La memoria e il futuro


Il ministero petrino come missione di servizio nella comunione e nella carità: questo il cuore del messaggio inviato secondo tradizione da S.S. Benedetto XVI a Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, , il 30 novembre 2009, festa di Sant’Andrea. “Si tratta – ha scritto il Santo Padre – di cercare insieme, lasciandoci ispirare dal modello del primo millennio, le forme nelle quali il ministero del vescovo di Roma possa realizzare un servizio di amore riconosciuto da tutti”. E la pregnanza di questo impegno unitario è racchiusa in quel termine, “forme”, il cui significato è quanto mai vasto e articolato a secondo dei momenti storici e delle scuole di pensiero che lo hanno usato: ma al fondo c’è la forma che è lo strumento di comunicazione e quindi anche di comunione. Il mezzo attraverso il quale quello che il cuore o la mente intendono si manifesta all’altro: la forma è comunicazione e in quanto tale può diventare anche comunione.
In che modo l’architettura, che è anche “forma”, può rientrare in tale impegno di dialogo? La nostra risposta è che vi rientra in quanto testimonianza di un impegno: anzitutto volto ad accogliere, a proteggere, ad accompagnare. Una vocazione propria di ogni architettura, ma che nelle chiese raggiunge il culmine della completezza, nel momento
che qui si raccoglie la comunità orante, e riconosce quel luogo come atto a ospitarla e a portarne testimonianza. In queste pagine presentiamo diverse architetture contemporanee. Spiccano la nuova chiesa dedicata a San Paolo Apostolo a Foligno e la casa chiesa a Pian del Levro.

Mio padre consegna a don Carlo Gnocchi la casa dei "mutilatini", a Pessano con Bornago.
Da sinistra, Ing. Edmondo Jonghi Lavarini, On. Giuseppe Pella, don Carlo Gnocchi e la consorte di Alcide De Gasperi.
Restauri, opere monumentali

Due modi diversi di esplicitare il progetto: due sensibilità a tutta prima lontanissime. Ma forse a ben guardare due vie che mirano a obiettivi comuni e nella “forma” entrambe ricercano una medesima espressione: di umiltà, semplicità, servizio.
Da un lato tramite la consuetudine dell’edificio rurale che con somma discrezione si posa nel contesto e si serve della tecnologia per minimizzare l’impatto sull’ambiente. Dall’altra un edificio che si impone sin da lungi allo scopo di segnalarsi nel tessuto urbano, ergendosi a nuova centralità (come la chiesa è per tradizione nel villaggio): ma attraverso le superfici povere del cemento a vista, attraverso l’essenzialità di un disegno “scatolare” che si riduce alle tre dimensioni ortogonali, per riconoscere il ruolo di elemento significante al canto sinfonico della luce interna. Le chiese nuove sono spesso oggetto di critica: non potrebbe essere altrimenti. Niente di costruito oggi può reggere il confronto con la ricchezza delle cattedrali medievali: che tuttavia testimoniavano anche un potere forte. Un potere che
oggi la Chiesa rifiuta: “Questo ministero non deve essere interpretato in una prospettiva di potere” ha scritto
S.S. Benedetto XVI. E anche oggi, come sempre in passato, chiunque lavora per la chiesa dà il meglio di sé: perché la Chiesa è anche da sempre ispiratrice e protettrice del maggiore patrimonio artistico del mondo. Ogni artista sa che nel suo lavoro per la Chiesa incontra non solo l’ispirazione, ma anche il rispetto che è dovuto all’arte che autenticamente si dedica a esprimere valori fondamentali. I 20 anni della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, celebrato a Roma il 26 novembre 2009, è stata l’occasione per evidenziare quanto importante sia stata l’opera della Chiesa in passato: quanto sia stata anticipatrice delle migliori regole e linee guida volte alla produzione, conservazione e valorizzazione dei beni culturali. E quindi quanto ancor oggi possa insegnare al mondo in questo campo. Il settore “progetti” di questo numero è dedicato alla chiesa di Santa Maria Nascente, che sarà il santuario per le spoglie del Beato Carlo Gnocchi nel primo centro ospedaliero da lui costruito a Milano. È un’opera vicina al nostro cuore e la celebriamo anche nella memoria di mio padre, Ing. Edmondo Jonghi Lavarini, che nel secondo dopoguerra a Pessano con Bornago consegnò la prima casa destinata alle opere assistenziali del futuro Beato Carlo Gnocchi.

Giuseppe Maria Jonghi Lavarini, architetto

 

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