendente che il piano terra comune della città dovrebbe concedersi come destino, come momento
di densità metafisica, superiore all’espressione della pura forma.
Non intendo con questo richiamare l’azione sacrale del costruire, del dare autorevolezza culturale allo spazio e al luogo informi ma è nella sperimentazione pura che una concezione trascendente della progettazione raggiunge il suo punto più alto.
Maggiore è la distanza dal centro, più complessa diviene la sfida al vuoto, la trasformazione dello spazio bianco da nulla urbano a contenitore di incontri, di scambio, di socialità.

Il plastico del nuovo quartiere di Ponte Lambro.

Nel mio progetto per il nuovo quartiere di Ponte Lambro (250.000 mc, circa 1000 alloggi per quasi 4.000 abitanti, quasi 300 milioni di euro di investimenti) ho immaginato un momento architettonico pubblico che riassume le peculiarità del sagrato, dell’agorà, del foro.
Una chiesa, un sistema polifunzionale per il commercio e la ristorazione e un piccolo spazio espositivo a corona di un luogo che riassume le funzioni pubbliche sopra elencate.
Quel luogo sarà il cuore e core del nuovo quartiere dove le funzioni dell’incontro laico e metafisico avranno la possibilità di costruire momenti dialettici all’interno di contenitori architettonici interagenti.
Una nuova serie di servizi per migliorare la qualità della vita pubblica degli abitanti del nuovo quartiere.
È una grande opportunità per Milano in vista dell’Expo 2015, per costruire momenti concreti di dialogo tra concezioni non più difformi dello spazio pubblico, sia esso laico che religioso.

Maurizio de Caro, architetto

 

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