La Via Crucis sul Monte Tabor a Melfi (Potenza)

La Via Crucis del Monte Tabor a Melfi ( Potenza)

La Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Melfi, ha realizzato un percorso cittadino dedicato alla Via Crucis. L’opera, progettata da Mario De Luca, si sviluppa in un paesaggio che spazia dalle pendici del Monte Vùlture al borgo medioevale. Il progetto si inserisce nel contesto naturale e si presenta come un nuovo approccio alla sacralizzazione dell’ambiente.

Il progetto per la realizzazione della Via Crucis, promosso da Mons. Dante Casorelli, è stato commissionato da S.E. Mons. Gianfranco Todisco, Vescovo della Diocesi di Melfi Rapolla Venosa. L’area dell’intervento, che è stata concessa alla Diocesi dall’Amministrazione Comunale di Melfi, è il Monte Tabor (conosciuto come Collina dei Cappuccini) ubicato
nelle immediate vicinanze del centro storico e prospiciente il castello da cui Federico II di Svevia nel 1231 promulgò le Constitutiones. La collina si trova tra il Palazzo di Città, adiacente alla piazza Pasquale Festa Campanile, e il convento dei Cappuccini con l’antistante sagrato. Dalla quota di circa 510 mt s.l.m. della Piazza si raggiunge il punto più alto del sagrato, a quota 541,40. Nella parte più alta, prima di arrivare al convento, un promontorio naturale che offre un’ampia visuale sull’intera città. La collina, che prima dell’intervento era interamente coperta da verde incolto, punteggiato da alberi caducifoglie, accoglie, in più punti, aggregazioni di grotte rupestri, che assolvevano la funzione di ricovero per le greggi o di neviere: sono state inglobate nella Via Crucis perché particolarmente suggestive.
Il percorso è stato pensato e disegnato rispettando l’andamento del terreno e cercando di non snaturare le caratteristiche generali della collina.

La stazione della Crocifissione, realizzata con una scultura in pietra di Alessandro Maddalena.
Planimetria dell’intervento

Partendo dal punto più pianeggiante, si sale verso la sommità con una sequenza di tratti variamente inclinati alternati a piccoli pianori di sosta; nessun gradino è presente lungo il tragitto. Solo all’inizio ed alla fine della via dolorosa, un doppio sistema di accesso con rampe e scale enfatizza gli innesti con la piazza cittadina e con il sagrato della chiesa dei Cappuccini. Per la realizzazione sono stati utilizzati, in un’appropriata combinazione, i materiali tipici della zona: pietra vulcanica (per il selciato), pietra bianca locale (per identificare le edicole, per delineare il percorso e nei muretti), tufo carpato (nei colori rosso, grigio e terra per i muretti), mattoni di recupero (per le edicole e per i muretti), ferro battuto (per i cancelli delle grotte), sistemi a graticci in paletti e travicelli di legno (per il contenimento del terreno di riporto), staccionata in legno (per la protezione dei tratti più pericolosi). Le stazioni, realizzate con la tecnica del mosaico su bozzetti dell’artista Gaetano Valerio, sono state sistemate in apposite edicole che presentano caratteristiche costruttive reiterate; alcune espressioni sono state valorizzate tramite una simbologia che in alcune circostanze, è stata ispirata dal contesto paesaggistico.

L’ultima stazione, di forma triangolare.

Ad esempio, nella seconda stazione, quando Gesù viene caricato della croce, l’atto compiuto dai carnefici è reso visibile dalla chiusura superiore dell’edicola realizzata con una trave di legno. Ai piedi della croce sono stati posizionati cinque cunei in pietra vulcanica che stigmatizzano sia le cinque piaghe del Cristo, sia la corona di spine. La croce è innalzata su una piccola altura in pietra vulcanica, alla cui sinistra una fascia di pietre bianche, che parte dall’inizio del percorso, rappresenta il sudario che giunge ai piedi del Cristo nell’attesa della sua deposizione. Sul lato destro, invece, alcuni cocci di mattone rosso, opportunamente incastonati nella pavimentazione, simboleggiano le gocce di sangue e
di acqua fuoriuscite dal costato trafitto.

LIl borgo storico visto dalla stazione della Crocifissione.
Da sinistra: Mons. Dante Casorelli (promotore
dell’opera), Ing. Alfonso Ernesto Navazio (Sindaco di
Melfi), Arch. Mario De Luca (progettista),
Geom. Aldo Antonaglia (Direttore Lavori).
(Foto servizio:Target Group, Melfi)

Il percorso è stato ideato per prepararci all’evento ultimo, ossia la Resurrezione. Relativamente all’articolazione della Via Crucis, il tragitto si presenta tutto in salita, e la quindicesima stazione è situata sul punto più alto, anche se non in un luogo immediatamente visibile, dato che ad esso si accede dopo aver compiuto un ultimo tratto, particolarmente ripido, che prepara il pellegrino orante alla gioia della Resurrezione. Quest’ultima stazione ha forma triangolare con un vertice rivolto verso l’immensità del cielo. Due gradini posti davanti all’edicola danno il senso della salita, mentre tre vetri incastonati nella muratura e riproducentii colori primari del rosso, del blu e del giallo, creano, al tramonto, suggestivi giochi cromatici.

La croce è posta su un dosso
in pietra vulcanica con cinque
cunei, simbolo delle piaghe
di Cristo.
L’ultima stazione (nel riquadro)
reca tre vetri incastonati.
Sviluppo del percorso in salita.

Lo stesso effetto si ottiene la sera, poiché anche il sistema di illuminazione è stato concepito per segnalare dove sono ubicate le stazioni. Quattordici fari con luce a lama, tagliano il buio e scandiscono il susseguirsi delle edicole, mentre il Cristo è illuminato in modo tale da essere visibile anche da lontano, costituendo così il fulcro attorno a cui si sviluppa l’intervento. Una luce soffusa e volutamente non invadente, segna il tragitto lungo le pendici del Monte Tabor.

Mario De Luca, architetto

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)